di Marco Cau, Graziano Maino, Anna Omodei.
Questo post prova a mettere in ordine alcuni apprendimenti che hanno preso forma organizzando eventi, workshop e laboratori formativi. L’obiettivo è ricapitolare indicazioni pratiche riconsiderando recenti iniziative, valutando le difficoltà incontrate, dando un senso agli insuccessi, identificando fattori che ne hanno favorito la riuscita. Per questo il post non è in nessun modo ultimativo, semmai un promemoria di lavoro, una base per ulteriori confronti.
Confronti che ci sembra debbano rimanere aperti non solo arricchire le intuizioni e le riflessioni, ma anche perché cambiano atteggiamenti, disponibilità, condizioni per realizzare eventi gratuiti e a pagamento. Cambiano le tecnologie per promuoverli, i comportamenti, le mode, gli stili. E cambiano le forme di scambio, condivisione e trasmissione delle conoscenze in contesti professionali.
[Un micro esempio di cambiamento di stile? Se – come sembra – si diffonderanno gli smartwatch, allora ancora per poco si potrà interpretare un rapido sguardo all’orologio come inequivocabile mancanza di tempo… riprendere a guardare il polso sarà un gesto dalle molte ragioni e aperto a interpretazioni non definite].
Torniamo al nostro tema. Cosa favorisce la riuscita di eventi? Ci sono indicazioni per costruire seminari, convegni, iniziative brevi che incrementano le chance di agganciare i destinatari che abbiamo in mente (e quelli che incidentalmente raggiungeremo)? Sul mercato troviamo una varietà di proposte, una ricchezza di opportunità… Cosa fa scegliere una o l’altra proposta? Abbiamo identificato quattro elementi che vanno considerati: in fase di ideazione e di progettazione, in fase di realizzazione dell’evento o dell’inziativa, e – crediamo – anche nei passaggi di chiusura e immediatamente successivi. Volendo condensare, si potrebbero richiamare l’appeal e la riconoscibilità dei proponenti, la qualità e l’utilità dei vantaggi, il supporto e la promozione nelle reti e nelle comunità che si vogliono coinvolgere, i costi, la loro sostenibilità e la rilevanza simbolica che attiva l’investimento. Vediamo uno dopo l’altro questi quattro aspetti.
Chi propone l’evento è titolato per farlo, è conosciuto e riconosciuto? La questione investe chi invita: l’immagine di chi propone l’evento, il seminario, il laboratorio, la giornata di studio, è sufficientemente attrattiva? A volte un solo brand è troppo debole, poco riconoscibile e per questo ci pare che sia una buona strategia unire le forze, collegare loghi diversi, mettere a valore la forza di marchi distinti e utilizzare la loro connessione come informazione che assicura qualità della proposta.
Naturalmente la reputazione dipende anche dalle competenze tecniche che vengono comunicate: docenti e ospiti rivestono un significato simbolico: la proposta sarà accattivante anche in ragione delle presenze che la animeranno. Il brand non è dunque segnalato solo dai loghi dei soggetti che propongono, organizzano, attestano la qualità dell’iniziativa. Contribuisce all’immagine, alla affidabilità, alla desiderabilità anche il gruppo dei/lle docenti e degli/lle ospiti speciali (special guest come diciamo alla ricerca di una sfumatura di significato che segnali competenza e eccezionalità).
La chiarezza della proposta non è un elemento da sottovalutare, e nella chiarezza l’attenzione è attratta dall’utilità, dai vantaggi che ne vengono: cosa imparerò? cosa saprò fare? quanto sarà spendibile l’investimento? Vantaggi per me, direttamente, vantaggi di cui potrò servirmi. Vantaggi per il mio lavoro, per l’organizzazione di cui faccio parte, che mi manda, nella quale potrei fare molte più cose. Se non spiccano contenuti e ciò che farà la differenza, se non si colgono le attese e le esigenze dei destinatari ai quali ci si rivolge, si corre il rischio di interessantissime proposte (per contenuti e fattura) privi di attrattiva, scarsamente in grado di incuriosire e convertire l’attenzione in azione.
Prendendo in prestito un’analisi di Olivier de Sardan (2008), che abbiamo già segnalato a proposito della costruzione di partnership, circoscriviamo un altro elemento che contribuisce a co-determinare il successo di proposte di incontro, di formazione, di aggiornamento: senza promotori locali le proposte non circolano, non vengono rilanciate, non si diffondono, non rimbalzano sui social. In più occasioni abbiamo notato come alleanze, anche fortuite, mosse da connessioni deboli, da simpatie, da legami apparentemente sopiti, hanno fatto la differenza nella promozione e nella ricezione delle nostre proposte. Per questo, nell’organizzare eventi, ci chiediamo sempre chi potrà essere interessato non solo a partecipare, ma a promuovere l’iniziativa con noi, a collegare il suo marchio al nostro, il suo nome ai nostri.
La questione del pricing è intricata e interessante. Quanto il costo contribuisce a determinare le scelte? Gioca se hanno meno capacità di influenzamento i fattori che abbiamo descritto sopra? Gioca in relazione alle caratteristiche dei destinatari? Le strategie di pricing devono tenere conto del (ed essere coerenti con) il brand dei proponenti? La decisione di spesa non dipende solo dalla capacità materiale, ma dal valore attribuito al bene (oggetto o servizio che sia). Il costo di un seminario non è una variabile irrilevante, certamente. E di contro (banale a dirsi) non è certamente la gratuità il fattore in grado di decretare il successo di un evento. Eppure non mancano le proposte gratuite (in genere assumono la forma di assaggi, brevi più o meno esplicitamente prodromiche ad interventi di maggiore complessità e di norma non gratuiti).
La soluzione che stiamo adottando prova a mescolare più esigenze: contenere i costi per chi partecipa (abbassare il prezzo di partecipazione) e aumentare le presenze. Per gli ultimi laboratorio abbiamo adottato la formula paghi uno e vieni in due. Si tratta di qualcosa di diverso di uno sconto, è una riduzione che fa scattare l’invito ad altri/e e moltiplica le presenze (fattore critico ed essenziale per la riuscita di eventi). Lo sconto, per essere un vantaggio, chiede una azione promozionale (trovare un/a partner con cui condividere la partecipazione) e si traduce in una moltiplicazione comunicativa.
Diamo uno sguardo ai fattori che deprimono le possibilità di successo.
Tempo. Il fattore tempo non è irrilevante. Tre considerazioni riguardo a durata, stagionalità, anticipazioni.
Spazio. Anche lo spazio nelle sue molteplici dimensioni è ingrediente da non sottovalutare, e anche qui tre aspetti da considerare: location, raggiungibilità, setting,.
Crediti, attestati, riconoscimenti. Anche le attestazioni e la loro spendibilità costituiscono aspetti considerati e – a volte – decisivi. Partecipare a un corso o a una giornata che rilascia crediti formativi riconosciuti co-motiva la scelta. Vedere riconosciuta l’attività dalla propria scuola o nel proprio lavoro gioca, per la sua parte, nei processi decisionali.
Come si vede, siamo nel mix delle in/certezze. Si comprende che non abbiamo in mente soluzioni che insistono sul mero registro comunicativo, ma piuttosto accortezze che collegano dimensioni promozionali, con vincoli organizzativi, immaginari sociali parziali che si ricombinano, alla ricerca di indicazioni concrete per realizzare eventi efficaci, anche portando alla attenzione contenuti non centrali nel dibattito o rivolgendoci a segmenti di mercato sollecitati ma con capacità di investimento non illimitata. Siamo nel campo del marketing, alle prese con servizi competitivi e mutanti.
Il pensiero inventivo è di un’altra natura. È il suo esercizio che farà dire di un artigiano (o di uno scrittore) che sono particolarmente ingegnosi: sanno inventare, per delle situazioni complicate e inedite (per loro), delle soluzioni originali che permettono di regolare il problema in modo elegante.
pp. 28-29
Gérard Mendel, “Atto”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (2002), pp. 24-34.
C’è sempre qualcosa di creativo, in prima battuta imponderabile, di intuibile, di rischio, di creativo che ciascuno/a di noi cerca di immettere nelle proposte per progettiamo e lanciamo. A volte funziona, a volte no. Quali altri ingredienti segreti non vediamo, cosa combiniamo senza saperlo, e cosa mettiamo da parte improvvidamente?
– Cardinale U., L’arte di riassumere. Introduzione alla scritture breve, Il Mulino, 2015.
– Mendel G., “Atto”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (2002), pp. 24-34.
– Olivier de Sardan J.-P., “Mediazioni e brokeraggi” in Antropologia e sviluppo, Cortina, Milano, 2008 (1995), pp. 167-191.
Ottimo articolo,e molto completo e indica perfettamente tutti gli step necessari affinche l’evento sia perfetto e professionale. Anche se io avrei messo come elemento molto importante la parte tecnologica dell’ evento,come videoproiettori e le sale meeting, perchè puoi organizzare l’evento nei migliore dei modi, ma se poi la sala audio e video è di scarse funzionalità,rischi di mandare a gambe all’ aria tutto…:)
Allessandro,
oggi ho avuto un flash: non ti ho ancora ringraziato per il tuo commento e per le tue considerazioni, che condivido in pieno.
Mainograz :-)
PS
Flash… sarà che domani partecipo a un evento nel quale la tecnologia ha il suo perchè?