Corro il rischio della sintesi.
Attingo e comprimo da un articolo che fa il punto sulla ricerca-azione. L’articolo di Marco Brunod e Franca Manoukian, “La ricerca-azione nelle organizzazioni in una prospettiva psicosociologica” (pp. 148-172) è contenuto ne La ricerca-intervento testo che raccoglie più contributi, curato da Francesco Paolo Colucci, Monica Colombo e Lorenzo Montali, e pubblicato nel 2008 da Il Mulino.
Brunod e Manoukian distinguono due modi di concepire la ricerca-azione. Da una parte considerano la ricerca-azione come metodo, dall’altra presentano la ricerca azione come approccio.
Segnalando le caratteristiche delle due concezioni, da un lato troviamo la ricerca-azione come metodo:
Su un altro versante si colloca la ricerca-azione come approccio:
Le due concezioni di ricerca-azione potrebbero enfatizzare la contrapposizione fra metodo sperimentale e induttivo e approccio partecipativo. Gli autori sostengono che per evitare la contrapposizione fra le due concezioni e legittimare la ricerca azione è importante collegare le due rappresentazioni riconoscendo e gestendo l’intrinseca ambiguità. Più che aderire a una o l’altra concezione si tratta di chiarire che gli interventi di ricerca-azione mirano ad affrontare situazioni problematiche e a promuovere cambiamenti organizzativi.
Brunod e Manoukian nel paragrafo introduttivo, riguardo al cambiamento, indicano due prospettive. Si può pensare di cambiare adeguandosi a prescrizioni normative che fissano assetti desiderati o eseguendo obiettivi stabiliti dai vertici organizzativi. Si può cambiare perché nuove modalità di lavoro vengono valutate più efficaci. Gli attori sociali riconsiderano le esperienze e riformulano il senso del loro lavoro. Più gli attori sono influenti, più è confuso il disegno atteso, maggiore è l’incertezza dei passi da compiere, più appare rispondente la seconda concezione di cambiamento.
E chiudendo il paragrafo discutono le locuzioni “ricerca-intervento” e “ricerca-azione”. Mentre nella prima l’accento cade sul termine ‘intervento’ a sottolineare l’iniziativa esperta e risolutiva. La seconda sembra sottolineare come le azioni e le interazioni sono fonti di conoscenza e di comprensione e come quindi consulenti e attori siano chiamati ad investire nell’impegno conoscitivo.
Quali sono precondizioni generali e specifiche, identificate dagli autori nel secondo paragrafo del loro contributo, motivano la realizzazione di attività di ricerca-azione?
Brunod e Manoukian suggeriscono di accompagnare la fase di avvio di una ricerca-azione prestando attenzione a diversi aspetti. Di seguito alcune indicazioni che si possono trarre dal terzo paragrafo del loro articolo.
Gli autori nel quarto paragrafo del loro contributo puntano l’attenzione sulla fase di sviluppo di una ricerca-azione fornendo alcune indicazioni.
La ricerca-azione ha bisogno di tempo:
Il ruolo dei consulenti nel sostenere i processi di realizzazione della ricerca-azione richiamando al senso che guida le attività è essenziale. Si tratta di svolgere un lavoro di connessione continua.
Brunod e Manoukian poi nel quinto paragrafo dell’articolo sulla ricerca-azione, si soffermano sugli esiti di tale approccio alla luce delle loro esperienze affermando gli esiti della ricerca-azione sembrano riferirsi a cambiamenti in origine non preventivabili, condivisi e significativi per le organizzazioni e chi vi lavora. Dal particolare lavoro di indagine-intervento emergono nuove rappresentazioni, nuove conoscenze, nuove relazioni fra le persone e nuove risposte a problemi importanti. La ricerca-azione si configura quindi come un’azione sociale di meta-conoscenza e di sviluppo di competenze più adeguate, che rendono persone e gruppi più capaci di rapportarsi alla pluralità dei punti di vista in gioco. Gli esiti della ricerca-azione per essere efficaci hanno l’esigenza di essere resi evidenti, leggibili, apprezzabili. Accade così che esperienze di ricerca-azioni liberino energie e interessi personali e nei gruppi, attivino la disponibilità ad affrontare la complessità della realtà.
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