Per queste ragioni, non appena l’età mi permise di sottrarmi alla tutela dei miei insegnanti, abbandonai del tutto lo studio delle lettere. E, decidendo di non andar cercando altra scienza se non quella che avrei potuto trovare in me stesso, o nel gran libro del mondo, impiegai il resto della mia giovinezza a viaggiare, a vedere coi miei occhi le corti e gli eserciti, a frequentare persone diverse per temperamento e condizione, a raccogliere esperienze diverse, a mettere alla prova me stesso nelle occasioni che la sorte mi proponeva, e, in ogni circostanza, a riflettere sulle situazioni che si presentavano in modo tale da poterne trarre profitto. Perché mi pareva di poter trovare molta più verità nei ragionamenti che ognuno fa a proposito delle cose che gli stanno a cuore e i cui esiti, se il giudizio è sbagliato, devono ben tosto ritorcersi contro di lui, che non in quelli che un uomo di lettere fa, standosene nel proprio studio, a proposito di speculazioni prive di conseguenze: anche se per lui, forse, una conseguenza possono averla, sul piano della vanità, e tanto più vistosa quanto più si saranno allontanati dal senso comune obbligandolo agli artifici più ingegnosi per rivestirli di verosimiglianza. E avevo sempre un immenso desiderio di imparare a distinguere il vero dal falso per veder chiaro nelle mie azioni e procedere sicuro nel cammino della vita.
René Descartes. Discorso sul metodo. Per un retto uso della propria ragione e per la ricerca della verità nelle scienze. 1637, traduzione italiana di Maria Garin, in Opere filosofiche 1, Laterza, Roma-Bari, 1986, p. 297.
In quel desiderio di “procedere sicuro” si scopre Cartesio alla ricerca di certezze, che brama chiarezza e distinzione, non solo nelle scienze della natura…
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