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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

… come l’ultimo giorno di scuola

Non sembra vero.
Il corso di Psicosociologia dei gruppi e delle organizzazioni 2009-2010 è finito.
Quasi.
Mancano le autovalutazioni e le restituzioni (voti…), qualche incombenza burocratica, la registrazione, la consegna del registro. In effetti giovedì 17 giugno 2010, la mattina, ci sarà il primo appello. Seguirà dalle 11:30 alle 14:30 un laboratorio sulla scrittura dell’e-mail di autocandidatura. Insomma il corso è finito (ma non del tutto).

Cosa sia la fine di qualcosa è questione esplorabile. Da un punto di vista filosofico, ma non solo.
Me la cavo alludendo a Michel de Certeau, secondo il quale scrivere la storia (valutare, potremmo dire in una prospettiva psicosociologica), nominare e descrivere qualcosa che (si) è concluso, equivale a fare spazio alle nuove cose che verranno (cfr. La scrittura della Storia, Jaca Book, 2006 (ed or. 1975), pp. 101-120).
E’ proprio così. Ho già aperto nuovi file e nuove cartelle. Alcune consulenze – tenute in stand-by – premono. Ma devo trovare il modo per raccogliere e archiviare l’esperienza di questi mesi. Non può restare in giro, almeno non in modo così intenso e diffuso.

Ma qual è il modo di finire di un percorso formativo?
E’ la prima volta che ci penso (in modo non tecnico, ma riflessivo).
Posso provare a dire cosa sta accadendo a me, adesso.

  • Mi accorgo che ripenso al lavoro fatto in questi tre mesi. Intensi. Sembra un tempo più lungo.
  • Il corso è finito ieri e ne ho già parlato con tre miei colleghi/e: lunghe conversazioni, rievoco episodi, passaggi difficili, ascolto le loro impressioni, le loro reazioni ai miei racconti. Penso alle domande che mi fanno e alle ipotesi che avanzano.
  • Lo sciame di mail di chiusura mi sollecita. Cosa dicono i commenti alle foto su facebook? Si fa strada qualche disappunto, un certa quantità di dubbi, una galleria piuttosto intricata di scambi, di passaggi, di accadimenti. Come mettere ordine?
  • Da un lato vorrei chiudere, e dare spazio alle incombenze in agenda, dall’altro vorrei poter pensare con calma. Che spazi meta riflessivi consentono i percorsi formativi (che sono anche spazi riflessivi)? Ci sarà tempo. Un buon momento, nelle due passate edizioni, sono stati i momenti di valutazione. Ho pensato che il 10 settembre 2010, la mattina, potrebbe essere un buon momento per invitare chi vorrà (e potrà) a fare il punto della situazione (una valutazione ex-post, a mente fredda…). Saranno passati alcuni mesi, le emozioni avranno lasciato il posto ai ricordi. Si potranno prendere in considerazione con maggior distacco questioni che sono ancora fluttuanti.

E adesso che ci penso, mi viene in mente l’ultimo giorno della scuola materna (in fondo possiamo considerare anche la scuola materna un percorso formativo) di Giacomo, mio figlio grande, che a giorni compie 11 anni, ma che all’epoca stava per compiere i 6 anni. L’ultimo giorno è stato un giorno speciale. Tutti insieme in giardino. Le maestre chiamavano  i bambini/e uno alla volta e consegnavano loro  un diploma da appendere, con la foto del loro gruppo e la poesia di Rodari Una scuola grande come il mondo. I genitori si sono commossi. Poi c’è stata una grande festa.

Se davvero è come l’ultimo giorno di scuola , a costo di perdere l’equilibrio e di scivolare verso il sentimentalismo anni ’70, provo a dirla così, con le parole di Gianni Rodari:

Una scuola grande come il mondo
C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri e professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.

Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così…
Si impara a parlare, a giocare,
a dormire, a svegliarsi,
a voler bene e perfino
ad arrabbiarsi.

Ci sono esami tutti i momenti,
ma non ci sono ripetenti:
nessuno puo’ fermarsi a dieci anni,
a quindici, a venti,
e riposare un pochino.
Di imparare non si finisce mai,
e quel che non si sa
è sempre più importante
di quel che si sa già.

Questa scuola è il mondo intero
quanto è grosso:
apri gli occhi e anche tu sarai promosso!

Qualcuno, su Fb ha commentato che forse ero il più felice. Non lo so. Certo ero felice. E anche abbastanza stupito;-)

5 comments on “… come l’ultimo giorno di scuola

  1. Pingback: 2010 in review « Mainograz

  2. anna
    1 June 2010

    allora mi raccomando un bel trenta a tutti:)….

  3. anna
    31 May 2010

    ciao G.

    ma tutte queste faccine giovani e allegre , dovranno sostenere l’esame???con te?

    Ragazzi/ e in bocca al lupo…( si usa ancora questo termine?))……

    Anna

    • Anonymous
      31 May 2010

      sì sì…si usa!
      CREPI! :p

    • mainograz
      31 May 2010

      Certo che sostengono gli esami, che non finiscono mai;-/
      E li sostengono faccia a faccia con la mia faccina allegra;-))

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This entry was posted on 30 May 2010 by in Generale, Psicosociologia and tagged .

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