Tempo di sagre e di feste.
Un mio amico, che durante l’università ha lavorato come cameriere, mi ha detto che il segreto del camerire è “mai tornare a mani vuote”.
O, almeno, così glielo avevano spiegato.
Ci saranno certamente molti modi di fare il cameriere e quando mi capita di mangiare fuori mi succede di chiedermi quali saranno gli accordi che regolano (più o meno bene) il funzionamento del servizio ai tavoli.
La battuta “mai tornare a mani vuote” mi fa pensare ad un ambiente di lavoro con un grado di strutturazione relativa. Si può forse desumere che a ciascun cameriere è lasciato il compito di auto-organizzarsi. Magari i diversi camerieri si dividono le zone del ristorante.
Messa così non viene da supporre si tratti di un’organizzazione iperfordista: non una catena di montaggio. I camerieri non avrebbero funzioni definite, che so: raccogliere gli ordini, servire le bevande, servire i cibi, sparecchiare (questo è un modo che può essere funzionale, ma non l’unico). O forse questa regola funziona anche nel caso di una suddivisione delle mansioni.
“Mai tornare a mani vuote”: quale livello di coordinamento con gli altri camerieri? Si tratta solo di una indicazione che serve a razionalizzare al massimo i passi che vengono fatti? Come viene limitato il rischio di inopportune sovrapposizioni, di azioni controproducenti (che so, uno sparecchia dove l’altro ha apparecchiato)? Forse i camerieri insieme a questa regola si parlano, si chiedono favori, vanno ‘in soccorso’ gli uni degli altri.
Quello che mi intriga di questi suggerimenti professionali (non so come altro chiamarli) è la loro capacità di condensare gli apprendimenti che vengono dall’esperienza e farne indicazioni semplici e operative. E’ come se la conoscenza sedimentata nell’esperienza avesse superato le innumerevoli prove, le sperimentazioni che a cui la realtà l’ha sottoposta, e ne fosse uscita temprata dalle richieste di provarne l’adeguatezza. Come se la conoscenza si fosse rivelata rispondente al punto da diventare ‘massima operativa’.
Si ritrovano qui tre gradi compresenti della conoscenza pratica:
Mi chiedo se è possibile sostenere che questo tipo di conoscenza fa parte della famiglia dei proverbi, con la differenza che non si vuole affermare una prospettiva morale ma una concreta indicazione di comportamento.
Vorrei portare un secondo esempio di ‘massima operativa’. Tempo fa abbiamo l’organizzazione per la quale lavoro ha deciso di cambiare il commercialista. Quando abbiamo incontrato il nuovo commercialista un collega gli ha chiesto: “Qual è l’indicazione generale che ci può dare, alla quale è bene attenersi?”.
Il commericialista ci ha pensato su un attimo e poi ha detto: “Mai alterare i ricavi”.
“Tutto qui?”.
“Sì, tutto qui”.
Mai tornare a mani vuote.
Ciao Paolo, che piacere ritrovarti!
Stare in contatto è fondamentale:-))
Ciao Graziano! scopro stamattina il tuo blog, complimenti! mi sono già iscritto, giusto per non uscire dal tuo sito… a mani vuote!
Ho fatto il cameriere tante estati durante gli studi, e ti confermo che si tornava a mani vuote solo… se il cuoco ti urlava dalla cucina “la carne si fredaaaaaaa!!!”
Un caro saluto, e un sorriso!