Le ‘scritture di restituzione’ sono azioni strutturanti le organizzazioni e i servizi. Stendere verbali, produrre sintesi di incontri, restituire per iscritto sedute di lavoro, di incontri o di colloqui – anche solo in forma di brevi appunti fissati di getto o appena rivisti – è un’esperienza frequente per chi è impegnato nella quotidianità dei servizi. Per comodità indichiamo verbali, sintesi, appunti nell’espressione ‘scritture o documenti di restituzione’ in considerazione di un compito che viene assegnato a questi testi. Quello appunto di consegnare informazioni a diversi lettori.
Ma possiamo chiedere a uno solo dei quattro rettangoli della figura di contenere l’intera gamma delle scritture di restituzione? E non si tratta anche – attraverso i diversi documenti di restituzione – di promuovere, convincere, prescrivere, far fare?
Forse le scritture che hanno come compito quello di tenere traccia e fare memoria del lavoro in corso, di tenere conto dei punti di vista, dei contributi, delle proposte, di sollecitare pensieri, decidere e regolare azioni, hanno come comune compito quello di contribuire a far funzionare le organizzazioni.
Ma per argomentare queste ipotesi e saggiarne la consistenza è necessario avvicinare le attività di verbalizzazione e restituzione. Cosa si mette in campo quando si redige un resoconto di un momento di lavoro di gruppo, quando si fissano gli accordi a cui si è giunti, o si lasciano note nel diario delle consegne?
Che significato assumono le scritture di restituzione nelle organizzazioni e nelle attività sociali?
Stendere verbali per fornire resoconti o sintesi di incontri, a ben pensarci è una operazione curiosa. Operazione in parte esplicitata dal termine stesso. ‘Verbalizzare’ significa registrare le parole e trasporle, dando loro forma di testo scritto, così che possano venire lette e conservate. La voce diventa testo affinché possa mantenere la sua capacità comunicativa. E ciò comporta di riportare (abbastanza) fedelmente il contributo dei dialoganti.
Ma verbalizzare significa anche (forse solo nei subcodici ‘socio – psico’) esprimere quello che si pensa, anche in modo emotivamente aggrovigliato. In questo senso, verbalizzare è un lasciare affiorare, consentire che venga alla luce ciò che – dato il controllo razionale e sociale delle parole – forse non si avrebbe il coraggio di (o non si dovrebbe) manifestare proprio per la carica di emozione e confusione che contiene.
Il verbale è dunque un ponte sia tra la parola e la scrittura ponderata perché sottoposta a revisione, sia tra la scrittura resa ufficiale e nuove parole.
Ma il verbale è anche collegamento tra l’interiorità e la socialità, tra il dialogo interiore e la possibilità di un dialogo che si sviluppa fra soggetti che interagiscono. Sono proprio le scritture di restituzione che segnalano nelle dimensioni professionali l’intreccio fra oralità e scrittura, fra presenze, interazioni di parole vive e produzioni di documenti diversi per tipologie e funzioni. Scritture che attestano discorsi e relazioni fra soggetti, che ricollocano la produzione di pensieri nelle trame delle scritture che fanno le organizzazioni.
Il titolo è “PAROLE CONTENTE”, in positivo…
ss
Caro Maino,
il tema della scrittura interessa anche me, e ho iniziato ad occuparmene saranno almeno quasi venti anni fa…con un laboratorio in una scuola media di Chiaravalle (An) eccetera eccetera.
Di scrittura ho anche acceso (spero)qualche “lampadina” a un centinaio di studenti della facoltà di sociologia, laurea specialistica in Editoria Media e Giornalismo, università di Urbino, dove ero un umile prof a contratto. Ero, nel senso che il corso di laurera è stato soppresso causa forza maggiore…
Cosa succederebbe se si lanciasse l’idea del lab. della scrittura email? Non so bene. Frequento poco il mondo web e non ne conosco gli umori e le tensioni e le aspirazioni.
Provare non costa, e dunque proviamo, se vuole. Mi trova disponibile e motivato.
Noi di teatreducazione non abbiamo un blog attivo. C’è solo un sito che ospita interventi di natura teorico/esperienziale ma è un po’ fermo, di recente.
La sua ultima proposta mi coglie impreparato, proprio dal punto di vista telematico, voglio dire. Ci proverò, anche se mi preoccupa il risultato.
Prima di chiudere voglio sottolineare come mi abbia sorpreso la sua risposta rapida e coinvolta, soprattutto pronta a rilanciare temi ed ipotesi di lavoro. Diciamo che ero disabituato a questo tipo di comportamento nella scrittura e mi conferma che in fondo invece bisogna essere ottimisti, perchè, come dice un mio maestro, “scrivi, scrivi, vedrai che qualcosa resterà”.
Ah, lesegnalo che qualche anno fa, credo nel 2005, ho dato alle stampe un libretto che si titola “Parole scontente – la scrittura NON creativa” – che ha la sua parte migliore in una bibliografia ragionata su tutto quanto era disponibile in lingua italiana sul tema della scrittura.
Se non lo trova provo a spedigliene una copia, semprechè ne abbia una in giro per casa…
Grazie ancora e a presto.
ss
Gentile Maino,
sono arrivato in questo “spazio” per i casi della ricerca sul web.
Una ricerca sempre incerta tra i risultati giusti e quelli inutili.
Stavolta mi ha molto interessato la parola restituzione usata tecnicamente come “scrittura di restituzione”.
Le spiego. Restituzione è un sostantivo che usiamo noi di “teatreducazione” (un semplice neologismo necessario a definire un semplice movimento di pensiero e di azioni nella teatralità formativa in Italia – vedi web).
Corrisponde, il senso corrisponde.
Per noi di teatreducazione la restituzione con la scrittura è un momento fondativo. Ricerca del perchè – azione teatrale – restituzione.
Tre momenti come tre supporti teorico-pratici per valutare se quello che si viene
facendo/operando mantiene intatta la tensione verso la qualità.
Interessante questa specie di visione che mette vicine due generazioni differenti (io sono del 1950…).
Sono anche molto interessato a quello che lei viene facendo in ambito gruppale, come dicono gli psichiatri…essendo un accanito, imperfetto lettore-studente di Bion.
Chissà se riuscirò a far leggere questo testo, vista la mia imperizia di blog e annessi telematici. Comunque sia è stato gradevole leggere i suoi testi e la sua ricerca.
Arrivederci a come e quando non so.
Silvano Sbarbati
Caro Silvano Sbarbati,
oh, che sorpresa, alzarsi il mattino, accendere il computer e trovarsi una lettera inaspettata, cordiale, dialogante.
Grazie;-)
La giornata parte meno faticosamente.
Il tema della scrittura mi interessa molto, in senso professionale.
Ho l’impressione che le organizzazioni (quale che sia la loro natura) non siano fatte solo di parole parlate, ma di parole scritte, di testi, di trame di scrittura, di gabbie e di ponti scritti.
Che siano scritture continute, incessanti.
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Ora, prima di lanciarmi verso la città: macchina, parcheggio, metro, metro, macchina, parcheggio, treno… e questa sera Pordenone, lancio al volo tre idee:
1. E se mai si organizzasse un laboratorio di scrittura dal titolo: “lettere inattese”? Cosa accadrebbe?
(in ogni caso, se riesco ad organizzare un laboratorio sulla scrittura dell’email, contemplerò la possibilità della scrittura di email in risposta a comunicazioni impreviste).
2. Posso linkare il vostro blog al mio?
3. Perché, se ha piacere, non viene ospite della settimana su Mainograz? La formula è semplice breve testo libero, foto e rapida presentazione. La aspetto:-)
A presto,
Graziano Maino