Via Sarfatti 25 – il mensile divulgativo dell’Università Bocconi – nel numero di giugno 2011 dedica la doppia pagina centrale alle imprese familiari. Tra i diversi temi affrontati:
– sovrapposizione tra famiglia, proprietà e vertici;
– ruolo dei fondatori,
– ingresso di manager esterni;
– risorse economiche e capitalizzazioni,
– avvicendamenti…
In particolare l’articolo di Carlo Salvato (p. 5) affronta la questione dei fattori che favoriscono la continuità nelle successioni ai vertici delle imprese familiari. Salvato, riferendosi ai risultati della ricerca internazionale STEP promossa dalla cattedra AIdAF-Alberto Falck, identifica cinque condizioni facilitanti [in realtà ne cita sette].
Fattori facilitanti gli avvicendamenti in imprese familiari di medio-grandi dimensioni. Lo spunto per le note che seguono lo fornisce un articolo breve, che comprime e condensa diversi pensieri. L’operazione che tento qui è provare ad estrarli e riordinarli per poterli considerare.
Tra i fattori chiave segnalati, un primo rimane implicito, ma credo valga la pena esprimerlo. Il successo di una transizione dipende da come viene qualificata, dal senso che assume nella cultura organizzativa teatro dei cambiamenti e per gli attori coinvolti. Carlo Salvato utilizza l’espressione ‘trasmettere l’imprenditorialità’. Non parla di avvicendamenti, di passaggi di consegne. Sposta l’attenzione dalla dinamica al senso e all’esito. Dalle parole con le quali si apre il contributo, la questione pare essere quella di accompagnare il processo affinché il valore dell’impresa, le competenze, i saperi, l’insieme delle competenze vengano messa a disposizione – nel loro valore e nelle loro potenzialità – alle generazioni successive. Trasmettere l’impresa e la cultura dell’imprenditorialità: ecco un primo fattore chiave. Rappresentarsi la transizione come consegna, affidamento di un valore generativo di risorse, di competenze, di futuro.
Un secondo aspetto è la formazione. Tre le linee di attenzione: formazione manageriale, formazione esperienziale, considerazione delle propensioni e degli interessi personali. L’iperspecializzazione non assicura successo (e potrebbe ostacolarlo). Certo un paniere di solide competenze in area gestionale non guastano. Ma non è solo formandosi sul campo, facendo pratica nelle diverse posizioni organizzative che si sviluppano competenze solide. Si tratterebbe certamente di varietà di esperienze professionalizzanti, ma di una varietà che non apre alle molteplici e impreviste riconfigurazioni. Senza che sia espressamente nominata sembra venire indicata la via del viaggio di formazione. Non solo competenze tecniche ma esperienze dei molteplici mondi che fanno il mondo: moltiplicare incontri, contatti, confronti. Terrebbe in equilibrio le due tensioni: ‘strutturante’ una e ‘immersiva’ l’altra, l’attenzione ai punti di forza e alle predisposizioni personali e la possibilità di sperimentarsi.
Un terzo ingrediente sembra essere imprescindibile nella stessa misura in cui appare indisponibile. La leadership (famigliare nel nostro caso, ma volendo generalizzare l’insieme delle figure che hanno responsabilità apicale) dovrebbe essere in grado di comunicare con chiarezza le regole di comportamento condivise. Regole che costituirebbero il capitale di relazionale, il fondamento in grado di orientare l’ingresso dei successori, il loro ambientamento, la possibilità di crescere in un ambiente favorevole. Regole chiare e rispettate. Con questa precondizione è possibile sperimentare nuove imprese imprenditoriali e sperimentarsi. In un giardino ordinato possono sbocciare (ed essere coltivate) varietà di qualità. Ma la condizione facilitante potrebbe essere più desiderata che esperita. In ogni caso tutta da verificare con ricerche ad hoc. Ulteriori.
Un quarto fattore si riferisce al rispetto e alla valorizzazione delle differenze fra i componenti dei gruppi di vertice (nel caso da cui prendiamo spunto, le compagini familiari). Regole chiare si diceva, tolleranti delle diversità, capaci di farle convivere, se possibile di armonizzarle. Spazio per tutti e spazio per ciascuno. Senza che il modello idealtipico costituito dai fondatori venga considerato l’esclusivo riferimento: le organizzazioni nella loro esistenza attraversano fasi differenti e le caratteristiche imprenditoriali richieste mutano al mutare delle condizioni interne ed esterne. Di conseguenza per ‘consegnare l’imprenditorialità’ è necessario riconoscere e promuovere i punti di forza che le nuove generazioni sono in grado di mettere a disposizione.
Un quinto elemento, viene identificato nella possibilità di ricevere autorevoli supporti interni, una sorta di accompagnamento che consente a chi si prepara ad assumere incarichi di responsabilità di conoscere il funzionamento dell’impresa, le dinamiche, le caratteristiche.
Un sesto aspetto riguarda la possibilità per le giovani generazioni di sperimentare. Nelle diverse fasi di formazione, nelle differenti collocazioni le leadership al comando delle imprese favoriscono spazi che consentono di mettere alla prova idee e di mettersi alla prova in situazioni differenti. Le imprese che mirano a favorire la loro durabilità non chiudono alla possibilità di provare a fare diversamente. Al contrario incentivano continuamente tale opportunità.
Una settima variabile la si rintraccia riconsiderando l’intero articolo alla luce del capoverso finale. La responsabilità dei processi di avvicendamento e trasmissione da un lato essere in primo luogo affidata alle famiglie imprenditoriali (stiamo estrapolando, lo ricordiamo, un ragionamento che si riferisce alle imprese di proprietà familiare), ai gruppi dirigenti cioè. Le transizioni si compiono se vengono facilitate da autorità che assumono il compito di accompagnare il cambiamento (e qui segnaliamo la difficoltà delle autorità che devono ad un tempo controllare e autorizzare, orientare e consentire: a questo proposito alcune riflessioni possono essere attinte dalla voce Autorità del Dizionario di Psicosociologia edito da Cortina). Ma la cura educativa richiede che venga anche riconosciuta l’alterità dei soggetti coinvolti, e la capacità di promuovere autonomia e confronto, di tollerare trasgressione, di intavolare negoziazioni. Aspetti che nel testo che non vengono sottolineati.
Fattori che determinano avvicendamenti imprenditoriali di successo: fattori da approfondire in situazioni e contesti differenti… L’attenzione infatti è concentrata sulle imprese familiari. E di tutte le altre imprese cosa sappiamo, cosa possiamo dire? Più in generale cosa accade nelle organizzazioni in tema di avvicendamenti apicali e intermedi?
Lo sguardo sulle imprese di proprietà è certamente interessante ma è una parte di una complessità maggiore.
Quello che ho cercato di fare è riprendere con parole mie i pensieri espressi nell’articolo al quale ho fatto riferimento: e traducendo ho trasformato, commentato, dubitato. In ogni caso questi sette punti mi paiono altrettante aree da approfondire attraverso ricerche in campi differenti rispetto alle imprese familiari di medio-grandi dimensioni. Le trasmissioni di impresa, gli avvicendamenti ai vertici delle organizzazioni avvengono nei più svariati contesti organizzativi: nelle cooperative e nelle microimprese, nelle imprese di medio-piccole dimensioni, nelle imprese pubbliche e nelle organizzazioni religiose, nei partiti, nei sindacati e negli enti pubblici. Con quali modalità? Con quali peculiarità? Con quali accortezze o superficialità?
Ciao Graziano,
ho letto e riletto i due post sugli avvicendamenti nei ruoli d’autorità e mi hanno aiutato ancor di più a dare forma alla complessità del tema.
Nelle settimane e nei giorni scorsi ho ricollegato di frequente il tema degli avvicendamenti e delle successioni alla politica: dal passaggio milanese Moratti – Pisapia, ai discorsi sul futuro successore del leader PDL (istituire le primarie per legge? O sarà proprio l’attuale leader a indicare un suo successore?) per finire con le indiscrezioni su un possibile avvicendamento ai vertici della Lega (forse ancora lontano considerando che Bossi su Repubblica si dichiarava immortale!)…
Un tema molto attuale sia nelle micro – medie e grandi organizzazioni sia nella società più in generale.
Un saluto
Anna