Torno sul tema ‘biglietti da visita’. A un anno di distanza. Che siano l’estate e i contatti di luglio a stuzzicarmi?
Office, lo stratega occulto
Di quando in quando lo si sente ripetere: il pacchetto Office (Word, Excel, PowerPoint e il resto dei programmi della Compagnia) strutturano più di quanto non si pensi – e non si ammetta – il nostro lavoro, le nostre cognizioni, le possibilità che concediamo a noi stessi. Certo sono strumenti (fra gli altri disponibili) che amplificano la nostra produttività di esseri scriventi (homines scrivens, writing being), ma pure ci condizionano: ci offrono schemi, modelli, template, gabbie, strutture preimpostate. Ci conducono per mano, passo dopo passo…
Veniamo ai biglietti da visita
La nuova versione di Office 2011 per Mac, propone modelli per autoprodurre biglietti da visita. Bene. I modelli sono un aiuto. Ma si possono fare due osservazioni:
> i modelli presenti sono predisposti per indicare l’organizzazione e i dati personali.
> non è previsto che si possa utilizzare il retro del biglietto, manca cioè nei vari modelli un secondo foglio A4, corrispondente al fronte, nel quale eventualmente inserire informazioni aggiuntive.
Questo è il punto che desidero affrontare: i biglietti da visita che lasciano tracce minimali della persona e dell’organizzazione forse sono insufficienti.
Digressioni tecniche
Un primo giro di argomentazioni per motivare le ragioni a sostegno di biglietti da visita leggeremente più informativi. Ecco due brevi digressioni tecniche.
I biglietti da visita hanno più funzioni. Certamente una è poter essere rintracciati. Un’altra è poter essere ricollocati (noi latori del biglietto e le stesse persone che lo ricevono) in un tempo e in uno spazio. Di qui il pensiero che tutto ciò che contribuisce – ferma restando la leggerezza – a fornire informazioni, è opportuno che sia valutato ed eventualmente collocato su questo reliquato di carta.
Lasciarsi, incontrarsi…
Perchè inseririre informazioni appena più descritive sulle proprie attività e/o su quelle dell’organizzazione della quale si fa parte? Per due buone ragioni, che hanno a che fare con l’uso che si può fare degli biglietti da visita.
Si sarebbe portati a pensare che i biglietti servono nel momento del commiato: «Ah, aspetti, le lascio il mio biglietto…» E giù, a cercare nelle profondità di borse e zaini. «Sì, aspetti, le do anche il mio…» E ripartono le draghe scavafondali.
Be’ è vero i biglietti si danno quando ci si saluta. Ma chissà perchè si chiamano “da visita”. Non si potrebbe chiamarli “biglietti da saluto”?
Una ragione ci sarà. In origine (ma qui chiedo aiuto agli storici dei comportamenti sociali e agli antropologi in genere) forse i biglietti da visita (appunto!) venivano consegnati per annunciarsi [e qui ci vorrebbe una citazione da film in bianco e nero]. Il biglietto da visita serviva ad introdursi, a confermare il proprio status, a consentire al ricevente di poter conoscere in anticipo qualcosa dell’ospite, e all’ospite di qualificarsi…
Questa funzione è in parte persa (certamente negli ambienti professionali che frequento).
Eppure, quella dell’annunciarsi e del presentarsi, mi sembra un’accortezza in molti casi funzionale. Recentemente – di mattina presto – arrivato sul luogo del convegno, con un’altro mattiniero come me, abbiamo intavolato una conversazione. Dopo i primi passi, ecco che l’interlocutore estrae il biglietto da visita e si presenta (l’equivalente dell’inchino nei “Tre moschettieri”). E io, da par mio, grufolo e raspolo nel fondo della sacca da lavoro, e cavo a mia volta un biglietto più o meno sano (tra uno scontrino del parcheggio e un santino elettorale disperso e solingo).
Ecco, mediante questo scambio di biglietti, ci ha reciprocamente introdotti.
Simpatia per simpatia… sul biglietto dell’altro, oltre a titolo, nome, cognome, indirizzo, azienda, logo, c’erano anche le funzioni individuali e le attività aziendali. In inglese (passi) ma soprattutto sconosciute ed esotiche (un pirata dei Caraibi, insomma).
Sul mio biglietto: nome, cognome, nome della società e logo (scambiabile con un QR code, ma di questo dirò nel prossimo post) e poi… nulla.
«Così, lei, signor Maino, lavora in questa società che si chiama PARES. Bene. E cosa fa? Cosa fa la sua società?»
Non volendo fare brutta figura, l’ho buttata sull’ironia (troppo presto per fare il brillante e sempre troppo tardi per fermarsi) ho detto con un mezzo sorriso: «Mah, cose così misteriose, che quasi non si possono dire, e forse non ci sono neanche i termini tecnici.»
«Ah, però!» mi risponde con due occhi lunari.
«E voi, invece – faccio io – vedo qui “Qvsxfr” e “Grtkshol”, e anche “Dlptrgnk”, “Rruraarrue”, “Ahkjoodeè”… tutte cose tecnologiche immagino…»
«Sì, ma che c’entrano con la finanza, la domotica e l’ecologia trasferenziale…»
«Eh, già, quando c’è di mezzo l’ecologia trasferenziale…»
Poi ci ha salvato una hostess: «Signori, prego, registratevi e cortesemente lasciate nell’assiette il vostro biglietto da visita.»
Poffarbacco!
Che sarà mai l’assiette?
E dove sono i salami?
Anna, se posso offrirti un’alternativa al servizio self-service online e allo studio grafico, ti propongo di pre-registrarti su http://www.linkard.it …A breve saremo on-line :)
io ne avevo alcuni commestibili. un successone.
poi sono passato a quelli flosci. occorrevano due mani per sostenerli. ma al tatto davano molte soddisfazioni. Nelle stagioni invernali ho biglietti da visita felpati, che possono essere introdotti sotto i vestiti, per lenire le correnti tagliacollo e sfregiareni. D’estate offro biglietti da visita umidicci, imbevuti di bevanda energetica, da succhiare nei momenti di attesa.
Ho biglietti da visita in marmo, in lattice, in pergamena. Uno eccezionale. che tengo per le grandi occasioni che non arrivano mai, fatto con ala d’angelo.
Ne sto studiando un nuovo tipo per Graziano, in grado di camminare e correre autonomamente e su qualsiasi superficie, urlando paresparesparespares….e distribuendo sorrisi a non finire.
v
Recentemente ho sperimentato con poche soddisfazioni la creazione di biglietti da visita on –line. Iscriversi al sito, inserire i propri dati, scegliere uno sfondo e inserire il logo. Se non hai il logo il sito ne fornisce una ristretta gamma. Così i tuoi biglietti da visita saranno probabilmente simili a quelli di chiunque altro…pessimo risultato.
Il biglietto da visita ha a che fare con chi sei e con l’immagine che vuoi dare di te e della tua società.
Dopo aver interpellato un esperto di grafica…mi si è aperto un nuovo mondo: scritte colorate, d’orate, argentate, scritte ad angolo e forme a rettangolo, quadrato, triangolo, cerchio… E dello sfondo che dire? Beh, il nero va con tutto ma il bianco è di gran moda…
Soprattutto per chi inizia un’attività il biglietto da visita è una garanzia che assicura all’interlocutore l’esistenza di quella professione o mestiere.
– “Lei cosa fa?”
– “L’acchiappafantasmi”. Ecco il biglietto da visita (con foto mentre cattura il poltergeist). Dovesse servirle…