Le dimensioni evidenziate nel post di Graziano Maino e nel post di Paolo Fontana sono certamente presenti e contribuiscono a costruire un immagine dell’oggetto “Cooperazione di tipo B oggi”.
Propongo di aggiungere un altra dimensione che può essere studiata e approfondita, trasversale a molte delle tematiche indicate (da allievo di Piero Bertolini, sono molto sensibile alla dimensione progettuale, anche – e soprattutto – in senso filosofico ed esistenziale).
Il paradigma di un Progetto (1. educativo individuale, 2. educativo di cooperativa, 3. di settore di impresa) concepito come una sequenza che da un analisi del bisogno (per lo più autoreferenziale) porti a stabilire degli obiettivi (a priori) attraverso una strategia composta da azioni, è un paradigma che sentiamo ancora valido ed efficace, in grado di guidarci nel nostro lavoro quotidiano?
Se così non è, come lo ripensiamo all’interno delle cooperative sociale di tipo B?
Quali accorgimenti e quali strumenti utilizziamo per declinare la nosta azione progettuale, in una realtà caratterizzata da una complessità crescente e che ci rimanda un immagine del nostro ruolo che è così spesso dissonante con ciò in cui noi ci impegnamo quotidianamente?
Non ho una risposta, navigo assieme ad altri nella ricerca di una rotta ragionevole e condivisa, cercando di riflettere su:
1) Come valorizzare la nostra storia di cooperazione? Così poco conosciuta eppure così fondamentale per poter ripartire, ri-definire e ri-affermare un ruolo sociale (appunto, progettuale)
2) Come progettare impresa sociale? O meglio come proporre settori di impresa che abbiano nel termine “sociale” un fattore di rilevanza qualitativa aggiuntiva
3) Infine, come co-progettare? Com uscire dall’autoreferenzialità, ascoltare e comprendere quante più voci possibili, coinvolgere nel nostro lavoro tutti i soggetti che si riconoscono interessati ad agire per sviluppare le nostre comunità.
E’ una riflessione che richiede di ragionare sulla nostra vision, sul significato che attribuiamo al nostro lavoro, sulle nostre aspettative (anche di operatori sociali), sulle collaborazioni che sviluppiamo con la rete territoriale e sul loro senso.
Davide Vassallo – 36 anni, educatore e cooperatore.
Amante dell’acqua e del nuoto.
Sposato con Katia, abbiamo due bambini, fattori primi della nostra felicità.
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