Immaginatevi di viaggiare su un treno e immaginatevi che in prossimità delle stazioni, anziché usare l’altoparlante, il capotreno spenga tre volte le luci delle carrozze.
A quel punto i passeggeri capiscono che si devono preparare alla discesa, anche se non sanno bene se la stazione sia quella giusta.
Immaginatevi di stare viaggiando nei libri, tra i libri, in internet, sulla superficie dei giornali, dentro un film o un documentario.
Immaginatevi che vi abbia rapito una canzone.
Però la biblioteca chiude.
Ecco che di colpo si spengono le luci.
Una, due, tre volte.
Siamo al capolinea, è tempo di scendere, a casa!
Se ci fossero gli altoparlanti una voce vi direbbe che mancano pochi minuti alla chiusura, non dico che aggiungerebbe: «Grazie di essere stati con noi» e neppure «Vi attendiamo domani nella vostra biblioteca comunale».
Se ci fossero gli altoparlanti una voce, gentile o roca, asciutta o simpatica, dolce o decisa, potrebbe forse dire: «La biblioteca sta chiudendo, auguriamo ai gentili utenti una buona serata (o un buon pranzo, se siamo prima di mezzogiorno)».
Di certo non direbbe: «Semi o lupini?».
Ci sono tanti modi di comunicare, di prendere congedo, di congedare, di salutare.
Nel Regno Unito, nei pub, l’ultimo giro di birra viene annunciato da una campana.
In altri luoghi si dice: «La Messa è finita» (ma non mi risulta che il sacrista spenga tre volte le luci).
In altri luoghi pubblici una voce informa e saluta.
Gentilmente.
Poi ci sono luoghi, ad esempio biblioteche di medie città pedemontane dove, con tre colpi di clascon e due urli di tromba da stadio si segnala che la biblioteca sta chiudendo.
Il sabato pomeriggio poi, poco prima delle 17:30, per chiudere in bellezza la settimana, un coro di hooligans intona un «Alé, oh oh», ripetuto sempre tre volte, accompagnato da tre spegnimenti lunghi, tre spegnimenti brevi e tre spegnimenti lunghi (segnalando catarticamente che il sabato, di sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia, rispetto agli altri della settimana che sono meno graditi).
Olalà.
PS
In ogni caso ci sono modi e modi di spegnere le luci.
Il tocco, a volte, è tutto.
;-)
la finezza di pensiero, e dunque, di tratto, segna la differenza vera tra vedere fino all’orizzonte e percepirne in aggiunta un supplemento.
ah…l’importanza delle sfumature.
Ma se , con un buon programma di educazione alla percezione e alla vista riuscissimo, per molti, a spostare lo sguardo dal bagnasciuga alla prima onda, e da questa alla seconda, e poi alla terza… quando arriveremo all’orizzonte?
e per il supplemento? quante vite dovremo avere? e quanto attendere ?
Vero.
Tre annotazioni:
– Siamo in presenza di una comunicazione convenzionale (nella comunità, tutti colgono che tre cadute di tensione significano che conviene entrare).
– Stanno per spegnersi le luci: inizia lo spettacolo. Le luci si spengono segnalando che qualcosa prende avvio).
– L’assenza di luce è condizione di fruizione (l’opposto della biblioteca?).
Non vorrei sbagliarmi ma credo che in alcuni cinema e teatri accada che per dare un segnale di prossimo inizio dello spettacolo si accendano e spengano le luci tre volte nel foyer… ma qua è un linguaggio storico, condiviso… fa parte dello “spettacolo”. Ma in biblio mi pare certamente poco scenografico.