Come introdurre le disposizioni del decreto legislativo 231/2001 in una cooperativa sociale?
Come evitare di sovraccaricare l’organizzazione e chi ci lavora?
Come farsì che un adempimento non si traduca in una vuota formalità, realizzata a denti stretti e subito dimenticata, con l’effetto di vanificare il senso profondo che il Legislatore ha voluto consegnare alla normativa?
Come affrontare con cura il lavoro richiesto per adottare l’insieme di azioni e strumenti previsti dal decreto legislativo 231/2001, ricercando effetti utili nel percorso e nei risultati?
L’idea che mi sono fatto lavorando con alcune cooperative sociali è che conviene andare per gradi e preparare il terreno. Andare per gradi anche per non affardellare persone e bilanci: un po’ di lavoro infatti è richiesto e qualche costo è pure necessario metterlo in preventivo. Preparare l’introduzione del decreto conviene per non sentire l’urto e la distanza nel momento in cui l’impostazione normativa entra in contatto con la realtà operativa dell’organizzazione. Preparare l’introduzione conviene per evitare colonizzazioni che finiscono per suscitare rigetti e irritazioni a trecentosessanta gradi.
All’esigenza di una cooperativa sociale di introdurre le disposizioni del decreto legislativo 231/2001 si può rispondere con modalità differenti. Se si vogliono richiamare i principali adempimenti richiesti, si tratta di strutturare un sistema di responsabilità amministrativa ed organizzativa composto dai seguenti passaggi:
Come si vede, anche riprendendo per sommi capi gli adempimenti richiesti dal decreto legislativo 231/2001, le cose da fare non sono poche e richiedono che venga loro dedicato un certo impegno.
Si tratterebbe di adottare una modalità che mescoli empiria e teoria, che parta dalle esperienze (approccio bottom-up, se questa espressione andasse ancora di moda), e che tenesse conto delle disposizioni normative senza farle discendere in modo impositivo (si limiterebbe la pressione top-down, dicendola con linguaggio fine anni novanta). Insomma un misto di valorizzazione dell’esperienze e di ascolto del battito profondo delle normative.
Insomma si tratterebbe di predisporre un progetto per la costruzione partecipata di un codice di comportamento dell’intera cooperativa sociale per raggiungere un risultato concreto, e contemporaneamente sensibilizzare rispetto ad un successivo percorso che porti a rispondere agli adempimenti previsti dal decreto legislativo 231/2001 in tema di responsabilità amministrativa ed organizzativa.
Rispetto all’avvio di un percorso completo (che richiederebbe un impegno organizzativo ed economico consistente), l’ipotesi è di intraprendere un lavoro preliminare, più contenuto e definito, che consenta ad un tempo di:
Dal punto di vista del metodo, si tratta di consentire all’organo di governo di orientare e verificare la costruzione del codice di comportamento, e a un gruppo di lavoro rappresentativo (in cui siano presenti alcuni dirigenti dell’organizzazione) di lavorare concretamente, attraverso momenti di confronto e riflessione, alla scrittura partecipata del documento.
Nella costruzione del codice di comportamento verrebbero inseriti elementi generali tali da rispondere ai principali vincoli previsti dalla normativa 231/2001. Molte cooperative sociali poi dispongono già di un codice etico. Ciò agevolerebbe ulteriormente il lavoro. A partire infatti dal documento in vigore, valorizzando contenuti e spunti, rivedendo le parti da aggiornare, potrebbe venire messo a punto un codice di comportamento propedeutico all’introduzione di documenti e strumenti previsti dall’approccio alla responsabilità affermato dal 231/2001.
E sulla scorta dell’esperienza, delle conoscenze condivise e delle competenze maturate, coinvolgendo nuovamente il gruppo di lavoro sarebbe poi possibile pensare di fare un seconda fase di lavoro (a quel punto più agevole, meno invasiva, e meno onerosa) per costruire il modello organizzativo di prevenzione e gestione, e gli altri strumenti a cui si è accennato sopra.
Il numero di giornate di lavoro per la definizione e la stesura partecipata del codice varia in ragione delle dimensioni e del coinvolgimento che si ricerca, ma in ogni caso rimane contenuto e affrontabile.
Per questo mi sembra convenga andare per gradi.
;-)
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