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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Sei idee sull’innovazione

disegno di Jacod (2011)

Giovedì 13 ottobre 2011, la cooperativa sociale La Ringhiera ha organizzato a Bergamo il seminario Innovazione informatica nelle cooperative e nei servizi sociali. Quali prospettive?
Per l’occasione avevo preparato alcune considerazioni da condividere nel momento della discussione. Gli interventi sono stati molti, così ho pensato di trasformare gli appunti in un post.
Potete scaricare la ricerca  Far crescere la qualità nel sociale presentata da Anna Omodei e trovate sul sito di Pares le sintesi degli interventi dei relatori: Giorgio Sordelli, Gianluca Gibilaro, Bruno Cantini, Flaviano Zandonai, Emidio Panna.

Sei pensieri sull’innovazione

1. È il momento del ripensamento?

Come nasce l’innovazione? È saggio gettarsi in rincorse a perdifiato, seguendo le mode, le parole d’ordine, i trend che sembrano imporsi sulla scena? Conviene rallentare il passo, prendere fiato, riconsiderare le proprie esperienze e la domanda stessa di innovazione? Vale la pena creare spazi e momenti di pensiero, di ripensamento dello stato e dell’evoluzione dei contesti? E’ tempo sprecato riconsiderare assetti organizzativi, possibilità, disponibilità, strumenti, curiosità e fatiche nostre e dei gruppi di lavoro in cui siamo inseriti?
L’innovazione nasce da ripensamenti profondi, da disagi riconsiderati, da situazioni critiche che si manifestano come inevitabili? E la cooperazione sociale avverte, sa di essere di fronte a un momento che impone di riconsiderare modelli operativi e schemi di pensiero?
Mancate corrispondenze, disorientamenti anche cospicui, incertezze economiche mi sembra segnalino l’esigenza di fare il punto…

2. Strategie vs. consapevolezza

“Per innovare è necessaria una chiara strategia!” Sono d’accordo solo in parte con questa affermazione. Intanto le strategie sono spesso dispositivi organizzativi difensivi, utili nelle fasi di disorientamento collettivo. Possono essere formule retoriche, o risultati di uno sforzo collettivo utile ad orientare l’azione. Dipende. Intraprendere percorsi di ricerca, introdurre innovazioni tecnologiche, investire in cambiamenti organizzativi, senza esplorare le condizioni dell’ambiente in cui le organizzazioni operano e senza esaminare lo stato dell’organizzazione stessa non sembra essere un approccio saggio. A sembra che è impossibile formulare indirizzi in assenza di considerazioni sui funzionamenti organizzativi, come mi sembrerebbe difficile fissare strategie senza considerare i riverberi e i condizionamenti di approcci e strumenti adottati o che si intendono introdurre. Le pratiche professionali e organizzative sono in mutua relazione, sinergia e interferenza con le prospettive di cambiamento. L’innovazione nasce anche dalla capacità di assumere il rischio di esplorare, investire, sbagliare e riconsiderare e non solo dalla certezza delle finalità da perseguire. L’innovazione è un traguardo a cui si punta o una condizione in cui ci si trova?

3. Fare bene con meno risorse

Tra le molteplici innovazioni (non solo tecnologiche) mi sembra di cogliere un aspetto che si presenta in ambiti e settori molto diversi, con somiglianze inattese e spiazzanti. La pressione a fare bene con minori risorse non solo induce a risparmi, limature, tagli, contenimenti, ma a vere e proprie riprogettazioni. I cambiamenti del primo di tipo (si rimane nel frame dato) riguardano spesso la prima fase di reazione. I cambiamenti del secondo tipo (sistemici, in cui viene riconsiderato il senso) avvengono grazie ad una riconsiderazione generale dei paradigmi di lettura. Non solo riconfigurazioni ma innovazioni. E quello che non sembrava possibile lo diventa, l’impensabile viene fatto oggetto di considerazioni, quello che stupiva, accolto. Certo le innovazioni tecnologiche (quello di prodotto, di processo, organizzative, comunicative, ecc.) pongono la questione di come fare bene, con meno risorse. Per le imprese sociali si pone il problema di come fare bene, di come rispondere ad esigenze senza creare esclusioni, senza sfruttare, senza strumentalizzare i contratti psicologici di consonanza con le mission organizzative, piuttosto includendo e preservando i posti di lavoro.

4. Idee di innovazioni

Si possono avere punti di vista diversi su cosa sia innovazione, sul suo valore e sulla sua desiderabilità. Possiamo fare dell’innovazione un imperativo aprioristico o una questione da sottoporre ad esame: quali finalità muovono a mettersi sulla strada dell’innovazione? Quali effetti relazionali, conoscitivi, culturali porteranno i cambiamenti innescati o perseguiti? In particolare le figure che operano come mediatori di innovazione, che curano le ritraduzioni culturale in situazione delle innovazioni, che le diffondono hanno responsabilità non trascurabili. Formatori, consulenti, referenti di network finiscono per essere promotori di innovazione, testimonial di effetti positivi acriticamente adottati. L’innovazione può avvolgerci e travolgerci senza che ci si chieda cosa si intenda qui e ora per innovazione, senza che vi siano domande e incertezze a renderci più attenti e curiosi.

5. La tecnologia ci cambia

Spesso si pensa all’innovazione immaginando che non cambieremo per effetto delle nuove esperienze e dei nuovi apprendimenti che essa diffonde. Saremo sempre noi, uguali a noi stessi, solo con qualche facilitazione in più, come se i nuovi media non ci inducessero a cambiare comportamenti, se non interagissero con le dimensioni sociali, e non premessero sugli assetti delle organizzazioni (pensiamo solo alla raggiungibilità e al dilatarsi dei tempi di lavoro). Stiamo imparando ad usare gli smartphone con rapidità, i divari generazionali sembrano ridursi: i nostri genitori scoprono Facebook, usano gli e-reader, si alfabetizzano. Certo il divario è ancora ampio, e gli usi differenziati (alcuni passivi, altri vari e modulati). Sembriamo piuttosto restii ad abbandonare la carta. A volte non è possibile, utile, opportuno. Altre volte una buona comunicazione via internet può valere tanto quanto pagine e pagine su carta. E mentre ci dibattiamo i tagli alla comunicazione che gli enti pubblici sono indotti a fare determinano una migrazione senza precedenti sul web 2.0. Le conoscenze si accumulano, si sviluppano competenze impreviste, automatismi e autonomie: la diffusione tecnologica non sembra sentire la crisi. Eppure non si avverte l’esigenza diffusa di fare dell’accesso a internet un diritto e dell’aggiornamento un impegno civico. Mentre la tecnologia ci cambia, sembra crearsi un atteggiamento di rimozione di un fenomeno davvero pervasivo.

6. Mondi che si compenetrano

Informatica è invasiva? Si può pensare per tempo ai cambiamenti, cogliendo i segnali premonitori? Si può ragionare sull’utilità delle innovazioni che promettono palingenesi irrinunciabili? Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ITC) sembrano non c’entrare, anzi stonare con il sociale: è davvero così? Possiamo descrivere la realtà come fatta da due universi indipendenti, uno vero e l’altro virtuale nel senso di irreale, falso, inconsistente? O, a ben guardare la realtà (uso con prudenza questa parola, ma non ne trovo una migliore, salvo forse la quotidianità) è una compenetrazione di reale e virtuale.

Mani avanti

Provando a risistemare queste note – in origine solo appunti fissati per un eventuale intervento – mi accorgo che la loro comprensibilità è condizionata dallo stato emotivo in cui erano state pensate (avevo in mente il seminario sull’innovazione tecnologica). Rileggendole non mi sembrano chiare. In ogni caso sento che l’innovazione sta diventando un imperativo totalizzante, carburante per far marciare l’immaginario collettivo. Non che sia un male, anzi. Sento che ragionare di innovazione è come darsi un appuntamento, e quello che si farà insieme non è già definito. Ragionare di innovazione significa porre la questione dell’inadeguatezza delle soluzioni adottate, delle prospettive intraprese, delle letture impiegate. Innovazione è una parola carica di fiducia, colma di preoccupazione. Può contenere giudizi sul presente e speranze per il futuro. Può mobilitare energie e disponibilità o suscitare irritazioni scontrose. Può essere collegata opportunamente o opportunisticamente.
Ad esempio “innovazione e avvicendamenti generazionali”…

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