Sono la mosca.
E tra un’ora sarò morta.
L’ho sbirciato sul libro di Margherita, a quel tavolo in fondo.
Sono nata qui, in questo locale.
Ieri ho cominciato a volare e me la sono cavata.
Ho evitato le pulizie e nessun cliente mi ha uccisa.
Ho mangiato e ho volato.
Camminando su uno smartphone ho compreso la ragione del mio esistere.
Share your knowledge, ha scritto un padre alla figlia.
Disclaimer distratto?
Eccesso cosmopolita?
Augurio fugace?
Disimpegno?
Share your knowledge.
Questo è il mio motto.
Per oggi, per sempre.
Come so che tra un’ora sarò morta?
È nelle cose.
Me lo hanno sussurrato le mosche adulte.
Stai in guardia.
Tutto guarda, tocca, assaggia, tutto assapora.
Tutto, se puoi.
Ma stai accorta: ruota i tuoi occhi e staccati veloce da ogni superficie.
Non attardarti.
E ascolta.
Senti il fremito che anticipa il manrovescio.
Capta le onde che annunciano il colpo mortale.
Temi i sussulti senza costrutto, eppure funesti.
Anticipa lo scatto dell’avventore e del bambino.
Stai in allerta.
Sempre.
Registra le ore che ti sono concesse, sinecura vai.
La fortuna mi spinge.
Vagolo all’apice della forma nel giorno comandato al riposo.
Ora desidero conoscere le ucraine al tavolo centrale.
Siedono e riposano.
Senza vecchi, hanno voglia di ridere.
Nulla le distrae.
Né uomini, né mosche possono scuoterle dai loro discorsi.
Ora desidero il lobo dell’anziana che celebra il pranzo domenicale.
Contrasta la tristezza con il volgere dei menù speciali.
Qui – diversi gli arredi – ha vissuto momenti felici.
Ora ripone con garbo i tovaglioli.
Ora desidero le tempie squamanti del solitario.
Potrebbe precipitare.
Cammina su un filo.
Ha già perso tutto.
Ora desidero l’incavo del braccio.
Cammino sul bordo del tatuaggio.
Avverto la tensione dell’omero.
Combatte ogni giorno col tempo.
Confonde il disinteresse coniugale con la vittoria.
Ora desidero il rischio.
Avvicino i gitanti commensali aggrovigliati.
Ora sfioro la nuca della ragazza sussiegosa, dalle sue spalle mi sporgo.
Ora mi alzo a contemplare l’indecifrabile movimento del tutto.
Ora vedo che vi preparate a lasciare il locale.
Raccogliete le vostre cose.
Attenti, state lasciando una busta.
Come so che tra un’ora sarò morta?
Le mosche sono pensieri scacciati dal paradiso.
Pensieri rifiutati, condannati a volare.
Nessuno lo sa, la scienza lo ignora.
Ora ritorno alle ucraine.
L’esperienza comune non le rende uguali.
Neppure in eguale sorte.
Non siete uguali, neppure in eguale percentile.
Ora torno al profumo, trasgressivo, indossato con desiderio.
Ora torno alla nuca, all’impercettibile pressione fra collana e collo.
Ora torno ai lobi penduli, alle parole che vorticano prima di venire inghiottite.
Ora torno alle mani, alle braccia, ai vassoi.
(Mi piace la briciola, il seme di kiwi, la goccia frizzante che schizza non vista.)
Ora torno alla ragazza che ripone libro e smartphone.
Chiedo un attimo ancora per un volo intorno alla sua figura.
Ora torno al suo ombelico.
Ora rasento il pavimento, cadono doni eccedenti.
Ora risalgo.
Esce il solitario, entrano gruppi in visita.
Ora scendo veloce.
E vi scorgo, in movimento verso l’uscita.
Vi saluto.
Vado nella direzione opposta.
Non mi farò trovare.
Mi sposto di lato, anche di poco.
Vengo verso di voi, un’ultima volta.
Cerco riparo nei contrasti di luce.
Rimango mobile, cambio direzione, non mi acquieto.
Mai.
Che la morte mi colga in volo.
Solo mi conceda un ultimo rantolo.
Al culmine che possa bisbigliare:
La mosca è l’irritazione scacciata.
Pentimento per l’incerta pietà.
Pensiero negletto.
Fastidio zizzagante.
Io sono la mosca.
CIAC
non riuscirò più a schiacciare una mosca, senza prima averle chiesto un autografo!
(testo emozionante davvero)
v
Graziano, ti sei superato!