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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

La fatica di scrivere sull’acqua (Mauro Croci)

«Domenica mattina con Maria siamo andati a visitare il Tempio del Cielo. Abbiamo percorso uno dei lunghi portici lastricati di pietra grigia cotta dall’afa. A metà del portico una signora cinese di età indefinibile, vestita in modo sobrio ma con un portamento elegante e con preziose babbucce dorate, disegnava figure umane e animali e scriveva caratteri cinesi sul pavimento.
Disegnava a due mani, con una stupefacente abilità nel tracciare sia figure simmetriche con le braccia coordinate in armonie parallele, sia figure speculari con le braccia che si muovevano in direzioni opposte. Rapidissima. Lo faceva per se stessa, come se non solo gli oggetti e le persone del mondo fisico circostante, ma anche gli spazi in cui si muoveva fossero immateriali, irrilevanti. Lo sguardo distaccato, rivolto verso un punto invisibile ad altri. Le figure erano raffinati visi di fanciulle sorridenti con i capelli al vento, pappagallini nell’atto di contendersi un verme a colpi di becco, topolini con i baffetti, maialetti grassocci, pelosi cani pechinesi. Ai disegni alternava lunghe sequenze verticali di caratteri di grandi dimensioni, mezzo metro almeno, probabilmente poesie classiche assai note, a giudicare dall’annuire di qualche colto spettatore cinese. Disegnava in doppio anche le poesie, con le due braccia sincronizzate, usando la versione più antica dei caratteri, la più difficile, di rigore nell’arte della calligrafia. Per scrivere impugnava due bastoni di circa un metro di lunghezza, che terminavano in cima con grossi pennelli di lunghe setole. Non usava inchiostro. Ciò che disegnava e scriveva scompariva in pochi minuti. Nella mia vita mia vita ho ascoltato, letto, scritto poesie. Non avevo mai visto una poesia evaporare. L’ho vista in Cina.»
p. 7-8.
Mauro Croci, I cinesi sono differenti, Brioschi, 2011.

Chiudo il libro.

Anche le scritture degli internauti svaporano subito: i post, le email, gli sms. Senza armonia. La più parte senza provocare piacere. Ma è giusto così. La scrittura duratura non esiste. Qualche citazione forse vive più di un giorno, complice un esergo o una pubblicità ben fatta.
La scrittura su internet è più cose sfuggenti: un gioco, un esercizio, un allenamento, un piacere. Espressione ed esibizione, e possibilità di condividere, sapendo che tutto svanisce sommerso dalla vorace produttività della macchina virtuale (conservato dalla tenace memoria della mente collettiva).

L’inizio della citazione (che corrisponde agli ultimi capoversi del primo capitolo del libro) sembra quasi una fine, un commiato, con qualcosa di triste. Si tratta di una descrizione puntuale. Avrei voluto semplificare la citazione, togliere qualche frase, qualche aggettivo, per renderla più essenziale. Non posso levare nulla, viceversa si perdono i rimandi interni. Ad esempio, il posto conta. Senza il portico di pietra grigia e assolata, l’acqua non avrebbe potuto essere visibile e neppure evaporare. Senza il tempio, la scrittura avrebbe perso l’aura sacrale. Se togliessi qualcosa franerebbe il brano (questa è un’immagine diversa, più occidentale forse). Senza questa citazione, la scrittura non potrebbe evaporare.

Collego lo ‘scatto fotografico’ di Croci alla posizione di Platone sulla scrittura: “la scrittura non cattura le cose importanti”. E una scrittura che si scioglie (come le frasi sulla neve), che viene cancellata dalle onde (come i messaggi sulla spiaggia), che svanisce (come le scritte sui vetri appannati), destinata ad essere lavata (come i messaggi sui cruscotti delle macchine: lavami!), manifesta la proprietà profonda (e ambivalente) della scrittura: non coglie l’essenziale, allude all’esistenza di un nucleo, ma non lo afferra, lo segnala, lo reimmette nel movimento…

Un passaggio deve essere riservato alle scritture effimere domestiche, alle guarnizioni sulle torte di compleanno (tanti auguri), di anniversario (cento di questi giorni), alle torte per festeggiare il pensionamento (ho sentito alcuni colleghi chiedere al pasticcere se poteva scrivere sulla torna: “finalmente”. Un messaggio ininterpretabile: Finalmente cosa?). Agli appunti, ai saluti su pezzi di carta strappati, alle liste della spesa, ai post-it destinati ad essere accartocciati. Addio giorni, conflitti, dichiarazioni, imperativi. Anche la scrittura relazionale è evanescente.

3 comments on “La fatica di scrivere sull’acqua (Mauro Croci)

  1. Gangadhr
    5 April 2013

    Bonjour et Fe9licitations !Votre Univers est somptueux ! Vous avez suivi votre Instinct Vous avez ose9 et, c’est Extraordinaire de Ve9rite9, de Since9rite9, de Beaute9 d’Originalite9 Vous venez de chnaegr ma fae7on de Vivre ! Certes, j’ai ose9 quelques caisses, palettes de chantier En re9alite9, mon stock se trouve dans les 2 chambres, aussi, je dors dans le salon !! Merci du plus profond du coeur ! (Tiens nous avons le meame bureau !). A tre8s bientf4t. Vi

  2. mainograz
    30 December 2011

    Ciao Vittorio,
    i tuoi commenti sono post.
    Posso pubblicarti come ospite della settimana?

    Un caro saluto
    Graziano:-)

  3. vittorio
    30 December 2011

    grazie Mauro, perchè questo post ha dato ‘dignità’ (non credo sia la parola giusta…ed un giorno dovremo occuparci anche delle parole approssimative, quelle che compaiono per indicare qualcosa e per trasportare un significato, ma sapendo già di essere, per dichiarazione di chi le utilizza, parole imprecise, non a fuoco, vicine al significato giusto ma non coincidenti….e non potrebbe essere questo un tratto invece sostanziale?!…mmmm…) alle scritture effimere, domestiche e professionali!
    Al di là del contenuto, credo sia importante anche la superficie materiale in cui tali scritture si depositano, si adagiano, si riposano per un po’, per poi andare chissà dove (forse in altre superfici istituzionalmente più stabili…dal foglietto accartocciato in tasca al progetto di gara d’appalto….). Mettendomi dentro il post di Mauro Croci, scopro che io preferisco supporti che condividano la stessa precarietà (biglietti di autobus o di parcheggio usati, scatole di cartoncino smontate, calendari passati tagliati, scontrini, …), possano essere contenuti in tasca, dentro agende, dentro quaderni…oppure incollati su fogli più grandi, a costituire un mosaico di precarietà, dai tratti colorati più diversi (bic, tratto pen, pennarello indelebile, matita….). Interessante il fatto che quando dall’effimero supporto i contenuti passano ad un bel documento word, me ne scordo (o meglio, la loro importanza tende a sbiadire ed opacizzarsi, come se perdessero quell’intensità del pensiero fissato nel momento in cui compare ed in cui teme anche di scomparire..).
    Ma la cosa per cui sono conosciuto nel mio ambiente di vita, personale e professionale, è la scrittura sulle mani: sul dorso della mano sinistra, tra il pollice ed il polso, solitamente scrivo la cose che ho maggior timore mi sfuggano. Appuntamenti presi camminando, pensieri, cose da fare, persone da chiamare….tutte cose che si accendono, si fissano sul mio corpo per svanire poi velocemente con una lavata. Anche se a volte permangono, come ombre di inchiostri difficilmente eliminabili (se non con spugnette ruvide e detersivo) o perchè non ho fatto (o trasferito) cià che è scritto. Problemi di memoria, è la prima e condivisibile ragione. Confusione rispetto al significato di ‘palmare’. Abitudine infantile. La spiego in tanti modi. Me la spiegano in tanti modi. A volte parlo di tatuaggi temporanei, contrapposti all’ineliminabilità dei tatuaggi, alla loro valenza simbolica ed ai segni identitari che essi trasportano. Nel mio caso, l’intensità del pensiero e dell’azione nella relazione diventa esperienza percettiva prima/oltre che cognitiva. Oppure?

    vittorio

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