Identità di chi? Di quali soggetti parliamo?

Photo by Jackod (2010)
Parliamo di identità: ma a quali soggetti intendiamo riferirci?
A quali condizioni assimiliamo individui, gruppi, organizzazioni, istituzioni, comunità, società, culture e affrontiamo il tema dell’identità come egualmente pertinente per i diversi soggetti che di volta in volta consideriamo?
- Secondo Czarniawska (2000) si può parlare di identità a proposito di individui, e anche nel considere organizzazioni o collettività, reti, comunità, società intere. Tematizzare la questione dell’identità significa interrogarsi sul ‘soggetto’ (individuo, gruppo, organizzazione, …), sulle sue caratteristiche e sulle sue risorse. Il dibattito sull’identità affronta dunque la questione dello statuto del soggetto e le sue possibilità di azione in relazione alle due altre grandi istituzioni della modernità: lo stato e il mercato. L’identità è un costrutto esplicativo che sembra funzionare sia che si tratti di individui, di organizzazioni o di sistemi collettivi, grazie la sua capacità di cogliere l’agglomerato fondante ma riconfigurabile che distingue e rende riconoscibili i soggetti.
- Secondo Melucci (2001) di volta in volta è necessario collocare il discorso, sfoltendo gli elementi di ambiguità, chiarendo se ci si riferisce all’identità personale, all’identità sociale o collettiva, o all’identità culturale. In ogni caso l’identità è la via per enucleare e raccogliere gli elementi costitutivi, irrinunciabili, specifici, distintivi dei soggetti individuali o collettivi:
«[…] l’identità si configura sempre più come un campo piuttosto che come una realtà essenziale, come un sistema di coordinate o di vettori di significato, definito da possibilità e limiti che possono essere riconosciuti: sistema e processo ad un tempo, a seconda che si metta l’accento sull’insieme delle relazioni che strutturano il campo o sulle variazioni di quel medesimo campo» (Melucci, 2001, p. 120).
- Anche secondo Hatch e Schultz (2004) l’applicazione del concetto di identità alle organizzazioni è motivato dal valore metaforico, si tratta infatti di un costrutto interpretativo, e l’estensibilità dipende da chi utilizza il costrutto più che dalla natura degli oggetti. In ogni caso Hacht e Schultz (2004) assumono una prospettiva ‘realista’ sottolineando come membri di organizzazioni riportino esperienze di percezione di identità di gruppo ed organizzative, di come cioè sia possibile parlare di un ‘noi’ allo stesso modo in cui si parla di un ‘io’.
Nei prossimi giorni ritornerò sul tema dell’identità riprendendo i commenti che Alberto Ponza, Fabio Fedrigo e Vittorio Ondedei hanno fatto considerando il post Identità: due domande, tre ipotesi, un’oscillazione.
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Riferimenti bibliografici
Czarniawska B., Narrare l’organizzazione. La costruzione dell’identità istituzionale, Edizioni di Comunità, Torino, 2000 (ed. or. 1997).
Hatch M.J. e Schultz (ed.), Organizational Identity: A Reader (Oxford Management Readers), 2004.
Melucci A., “Identità”, in Melucci A. (a cura di), Parole chiave. Per un nuovo lessico delle scienze sociali, Carocci, Roma, 2001, pp. 119- 128.
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l’identità è ritrovare quella stessa cosa, lì dove l’hai lasciata o l’hai incontrata, dopo che hai dormito.
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