Scrivo queste brevi note per non lasciarmi sfuggire le idee emerse da un laboratorio sull’uso dell’email. Idee nate lavorando con le responsabili della segreteria organizzativa e amministrativa di un network di rappresentanza e di un consorzio sociale.
Un primo aspetto, che ci sembra non dover dare per scontato, riguarda il variare delle tipologie di email e degli stili di scrittura in relazione sia alle caratteristiche dell’organizzazione, sia alle funzioni e alle attività del sottosistema in cui si opera. Detto altrimenti:
Nel laboratorio abbiamo fatto una ricognizione delle tipologie di email che vengono prodotte. Ci siamo concentrati su tre tipologie di email e relative sottotipologie.
Una prima categoria di email viene prodotta per trasmettere o ritrasmettere informazioni che vengono prodotte dall’organizzazione. Si tratta di un lavoro organizzativo nel senso attivo (e non meramente descrittivo) del termine: un lavoro che costruisce l’organizzazione di… secondo livello, fatta di organizzazioni, un organizzazione che raccorda e orienta organizzazioni aggregate.
Le informazioni potrebbero essere sparate così – al volo -, senza costrutto, senza pensiero, senza desiderio… oppure no. Le informazioni possono essere messe in circolo con cura (content curation), ponendo attenzione alle esigenze dei destinatari, confezionandole in modo che siano facilmente decifrabili, facilitando la ponderazione della rilevanza, consentendo di poterle elaborare rapidamente, di rilanciarle, ricollocarle, utilizzarle con appropriatezza.
Le email circolari sono email ufficiali, il che non significa debbano essere ampollose o auliche, meglio stile formale semplice e piano, ad anticipare e rafforzare la rilevanza informativa per il sistema organizzativo.
E quando si tratta di email di convocazione di un incontro di lavoro o una riunione, non devono mancare:, motivo dell’incontro, evidenza delle persone invitate, argomenti all’ordine del giorno, luogo, data, ora (di inizio e di fine) dell’incontro, richiesta di riscontro e firma di chi convoca.
Per questo se inoltro dev’essere, non manchi una sintesi di introduzione, che faciliti la decisione di aprire l’allegato o di collegarsi al link. Il rilancio meccanico per contro viene interpretato come un disimpegno e non come l’assunzione di responsabilità promozionale. In fondo da una segreteria ci si aspetta il vaglio di ciò che arriva e il rilancio mirato, che aiuti a considerare se approfondire o passare oltre. Il semplice ‘inoltra’ (‘condividi’ nel caso dei social network) potrebbe essere un comportamento avvertito come disimpegno più che come rinforzo…
Ci sono poi email apparentemente semplici. Si tratta di rilanciare bandi, convegni, iniziative, notizie… In genere ce la caviamo con un inoltro. [Succede qualcosa di analogo quando si rilanciano i post su Facebook, Linkedin o Twitter: un clic e via, per scoprire poi che quelli più letti sono quelli accompagnati da un commento che offre una nostra personale inquadratura di senso, commento che funziona da appiglio, da aggancio. Commento che fornisce una sintesi che fa nostro quello che proponiamo agli altri non solo rilanciandolo ma conferendogli una sorta di legittimità di supporto.]
Le email di richiesta non sono facili da scrivere. Quelle di sollecito ancora meno.
Le email di richiesta esigono la compiuta esplicitazione del motivo e la presentazione degli effetti a cui si mira. E in generale quello che aiuta a costruire una ‘alleanza operativa’, che motiva a non trascurare l’attività che viene sollecitata, è utile. Il lettore capirà che facciamo sul serio, che abbiamo chiaro che stiamo chiedendo un lavoro (piccolo o grande che sia), ma che ci siamo preoccupati di contenere gli affetti sgraditi minimizzando le attività da compiere. Insomma da parte nostra c’è la consapevolezza di quel che si sta facendo e la massima cura nell’essere misurati. Stiamo varcando la soglia dello spazio-tempo altrui: qui l’autocontrollo è tutto.
Ci sono poi le email di sollecito: ci è parso essenziale (e abbiamo provato a verificarlo esaminando alcune email inviate e ricevute) che il sollecito sia circostanziato, motivato, graduale. Non sappiamo in quali condizioni si trovino o stiamo operando i nostri interlocutori. Per parte nostra siamo legittimati a sollecitare una qualche azione, ma ciò non ci autorizza né ad essere approssimativi, né supponenti. Può aiutare invece una tecnica che miscela spirito preventivo e spirito diplomatico: prima di arrivare ai solleciti e alla classica escalation in tre fasi, si potrebbe inviare una email di pre-avviso della richiesta che seguirà, e inviare poi una email con la richiesta vera e propria, nella quale viene indicato un termine per la consegna di quanto richiesto, e prima della scadenza lanciare una terza email di promemoria. In sintesi si potrebbe passare da avviso + sollecito1 + sollecito2 + sollecito3 ad una schema di richiesta strutturato così: pre-avviso (allerta) + richiesta con termine (call) + promemoria (recall), solo dopo partirebbero i soli solleciti mirati. Servirebbe una prova e qualche dato quantitativo a supporto della seconda opzione. In ogni caso aiuta la relazione e l’operatività chiudere con la disponibilità a fornire informazioni e supporto.
Si scrivono email diverse, che mirano a produrre effetti definiti, e per questo non ci si può affidare agli automatismi. Non basta classificare le email da rilanciare o quelle da preparare, infilandole in una scatola (mentale), per risolvere il problema della loro efficacia. Una qualche connessione localizzata è necessaria. Se non ci si ferma un attimo e non ci si chiede: “Cosa sto facendo? Cosa intendo fare?” partono email poco capaci di ‘bucare lo schermo’, mail che finiscono per sovraccaricare le caselle di posta di tanti destinatari [Ah, ci siamo detti, se questa accortezza ci accompagnasse, magari il numero di email in circolazione non diminuirebbe drasticamente, ma almeno la loro qualità – e gli effetti ricercati – sarebbero migliori].
Abbiamo poi considerato due regole che ci sembra possano facilitare la fruizione delle email da parte di chi le riceve (in effetti la quantità delle email in circolazione è in crescita, se non curiamo la pertinenza e la qualità, il rumore di fondo potrebbe travolgerci).
Da ultimo, esaminando le email più difficili, scomposte, irritanti, quelle che ‘hanno fatto storia’ nelle nostre caselle di posta, abbiamo rintracciato due costanti:
Per questo conviene non dimenticare che sensibilità e suscettibilità sono due costrutti indissolubilmente legati e inversamente proporzionali.
segnato!
però wordpress mi ha mangiato il commento precedente a questo! o no? e dove è? e dove è andato? …..
e grazie!
v
La posta elettronica è il mio strumento comunicativo preferito, perchè mette insieme il contatto diretto (individuale o plurimo) + la discrezione (a differenza dello squillare che appare in ogni momento che gli pare, esigendo attenzione) + la possibilità di rimandare nel tempo la risposta (per pensare meglio, per chiedere, per acquisire informazioni) + la possibilità di operare nell’ambito della comunicazione, in tutte le sue sfumature retoriche, ma nel contenimento offerto dalla parola scritta (niente espressioni del viso o toni dissociati, ma parole scelte e messe in sequenza….) + la possibilità di descrivere, raccontare …e di fare battute, gesti verbali ironici, piccole rotture del quadro atteso, che magari possono diventare aperture.
Senza scrollare. Uau. Magari domani. Oggi no, non scrollo.
(ps: nel mio dialetto, scrollare (sgrullè) è agitare per far cadere. Un albero di noci o la tovagli dopo pranzo. Ci ho provato con le mail. Le mando su e giù velocemente. Niente. Le parole se ne stanno tranquille ed appese al loro posto. L’ambiente digitale è così tanto igienico!!
v
Sei un genio!
Metti in agenda il 15 novembre 2012…
PS
Mi ricordo un verso di una poesia del mio prof. del liceo: “non scrollarmi dalla tua fiducia…”.
La cerco e la trascrivo.
segnato!!
e ne approfitto anche per una domanda che mi era venuta poi è sfuggita e poi e tornata (una domanda migratoria, evidentemente). Sensibilità e suscettibilità sono direttamente proporzionali o inversamente proporzionali, come scrivi? Più uno è sensibile, più uno è suscettibile! oppure meno uno è sensibile e più è suscettibile?
mi sono impuntato su questa notazione perchè, come tutte le scritture, anche una mail fa trasparire (come un foglio di carta velina o nebbia padana o fumo di graticola o mantello di odalisca….) l’immagine di chi scrive ed il tono, la costruzione sintattica, la scelta delle parole, l’utilizzo di espressioni fàtiche…danno densità a questa figura…disegnano le sue sopracciglia ed il loro movimento significante…ci fanno sentire la voce, le inflessioni, l’intrecciarsi degli sguardi….e così lego la suscettibilità ad una accesa sensibilità, identica a quella che la persona avrebbe in situazioni ‘corporeizzate’, con l’aggiunta che qui il fumus accresce ansia, tensione, insicurezza.
Scompaio in un battimano digitale prodotto dal ripetuto ticchettìo del tasto ‘alt’……alt alt alt alt alt alt alt….ed invece io me ne vado via!!
v
Parliamone.
La qaestio tiene due corni (ed subcorni annessi):
a) al crescere della sensibilità dello/a scrivente diminuisce (viene gestita) la suscettibilità di colui o colei (o coloro) che leggono?
– a1) la sensibilità tattile-olfattivo-prefigurativa di chi emailizza di qua e di là è una forma di preveggenza rispetto a come verrà accolto il nostro messaggio?
b) la sensibilità ci fa più suscettibili o più… sensibili?
b1) la sensibilità è una metacapacità che ci consente di metterci in contatto con le nostre idiosincratiche suscettibilità?
Non lo so, ma senza saluto è dura cominciare.
E, una volta, non molto tempo fa, in un gruppo che ragionava di stress-lavoro-correlato c’era una collega che diceva: “Ma lo sa che il nostro responsabile al mattino non vuole vedere nessuno, e quando arriva non saluta nessuno? Come si fa a lavorare così!
Se tanto mi dà tanto…
;-) Graziano
Ma un contesto che può legittimare l’esistenza di comportamenti ‘apparentemente’ privi di senso (non salutare, non voler ricevere, mandare mail come quella che ho ricevuto ieri sera, prive di formule di gradualità ed aggressive dalla prima all’ultima riga, ecc….) non è un contesto che poi di quei comportamenti ha bisogno per permanere? cioè, non è la solita disfunzionalità funzionale, per cui l’inceppo (che non a caso si ripete con regolarità) diventa strutturale, cioè un elemento positivo, benchè venga percepito negativo da chi lo vive direttamente?
le domande del venerdì pomeriggio sono sempre velate di consapevolezza malinconica che non vuole dichiarare apertamente il proprio sconforto….
v
Che telepatia! Questo post mi é arrivato un secondo dopo che avevo inviato alcune mail per, diciamo così, ‘incalzare’ alcuni prospect a prendere una decisione… o almeno a darmi una risposta. Mai come in questo momento di crisi é importante saper limare e contenere alcune emozioni e trovare un linguaggio diplomatico, ma chiaro. Grazie dei ‘tips’.
Maria Teresa
Ciao Maria Teresa (prima o poi ci incontreremo di persona?-)
Vero! La crisi induce modi incalzanti, cambia la nostra percezione del tempo, ci spazzientisce, ci impazzientisce.
Il prossimo post prova a dire qualcosa di Twitter, ma prima… ci sarà qualcosa sulla conciliazione;-)
Graziano