Come detto in precedenza (Unizombie 1, Unizombie 2, Unizombie 3) la tecnologia, finalmente, ha conquistato il mondo universitario, anche grazie ai suoi componenti non secondari: gli studenti.
Tenersi in costante contatto e lavorare insieme sono due aspetti di grande importanza per uno studente universitario connesso, che – sfruttando anche la voglia di essere “al passo coi tempi” – riesce a “vivere l’università” comodamente da casa o in altri luoghi grazie all’utilizzo di smartphone, portatili e tablet.
L’esigenza di connessioni da remoto è emersa in maniera evidente durante il corso di Psicosociologia dei gruppi e delle organizzazioni, nell’ambito del quale, gli studenti, dovendo lavorare in gruppo per sviluppare un progetto di ricerca, con tempi relativamente brevi (da marzo a maggio 2012), hanno dovuto organizzarsi in modo tale da rimanere in contatto anche al di fuori delle “mura dell’università”.
È proprio grazie a questa particolare impostazione del lavoro che gli studenti hanno dovuto trovare modalità organizzative che consentissero loro di essere reperibili per il proprio gruppo.
Oltre ai sempre fedeli SMS via telefono cellulare, ecco spuntare i gruppi riservati in Facebook e le chiamate via Skype, mezzi esaltati soprattutto per la funzionalità collegata alla disponibilità immediata (sono pochi ormai gli studenti che non sono in possesso di un account Facebook). Dropbox, utilissimo per la condivisione di file (anche di grandi dimensioni in quanto spesso è stato necessario condividere col gruppo file contenenti interviste piuttosto pesanti) e le “classiche” email sempre utili per la comunicazione a distanza.
Sin qui una rapida ricognizione dei software utilizzati per lavorare in gruppo.
Di gruppi – nell’ambito dell’insegnamento di Psicosociologia 2012 – se ne sono costituiti nove. Nove gruppi composti da otto-dieci persone, con un comune obiettivo di ricerca, hanno però affrontato il problema della comunicazione e della collaborazione interna con modalità diverse; cerchiamo di capire come si sono mossi e perché.
Innanzitutto si potrebbe dare per scontata l’iscrizione a Facebook ma in realtà è risultato sorprendente il fatto che alcuni studenti siano stati “costretti” per l’occasione ad iscriversi al social network. All’inizio del corso, una volta ottenuta la disponibilità dei componenti dei gruppi, sono stati creati i vari “gruppi chiusi su Facebook” i quali hanno avuto il pregio di racchiudere all’interno delle bacheche Fb tutte le conversazioni avvenute tra i membri (sia con l’utilizzo della chat sia senza) in modo tale che nessun membro rischiasse di perdere qualche parte del lavoro. In alcuni casi i gruppi chiusi di Fb hanno anche facilitato la condivisione di documenti di piccole dimensioni grazie ad un’opzione che consente di caricare file. Questa modalità di lavoro è stata di gran lunga la più apprezzata in quanto riusciva ad unire la funzionalità con l’aspetto ludico offerto dal social network ed inoltre l’impressione è che tra i giovani sia maggiormente controllato il profilo Facebook rispetto alla casella email. Non tutti però risultavano puntualmente presenti su tali gruppi e pertanto spesso bisognava sollecitare o addirittura trasmettere l’informazione grazie al caro e vecchio sms o in alcuni casi direttamente tramite conversazioni telefoniche.
I gruppi chiusi di Facebook però consentono un’efficace trasmissione delle informazioni e scambi mirati solo se i membri del gruppo sono online contemporaneamente o comunque entro un lasso di tempo molto breve. In mancanza di questa condizione il lavoro finisce per essere portato avanti puntualmente solo da poche persone, pertanto, spesso, soprattutto in concomitanza con le scadenze, il lavoro online veniva sostituito dal lavoro dal vivo il quale, per definizione, permette l’interazione faccia a faccia e la contemporaneità.
Inoltre abbiamo notato che i gruppi chiusi di Facebook o comunque i mezzi telematici venivano utilizzati per la risoluzione degli “scazzi” e dei contrasti. Servirebbero dei dati (mentre qui siamo a livello di impressioni), ma forse una certa distanza mediata dalle tecnologie consentiva di trattare questioni potenzialmente conflittuali con un coinvolgimento relativo. Da un certo punto di vista si potrebbe pensare che la scrittura a distanza e la piazza riservata (gruppo chiuso) consente il trattamento delle divergenze.
Rimane il fatto che la supremazia di Facebook sembra aver consentito scambi operativi fluidi, in particolare dell’informazioni, sostituendo le email e gli sms.
In alternativa sono stati utilizzati in maniera minore Skype e Dropbox anche se quest’ultimo solo per la condivisione di file utili allo svolgimento del lavoro.
Una reperibilità e un’invasività così “imponente” come quella avvertita da molti a proposito dell’utilizzo di Facebook può ovviamente infastidire chi è coinvolto, in quanto si ritrova ad essere costretto a lavorare al progetto anche durante il suo tempo libero sentendo così invasi i propri spazi e la propria privacy. In effetti si sono manifestati malcontento e stress. I fraintendimenti erano all’ordine del giorno anche perché non sempre vi è stato il tempo per approfondire la conoscenza tra i membri e spesso lavorare tra estranei non è facile, anche per il mancato utilizzo di un linguaggio comune. Inoltre la scarsa partecipazione (online) di alcuni membri costringeva i gruppi a doversi incontrare dal vivo rendendo così inutili le tecnologie anche se questo “approccio” non necessariamente riusciva ad aumentare il coinvolgimento di alcuni i membri.
In conclusione le tecnologie hanno facilitato il lavoro e la comunicazione ma…
Al lettore le ardue sentenze (e il racconto di altre esperienze, ed altre domande per ampliare la discussione).
Fabio Lanzani, Pietro Marinelli, Valentina Marchesani, Marta Mangiarulo,
Monica Maggio, Stefano Ferrinda, Stefano Chirico,
Gianluca Suanno.
Post precedenti
Unizombie 1/7 – Comportamenti digitali e formazione
Unizombie 2/7 – Tecnologie digitali a Psicosociologia 2012
Unisombie 3/7 – Le tecnologie digitali nella mente del docente
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