Alle questioni sollevate durante l’incontro e presentate nel post Uno sguardo d’insieme, si è provato a dare una risposta da diversi punti di vista.
In primo luogo dal mondo delle imprese, rappresentato da Giacomo Archi, presidente e amministratore delegato di Henkel Italia e da Alberto Bauli, consigliere Centromarca e presidente di Bauli.
Le imprese italiane stanno portando il peso della crisi che grava sul nostro paese, ma, come sottolineato dal presidente di Bauli: “non c’era altra via d’uscita, (…) bisogna sanare il debito pubblico per ridare credibilità all’Italia nei mercati esteri e, in secondo luogo, le banche devono erogare crediti solo a clienti solventi per non intaccare la solidità del sistema bancario stesso. Quindi il piano di stabilità, varato dall’attuale governo tecnico, seppur duro nelle misure adottate, è necessario per garantire una possibile ripresa”.
Le imprese nazionali dovrebbero cambiare l’impostazione della politica industriale che, messa in discussione con la globalizzazione, richiede un nuovo slancio.
Le piccole e medie imprese hanno, quindi, davanti ai loro occhi la crisi ma anche molteplici opportunità offerte dal passaggio dal mercato locale a quello globale. Sta a loro cogliere l’occasione.
Sulla stessa linea di pensiero l’intervento di Giacomo Archi.
Il presidente e amministratore delegato di Henkel Italia, ha affermato che “l’Italia è migliorata notevolmente. Con il Governo Monti, ha riacquistato la credibilità perduta in Europa ma, in chiave economica, il risultato numerico non è ancora confortante”.
Le imprese italiane si stanno impegnando molto per risollevarsi dalla crisi ma, spesso, valutano il consumatore secondo un approccio di “reddito disponibile”.
La soglia di povertà si è notevolmente abbassata negli ultimi quattro anni e per le imprese la solidarietà e l’impegno sociale restano comportamenti straordinari, anche se i consumatori sembrano essere sempre più attenti ed interessati alle dimensioni della responsabilità sociale di impresa .
Le imprese, quindi, non muovono particolari critiche al Governo Monti, non vedono altra via d’uscita. L’aumento dell’Iva penalizza molto le aziende nazionali ma queste misure sono necessarie per salvare il nostro paese dal tracollo e dal fallimento.
Più critica la posizione di Luigi Bordoni, presidente di Centromarca (l’associazione italiana delle industrie di marca). Bordoni sottolinea che la legge di stabilità del governo “è tesa a stabilizzare i conti pubblici ma, il pacchetto di misure approvato, sarà negativo per tutte le famiglie”.
“L’aumento dell’Iva determinerà un’ulteriore perdita del potere d’acquisto delle famiglie e contribuirà a frenare i consumi, con inevitabili ripercussioni sull’occupazione, sugli investimenti in comunicazione, sull’attività di ricerca e sviluppo”.
Il nostro andamento dei consumi è in recessione del 5%, che sale al 10% nel caso del settore dell’abbigliamento, del 10/20% per i beni durevoli e tocca per la prima volta anche il settore alimentare che, con l’aumento dell’iva, si contrarrà del 3%. Perciò pensare di superare la crisi con interventi che soffocano le famiglie italiane e il mercato interno non sembra soddisfare il desiderio di ripresa del paese.
Dal punto di vista dei consumatori, Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, sottolinea come a ridursi non siano stati solo i livelli di spesa ma anche la qualità.
L’impoverimento delle famiglie italiane ha generato un parallelo impoverimento qualitativo dei consumi “con il loro reddito le famiglie fanno acquisti polarizzati, o di altissimo livello o di bassissima qualità”.
La via di mezzo è scomparsa, gli spot insegnano a fare attenzione al prezzo ignorando, spesso, la qualità dei prodotti venduti. Si assiste anche ad un impoverimento del gusto.
“Tra i consumatori sono in calo i reclami, mentre aumentano le richieste di informazione” sottolinea Dona. Le persone rassegnate non protestano più ma si informano, segno di volontà di ripresa e di interesse.
I consumi, però, spesso risultano “schizofrenici”, si risparmia sugli alimentari ma aumentano i consumi esagerati, rimarcando la mancanza di informazione adeguata da parte dei consumatori e la mancanza di congiunzione tra imprese e consumatori stessi.
Molti prodotti, spesso inutili, vengono acquistati on line; il segretario dell’Unione Consumatori sostiene che “la qualità dei prodotti acquistati è in calo. Oggi siamo sempre più indotti a comprare marche low cost della grande distribuzione”. Siamo indotti a risparmiare sui generi alimentari, mentre compriamo prodotti superflui, non essenziali.
Dunque, dal quadro generale emerso, sia dal punto di vista delle aziende, sia da parte dei consumatori, questo è un periodo difficile, che richiede un grande impegno collettivo per garantire la sopravvivenza del nostro paese; uno sforzo significativo da parte di famiglie ed imprese per ristabilire la stabilità, minata da anni di inefficienze e sprechi della classe dirigente.
Lo sforzo richiesto dell’attuale governo tecnico risulta, perciò, impegnativo ma, nel medesimo tempo, essenziale. Tuttavia questo non deve gravare solo sulle famiglie; nella crisi bisogna sostenerle e guardare ad esse come ad una risorsa indispensabile per la ripresa nazionale.
Da un lato lo sforzo richiesto é essenziale al nostro paese, dall’altro non deve gravare solo sulle famiglie… mi pare che allora lo sforzo dovrebbe essere direzionato ad altri ambiti. Per esempio, prima di tagliare le spese in ambiti essenziali, si dovrebbero eliminare gli sprechi. E poi il cittadino dovrebbe poter avere un maggior controllo sulle spese che lo Stato fa (o dovrebbe fare) per i servizi, iniziando da una maggior trasparenza di quest’ultimo nel pubblicare i bilanci. Questo riallaccerebbe il filo interrotto tra Stato e cittadini: il cittadino paga le tasse per un bene comune, ed é giusto che possa vedere esattamente dove vanno a finire i suoi soldi e come sono stati utilizzati. Qui in Svizzera ci sono un sacco di referendum su qualsiasi cosa su cui i cittadini possano non essere d’accordo. E se un servizio pubblico spreca, apriti cielo! Ecco perché qui le tasse le paghiamo tutti. Paghiamo, ma anche riceviamo in servizi. E possiamo controllare e contestare.