Il ritorno del maestro di danza è una crime story di Henning Mankell. Herbert Molin, un anziano poliziotto in pensione che vive in una casa isolata nel nord della Svezia, viene brutalmente ucciso. Stefan Lindman, ispettore di polizia che in precedenza aveva lavorato con Herbert Molin, apprende della sua morte mentre è in congedo per malattia, in attesa di sottoporsi alla radioterapia per un tumore alla lingua. Stefan Lindman è confuso e preoccupato per la sua salute, ma anche attirato dalla vicenda che appare inspiegabile. Decide di indagare sull’omicidio dell’anziano collega nonostante operi al di fuori della sua giurisdizione. Il caso si presenta complesso, in un primo momento, insieme alla violenza, colpisce l’assenza di indizi e di movente. Ma dalle indagini cominciano ad emergere sia la militanza nazista dell’anziano collega e sia un presente neonazista intricato e inimmaginabile che investe la società svedese.
Il post considera ciò che avviene nell’undicesimo capitolo, snodo narrativo, che chiude la prima parte del romanzo. Riesaminando i propri appunti il protagonista ripercorre gli elementi essenziali della storia e condensa la massa di informazioni e di scoperte in una sintesi. Mankell ci colloca nella posizione di osservatori del protagonista, l’ispettore di polizia Stefan Lindman, che scrive per fare il punto della situazione e riordinare le scoperte che va facendo e delle quali tiene all’oscuro Giuseppe Larsson e gli altri colleghi della polizia formalmente incaricati delle indagini. Si tratta di una tecnica già utilizzata in precedenza: gli appunti vengono utilizzati per fare ordine nelle informazioni raccolte e per ricapitolarle. In questo caso, come vedremo dalle citazioni, fermarsi e scrivere è anche un modo per contenere le emozioni. Mankell infatti gioca con con i due piani narrativi: il tentativo di risolvere l’intricato assassinio che Stefan Lindman sta impropriamente affrontando e lo stato emotivo di prostrazione e di preoccupazione che a tratti lo paralizza e che forse, proprio grazie all’impegno nell’indagine riesce a controllare.
«Accese il televisore e cercò fra i canali. Scelse un vecchio western dai colori sbiaditi. […] Stefan accese la luce e cercò il suo blocnotes. Decise di fare un riassunto di quello che era successo da quando era arrivato a Sveg. Cosa era riuscito a sapere? Cercò di formulare una prima ipotesi sulla causa della morte di Herbert Molin. Lo fece in maniera semplice, come se stesse raccontando a se stesso una storia già scritta.
p. 137[…]
Rilesse con attenzione quello che aveva scritto. Girò il foglio e annotò due date: “1923 anno di nascita – 1999 anno della morte”. Poi riesaminò gli appunti che aveva preso la sera in cui era rimasto solo nell’ufficio di Giuseppe Larsson.
p. 138[…]
Stefan mise a parte il blocnotes e riempì nuovamente il bicchiere. Nel frattempo l’uomo strisciava in mezzo alle rocce era stato catturato dagli uomini a cavallo e stava per essere impiccato. Con cappio al collo, affrontava il suo destino con singolare calma. La qualità della pellicola continuava ad essere scadente.
Se le vicende della morte di Herbert Molin fossero la trama di un film, a questo punto dovrebbe succedere qualcosa, pensò Stefan. Diversamente gli spettatori si annoierebbero. Anche i poliziotti possono annoiarsi. Ma questo non significa rinunciare a dare la caccia a un criminale o a cercare una spiegazione.
Allungò la mano per riprendere il blocnotes. In quello stesso momento, il protagonista del film era riuscito a fuggire in maniera del tutto inverosimile. Stefan provò a formulare alcune ipotesi plausibili. Una, la più scontata, era che, nonostante tutto, Herbert Molin fosse stato vittima di un folle. […] L’ipotesi era poco credibile, ma doveva essere presa in considerazione.
L’altra teoria riguardava un oscuro legame fra l’omicidio e qualcosa di nascosto nel passato.
p. 139[…]
Ma esisteva una terza possibilità. […] Non quadrava. Ma doveva pur avere un padre, pensò. O forse un fratello maggiore. Ne prese nota. Elsa Berggren vive da sola, con una rendita di provenienza sconosciuta ed è una donna guardinga. Prese nuovamente nota. […]
Non riuscì ad andare più in là. Mise da parte il blocnotes. Il giorno dopo ne avrebbe parlato con Giuseppe.
p. 140
Ho volutamente lasciato alcuni passaggi che si riferiscono al film western in bianco e nero, e che Stefan (che Mankell) lascia scorrere in sottofondo. Il film è il prototipo di storia epica: l’eroe, gli antagonisti, l’intreccio, le avversità e la soluzione finale. Una storia che fa da contrappunto sia all’esperienza della malattia che ha colpito Stefan, sia alla vicenda che sta dipanando. Si tratta di uno sfondo alle emozioni che Stefan a stento domina e dello sfondo ad un omicidio che non ha la linearità del film western. Mankell si serve di un artificio retorico inserendo nel romanzo, come contrasto, una storia prototipale per rendere l’indagine e il profilo del personaggio realistici. Nella stanza di albergo, allo scorrere della storia lineare provano a tenere dietro gli appunti, la ricostruzione della storia di un omicidio, storia che può essere narrata solo parzialmente: non lineare, senza eroi, indistricabile, dalla fine ignota. Alla calma del cow-boy fa da contrappunto la confusione interiore di Stefan Lindman, sempre in procinto di cedere al travaglio emotivo che non lo sconvolge. Ma non è la sola confusione. C’è anche la confusione dell’omicidio con i suoi strascichi, con le scoperte che vanno via via accumulandosi.
La stesura degli appunti nel romanza è espediente retorico realistico: permette di provare a rimettere insieme le informazioni di cui dispone anche il lettore e di prefigurare alcune ipotesi interpretative che attiveranno nuove indagini. Gli aspetti che possiamo considerare sono i seguenti: vi sono appunti di prima mano e appunti su appunti (appunti secondi), gli appunti sono tag, marcatori che qualificano avvenimenti e informazioni, con queste tag è possibile ricostruire avvenimenti in forma di storie, facendo emergere un qualche plausibile ordine dal disordine, per poter sviluppare riflessioni e nuove ipotesi. Vediamo questi cinque passaggi uno dopo l’altro.
Spesso nelle situazioni professionali si prendono appunti in concomitanza con gli avvenimenti. L’obiettivo è fissare gli aspetti essenziali. Si tratta di appunti di prima mano, supporti per la memoria, ma questo materiale, spesso disordinato è utile se viene ripreso e riconsiderato. Spesso dai primi appunti si costruiscono nuovi appunti, più ordinati che cominciano a collegare aspetti, a fornire possibili letture interpretative, in vista di interventi o di testi meglio articolati. È quello che accade a Stefan Lindman – che blocnotes alla mano – ricostruisce le vicende cercando di identificare gli elementi salienti.
Per usare la terminologia che David Weinberger (2009) suggerisce a proposito di internet, si potrebbe dire che gli appunti mescolano dati del secondo tipo (informazioni sulla realtà), raccolti in diverse occasioni, stesi sotto l’urgenza degli avvenimenti, in una forma riutilizzabile solo parzialmente. Tra questi appunti ad esempio possiamo ricordare le note che Giuseppe Larsson, l’investigatore incaricato di condurre le indagini, conserva nel suo ufficio e mette a disposizione di Stefan Lindman. Altro esempio di appunti solo parzialmente ordinati sono le note personali di Stefan Lindman, a partire dalle quali provare a costruire spiegazioni più ordinate.
Senza appunti saremmo in difficoltà di fronte a quello che Karl Popper identifica come “…il problema di comprendere il mondo, comprendere noi stessi e la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo.” citato a pagina 87-88 in Prigogine I., Stengers I., “Ordine/disordine” in Enciclopedia, Einaudi, 1980, pp. 87-106.
I primi appunti costituiscono un insieme di conoscenze disperse, collegate più al nostro contatto con le vicende e alle occasioni alle quali si riferiscono che non a una qualche comprensione d’insieme. Non si tratta ancora di conoscenze, ma di frammenti. Riconsiderare gli appunti, e mediante essi gli avvenimenti, e riconsiderare i pensieri suscitati e le posizioni assunte, consente di sviluppare collegamenti, formulare interpretazioni, dare un ordine agli aspetti emergenti, a ciò che è stato possibile afferrare nella complessità delle situazioni.
Un modo per formulare un ordine dotato si senso è utilizzare gli appunti come materiali per sviluppare una storia. Ed è esattamente quello che fa Stefan Lindman scegliendo fra gli appunti gli elementi che gli consentono di intrecciare il filo delle esistenze dei personaggi coinvolti. L’attenzione non è sui fattori in gioco, quanto sulle biografie: chi sono gli attori che si presumeva di conoscere, come possiamo collegare le loro vicende personali? E quando la possibilità di ricostruire un disegno ordinano si interrompe, lì si apre la possibilità di formulare ipotesi che possono guidare l’azione successiva.
Se prendere appunti ne vivo (appunti primi) comporta operare una selezione quasi immediata rispetto al flusso dei discorsi che si ascoltano. Prendere meta-appunti (appunti secondi) consente di riflettere: in fondo le ipotesi che Stefan Lindman formula altro non sono che riconsiderazioni, selezioni, collegamenti. Se i primi appunti seguono il flusso dei discorsi, delle conversazioni, degli accadimenti, i secondi fissano i pensieri che emergono man mano riconsiderando le note raccolte, consentendo di fissare gli elementi che appaiono maggiormente rilevanti e di metterli in relazione. Prendere appunti secondi è una modalità per alimentare la costruzione di conoscenze.
Prigogine I., Stengers I., “Ordine/disordine” in Enciclopedia, Einaudi, 1980, pp. 87-106
Weinberger D., Elogio del disordine. Le regole del nuovo mondo digitale, BUR, 2009 (2007).
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