Apparentemente questo post nasce in risposta a due situazioni imbarazzanti, ma ripensandoci altro non è, se non promemoria rivolto a me stesso.
Queste le due situazioni.
Qualche mese fa uno studente mi ha inviato un post chiedendomi di poterlo pubblicare su Appunti di lavoro. Ho dato una scorsa rapida al testo e mi è sembrato interessante. Siccome il file si è improvvisamente chiuso, dopo averlo riaperto ho pensato di copiare tutto in un nuovo file di word. Per qualche ragione la copia ha messo in luce porzioni di testo scritte con caratteri e dimensioni diverse. Nel provare a rendere uniforme il testo ho cliccato su una frase che attivava un link a un blog. La cosa mi è sembrata strana. Così ho fatto una prova. Ho preso alcune frasi e le ho messe in Google. Ho scoperto così che diversi periodi erano integralmente copiati da siti diversi. Il testo era stato reso uniforme con aggiustamenti e connessioni, ma non riportava nessun riferimento alle fonti saccheggiate.
Negli stessi giorni mio figlio grande (terza media) mi ha chiesto una mano per rivedere un tema. Il tema sembrava una specie di vestito di arlecchino. Gli ho chiesto come aveva fatto a scriverlo e la risposta è stata: “Ho preso dei pezzi in internet e li ho collegati…”.
E così ho pensato di scrivere un post sulle differenza fra plagio, riassunto, parafrasi e citazione.
Ci sono due modi per fare un riassunto: leggere e riformulare le idee chiave di un testo oppure procedere levando il superfluo dal testo originario. Spesso quando il testo non è breve si procede sottolineando i punti salienti, poi li si riprende per formulare i concetti che insieme vanno a formare una sintesi del testo originale. Come si può notare questa modo di lavorare combina il secondo con il primo modo per ottenere come esito un riassunto. Un riassunto è un testo ordinato e succinto che coglie gli elementi salienti di un documento più ampio. Naturalmente un riassunto presenta il vantaggio non trascurabile della sintesi che condensa i punti ritenuti (da chi lo redige) più importanti.
Quando si parafrasa un brano due sono i requisiti essenziali:
La parafrasi è una riscrittura che intende rendere chiari passi intricati, fornendo un testo che nella struttura compositiva non si discosta troppo dall’originale. La parafrasi è una riformulazione esplicativa, una traduzione che mira ad aggiornare il linguaggio o ad avvicinarlo allo stile e alla sensibilità del discorso in cui la porzione parafrasata viene immessa. Come il riassunto e come la citazione, anche la parafrasi è una interpretazione. Per questo va segnalata evitando fraintendimenti (o peggio inganni), così che ci legge abbia la possibilità di cogliere il cambio di provenienza argomentativo/persuasiva e ne tenga conto nella decodifica.
Citare la fonte o il riferimento da cui si attinge non è superfluo, non si tratta (solo) di onestà (di base non è giusto far passare per nostro qualcosa di altri), si tratta (anche) di rendere identificabile un testo estrapolato dal suo contesto originario e inserito in un nuovo contesto di risignificazione. Il riferire parole altrui, l’averle scelte fra le molte, l’averle collocate in quello specifico snodo argomentativo, le fa risuonare in modo particolare, le rende dense nell’ambito del discorso che viene sviluppato. Le citazioni, con maggiore vividezza rispetto alle forme riassunto e parafrasi, immettono altre voci nel testo, danno parola, aprono alla possibilità di commentare, di discutere, di dissentire (trascurando di dire come le citazioni spezzino corpi testuali troppo compatti e contribuiscano a creare ritmo e polifonia di idee). Il diritto di servirsi del pensiero altrui, di poterlo riprendere e rilanciare, il diritto di corta citazione non esclude l’obbligo di attribuire a un autore la paternità dell’opera di cui legittimamente di serviamo.
Illustrate le tre modalità per far intervenire nei nostri discorsi le parole di altri autori, passo dalle parole ai fatti, provando a riassumere, a parafrasare e a citare alcune porzioni di testo utili ad arricchire le riflessioni che stiamo svolgendo nell’ambito del corso di Psicosociologia dei gruppi e delle organizzazioni a proposito dell’esercizio del potere e dei ruoli di autorità nelle organizzazioni.
Nel capitolo quinto sugli effetti del neoliberismo (pp.150-160), Todorov illustra le caratteristiche delle tecniche di management adottate dalle aziende. Provo a riassumerle, a tentare una parafrasi di alcuni passi e a proporre alcuni passi scelti.
Secondo Todorov (2010, pp. 150-160) le attuali tecniche di management, adottate sia dalle organizzazioni produttive private sia da quelle pubbliche per moltiplicare lo sfruttamento economico, applicano:
L’esercizio dell’autorità secondo le forme manageriali attuali ha l’effetto di produrre perdita di senso, malessere individuale e collettivo, risultati economici controproducenti per la società.
Naturalmente questo è un riassunto ‘estremo’, al limite del punto elenco. Ma credo dia l’idea delle questioni che Tzvetan Todorov tratta nel capitolo a cui mi sto riferendo. Volendo esagerare si potrebbe dire che il manager esercita un potere esecutivo autorizzato guidato da una logica economicista, senza essere una figura di autorità in grado di assumere la responsabilità dei fini del lavoro, delle scelte organizzative e dello sviluppo delle persone che da lui/lei dipendono, con effetti di malessere diffuso e non affrontabile data l’impostazione del sistema.
Rituali di controllo che creano conformità meccaniche
Parafraso le parole di Todorov (2010, p. 152): ogni lavoratore è tenuto a verificare il proprio lavoro sia conforme alle disposizioni introdotte dalla certificazioni stabilite dai vertici aziendali, dandone conto mediante report periodici. Le certificazioni poi introducono figure che hanno il compito di controllare il rispetto delle disposizioni, e periodicamente l’adesione alle norme che regolano i sistemi di certificazione viene verificata da valutatori esterni.
Misurabilità dei risultati
Una seconda modalità di controllo manageriale viene attuata mediante i sistemi di valutazione dei risultati del lavoro: le relazioni fra le persone vengono sostituiti da un lavoro individuale che non richiede contatti e interpretazioni ma la compilazione di schede di rilevazione codificate (Todorov, 2010, p. 154).
Programmazione dei modelli di pensiero
Una terza modalità di managerializzazione della vita lavorativa riguarda – parafrasando Todorov (2010, p. 156) l’utilizzo del modello della qualità totale non tanto per ridurre i lavoratori ad automi, quanto per indurli a interiorizzare le finalità dell’impresa, così da passare dalla condizione degli esecutori puntuali a soggetti capaci di iniziativa nelle più diverse situazioni, di qui l’impressione per i soggetti di essere in grado di agire responsabilmente. Si tratta di modalità di gestione che orientano i comportamenti mediante l’introduzione di linee di indirizzo e risultati.
Autodisciplina come forma di gestione manageriale
La quarta modalità che Todorov identifica nel declinare il sistema delle tecniche di manager è l’introduzione di forme di gestione mediante autodisciplina. Riprendendo le sue parole (p. 156) i vincoli costringono a comportamenti assunti volontariamente, i lavoratori sono convinti di agire nel proprio interesse, di esprimere autonomia e responsabilità. Non sono presenti figure di autorità che costringono ma i metodi che le aziende introducono si servono di consulenze, attività formative, di verifiche ispettive, premendo affinché ciascun lavoratore si autodisciplini.
Naturalmente non sono certo che le parafrasi che ho proposto siano più efficaci delle parole che Todorov usa. Anche per questo, in molti casi alcuni passi tratti dalla viva voce dell’autore riescono a cogliere i nuclei argomentativi con maggiore intensità. Anche per questo una terza modalità per introdurre la voce degli autori è la citazione diretta.
Dicevo nel riassunto sopra riportato che Todorov identifica le azioni fondamenti che i manager svolgono per conto delle imprese che li ingaggiano. Provo a ripercorrre i compiti che i manager eseguono con le stesse parole dell’autore. Dovrebbe apparire chiaro che i manager hanno responsabilità consistenti: trasmettono alle strutture produttive le volontà dei vertici imprenditoriali, promuovono una retorica del coinvolgimento, manipolano
Tecniche di management
La parola ‘management’, entrata nel vocabolario da alcuni decenni, indica in generale, l’insieme delle tecniche di organizzazione e di gestione di un’impresa, destinate a renderla più efficace. Nel mondo neoliberale di oggi, però, il termine si applica soprattutto ad alcune di queste tecniche, che orientano l’organismo in questione in un direzione ben precisa. [pp. 150-151]
1. Divisione del lavoro
L’effetto globale prodotto da questa tecnica è la meccanizzazione delle operazioni mentali: non si ha più bisogno di pensare, è sufficiente conformarsi a un rituale. La sua razionalità d’insieme diventa incomprensibile ai meri esecutori. [p. 153]
2. Risultati misurabili
De resto, a forza di compilare questionari, gli insegnanti non hanno più il tempo di occuparsi degli allievi individualmente; lo stesso vale per le infermiere nei confronti dei malati. Il contatto interpersonale è sostituito dal lavoro solitario, all’interpretazione si sostituisce la descrizione impersonale. [p. 154]
3. Programmazione esistenziale
Si compie allora un passo in avanti: non è più rilevante il saper fare degli esecutori, ma il loro saper essere; non si chiamano in causa soltanto le loro competenze, ma la loro intera personalità. La frontiera tra vita professionale e vita privata tende a dissolversi. [pp. 154-155]
[…]
Ciascuno deve in primo luogo interiorizzare gli scopi dell’impresa e, invece di limitarsi a obbedire agli ordini, essere capace di assumere iniziative per fronteggiare situazioni impreviste; in talo modo, chi lavora nell’impresa ha come l’impressione di assumersi vere responsabilità. [p. 156]
4. Economia senza fini che non siano l’accumulazione della ricchezza
Queste trasformazioni hanno una logica in un mondo caratterizzato dall’oblio dei fini – il pieno sviluppo degli uomini, una vita ricca di senso e di bellezza – e dalla sacralizzazione dei mezzi – un economia prospera, di cui nessuno chiede se si mette a disposizione della società nel modo giusto, e che riduce le imprese al mero valore quotato in borsa. p. [160]
Il fatto che abbia riassunto, parafrasato e citato Tzvetan Todorov non significa che sia completamente d’accordo con le sue argomentazioni. Riconosco la pertinenza di ragionamenti ma la realtà mi pare più complessa. Todorov ad esempio ci dice poco sulle fatiche che i manager devono sostenere per mettersi efficacemente al servizio di una volontà che li trascende (quella dell’impresa). Inoltre non segnala come i manager assumano il loro ruolo anche cercando spazi di dialettica. E in ogni caso, sulla falsariga di Michel de Certeau (2005) andrebbero rintracciati i movimenti di resistenza attiva da parte dei soggetti e dei gruppi che nelle organizzazioni sono sottoposti alle pressioni manageriali, di chi resistendo, sovvertendo e modificando le pianificazioni, contribuiscono a costruire le culture organizzative.
Non è irrilevante distinguere tra riassunto, parafrasi, citazione, tre modalità di ripresa del pensiero e della produzione altrui. Non sono certo al 100% dello schema, il tentativo è quello di proporre qualche spunto comparato e sollecitare osservazioni critiche necessarie a migliorarlo (o a modificarlo).
Riassunto | Parafrasi | Citazione | |
Effetto | Afferra il quid e spreme il succo (a volte scegliendo un motivo, uno spunto, un fra i molti richiami).Il riassunto è un intervento estremamente versatile, si presta a cogliere | Riporta esplicitando il ragionamento (seppure riarrangiato).La parafrasi permette di chiarire e restituisce un’atmosfera | Restituisce la parola, la viva voce all’autore (seppure campionata).La citazione introduce la testimonianza diretta, chiama in scena la fonte, le dà parola. |
Fonte | Ecco alcune espressioni che si possono usare: riassumo, sintetizzo, ricapitolo, ripropongo gli elementi salienti, … | Ecco alcune espressioni che esplicitano il passaggio alla parafrasi: riprendendo le parole dell’autore, parafrasando alcuni passaggi, dell’autore, … | La citazione invece deve essere introdotta tra virgolette o – se più lunga – staccando il passo dal corpo del testo, dando così rilievo ed evidenza all’immissione. |
Riassunto, parafrasi, citazione modalità mettono in campo tre diversi gradi di responsabilità di chi scrivere verso chi legge. Con il riassunto si tratta di cogliere il punto e di escludere ciò che – nella situazione – appare ridondante; con la parafrasi si mira a facilitare la comprensione di un testo alterando per chiarire; con la citazione si selezionano per il lettore uno o più passi scelti che paiono illuminanti.
In tutte e tre le soluzioni per introdurre un ospite nell’ambito del discorso e dialogare con gli apporti che costui/ei rende disponibili, è necessaria una chiarezza fondamentale: un terzo interviene fra chi scrive e chi legge. Viceversa il lettore penserà che le idee siano da attribuirsi a chi scrive.
Omettere di segnalare la presenza di un terzo, di un quarto, di un quinto interlocutore… – accaparrandosi le sue idee e/o le sue parole – è plagio.
De Certeau M, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, 2005 (1990).
Jackall R., Labirinti morali. Il mondo ambiguo dei manager, Edizioni di Comunità, 2001 (1989).
Power M., La società dei controlli. Rituali di verifica, Edizioni di Comunità, 2002 (2001).
Todorov T., I nemici intimi della democrazia, Garzanti, 2012 (2012).
Quale relazione c’è tra forme mediante le quali si prendono in prestito conoscenze (riassunto, parafrasi e citazione) e le tecniche manageriali delle quali Todorov ha descritto i lati manipolatori? Il plagio è una quinta tecnica, diffusa nelle organizzazioni (copia e incolla), tecnica volta a rendere assoluto e attuale ogni discorso. Attraverso l’“autoplagio” organizzativo si perdono le stratificazioni e le profondità storiche.
Quanto alla divisione del lavoro, al ruolo delle certificazioni, alla richiesta di perseguire obiettivi predefiniti, al tentativo di costruire rappresentazioni collettive, è possibile immaginare anche finalità non necessariamente disumanizzanti. Molto dipende da quanto nelle organizzazioni è possibile condividere il senso generale del lavoro e gli accordi operativi che traducono tale senso in azioni, quanto è consentito di partecipare alla definizione di indirizzi di comportamento, intervenire periodicamente nella revisione delle finalità e dei tracciati operativi. Dividere (e condividere) il lavoro, definire indirizzi comuni, stabilire obiettivi e sistemi sostenibili (e utili) di monitoraggio e valutazione, assegnare responsabilità non implica necessariamente un subdola alterazione della realtà. Le tecniche di gestione e i loro effetti meriterebbero di venire indagati ancora più da vicino sia per confermarne la pervasività, sia per coglierne applicazioni ed effetti sensati.
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