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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Crisi: come farvi fronte? #psicosociologia

Due gli obiettivi di questo post.
Offrire spunti propositivi (positivi, non ottimistici!) e gettare le basi per tornare a ragionare su cosa siano le crisi (1 e 2).
Questa volta a partire dalle indicazioni per farvi fronte.

screenshot

1. Jaques Attali: popular, apparently

In prima battuta gli spunti proposti da Jacques Attali (2010) sembrano muoversi sul crinale del ricettario morale, con il rischio dell’approccio olistico a problemi così vasti e complessi da non essere riconducibili a sintesi. Al di là di questa prima impressione superficiale, il tono è semmai divulgativo e accuratamente lontano dallo stile accademico. Lo sforzo di Attali è la ricerca di concretezza costruttiva.
Vediamo dunque le sette proposte (sette lezioni), per poi provare a ricavare indicazioni su cosa sia la crisi e quali aspetti Attali ha lasciato sullo sfondo (anche alla luce delle indicazioni di Weick e Sutcliffe, 2010).

1. Rispetto di sé: per prima cosa, voler vivere, non solo sopravvivere. Prendere dunque pienamente coscienza di sé, dando importanza al proprio futuro, senza avere né vergogna né disprezzo di sé. Rispettarsi e ricercare la propria ragione di vita, imponendosi un desiderio di eccellenza per il proprio corpo, per la cura di sé, del proprio aspetto e delle proprie aspirazioni. Per raggiungere questo obiettivo non ci si deve aspettare niente da nessuno; è necessario far conto su di sé per definirsi; non avere paura di fronte a una crisi, quale sia la sua natura; accettare la verità anche se non è piacevole; ma voler essere un attore, né ottimista né pessimista del proprio futuro.
2. Intensità: proiettarsi sulla lunga distanza; formarsi una visione di sé, per sé, sull’arco di vent’anni, visione da reinventare senza posa; saper valutare se un sacrificio immediato può portare benefici a lungo termine, e contemporaneamente non dimenticare che il tempo è la sola rarità, che non si vive che una sola volta e che è necessario vivere ogni istante come se fosse l’ultimo.
3. Empatia: in ogni crisi, di fronte a ogni minaccia, a ogni sconvolgimento, mettersi al posto degli altri, avversari o alleati potenziali; comprendere le loro culture, i loro modi di pensare, le loro ragioni; anticipare i loro comportamenti per identificare tutte le possibili minacce e distinguere tra gli amici e i nemici potenziali; essere affabili con gli altri, accoglierli e stringere con loro alleanze durature, praticare un altruismo interessato, mostrandosi di grande umiltà e di piena disponibilità d’animo; essere in particolare capaci di riconoscere che un nemico può avere ragione senza provare vergogna o rabbia per questo.
4. Resilienza: Identificate le differenti minacce in ragione delle differenti crisi, prepararsi a resistere – mentalmente, moralmente, fisicamente, materialmente, finanziariamente – se si concretizzano. Per farlo, pensare ad attrezzare sufficienti difese, riserve, piani alternativi, dotati e sicuri, di nuovo in ragione delle specifiche crisi.
5. Creatività: se gli attacchi continuano e si fanno strutturali, se la crisi si impianta e si iscrive in una tendenza irreversibile, è necessario imparare a trasformare gli attacchi in opportunità; fare di una mancanza una fonte di progresso, volgere a proprio vantaggio la forza avversa. Ciò esige di pensare in modo positivo, di rifiutare la rassegnazione, con coraggio e creatività pratica. Qualità che si forgiano e si allenano come i muscoli.
6. Ubiquità: se gli attacchi continuano, sempre più destabilizzanti, se non vi è possibilità alcuna di servirsene con vantaggio, prepararsi a cambiare radicalmente, imitando quelli che sanno resistere, riformulando la rappresentazione di sé per poter passare al campo dei vincitori senza perdere il rispetto di sé. Essere mobili nella propria identità, pronti ad essere ambivalenti, tra ambiguità e ubiquità.
7. Pensiero rivoluzionario: da ultimo, è necessario essere preparati, nella congiuntura estrema o in situazioni di legittima difesa, a osare il tutto per tutto, a trasgredire se stessi, ad agire contro il mondo sovvertendo le regole del gioco, pur continuando ad avere rispetto di sé. Quest’ultimo principio rinvia al primo e i sette principi formano un insieme coerente e circolare.

p. 10-12
Attali J., Sopravvivere alle crisi. Sette lezioni di vita, Fazi, 2010 (2009) [traduzione mia]

2. Crisis, any idea?

Quali domande possiamo porci, per estrarre dall’eptalogo di Attali la (sua) rappresentazione della crisi (delle crisi)?
Come si presenta la crisi per richiedere le risposte che Attali offre? O detto altrimenti, come legge le caratteristiche delle crisi Attali, per arrivare a suggerire queste sette difficilissime attitudini?

1. La crisi mina le identità.
Chi sono i soggetti chiamati ad affrontare la crisi? Gli individui? Le organizzazioni? Le istituzioni, le comunità, la società?
In più passaggi, Attali sembra implicare che il soggetto chiamato ad una azione proattiva sia l’individuo. Ma ci si può chiedere a quali condizioni le indicazioni offerte potrebbero valere per le organizzazioni.
La crisi intacca la considerazione che i soggetti hanno di sé, attacca i riferimenti identitari, indebolisce l’autostima, rende i soggetti fragili, incerti rispetto ai propri progetti progetti, esposti al rischio di attenuare la complessità delle condizioni critiche da affrontare.

2. La crisi muta, può ripresentarsi e peggiorare
La crisi non solo può essere repentina e improvvisa (di qui l’esigenza di non farsi sorprendere impreparati), ma può anche peggiorare, progredire, ripresentarsi, attaccare punti diversi del sistema. La crisi è multiforme.

3. La crisi genera sfiducia e chiusure relazionali
La crisi ostacola relazioni costruttive: i soggetti, confusi e disorientati, si ripiegano su di sé, semplificano e polarizzano le posizioni proprie o altrui (pro-contro, buono-cattivo, amico-nemico). Non solo non si riesce a considerare le ragioni dell’altro/a, ma viene meno la capacità di lavorare ad alleanze costruttive. La crisi paralizza la disponibilità relazionale, non aiuta a vedere gli interessi in gioco e induce a ritiri e chiusure.

4. La crisi consuma le risorse
La crisi è dispersiva. Intacca le riserve. Non è un momento favorevole per ripristinare le risorse, piuttosto le dissipa.

5. La crisi sidera l’immaginario
La crisi atrofizza la propensione ad immaginare, a vedere possibilità, azioni da intraprendere, soluzioni. Ottunde il desiderio di proiettarsi nel futuro, ma anche la capacità di stare in contatto con quello che ci accade intorno (mindfulness). La crisi cristallizza la creatività.

6. La crisi impedisce cambiamenti adattivi
La risposta alle crisi radicali, suggerisce Attali, sono i cambiamenti radicali. Ma le crisi non lasciano margine se non per regressioni e ripiegamenti.

7. La crisi disorganizza
La crisi è disnomica. Regole, norme, tracciati perdono la loro capacità di indirizzare e orientare. E proprio quando le risorse personali e ambientali sono erose, quando gli attacchi si moltiplicano e la capacità di rispondere affievolisce, quando non si riescono ad attivare alleanze e cambiamenti, proprio in quel momento servirebbe la capacità di ripensare l’ordine delle cose.

3. Crisis, in a psychosociological perspective

Riprendo una check-list minimale dalla voce “Crisi” curata da Florence Giust-Desprairies nel Dizionario di psicosociologia (2005, pp. 98-107).

  • La crisi è rottura, catastrofe e si manifesta come perdita delle funzionalità proprie di un sistema.
  • La crisi subdolamente si preannuncia, ma non viene ascoltata. Negli esordi è sfuggente e latente (prima).
  • La crisi esplode improvvisa, mette a soqquadro, dilaga incontenibile. Contagia e confonde (durante).
  • La crisi lascia prostrati, disorientati, privi di forze, paralizzati. Il senso è perduto, ottusa la capacità di desiderare, di sperare, di progettare (dopo).

Su un punto Attali (2010), Giust-Desprairies (2005) e – come vedremo Weick e Suttcliffe (2010) – convengono: le crisi distruggono la capacità di dare senso all’esperienza, a ciò che accade, e a ciò che potremmo fare.

4. References

Attali J., Sopravvivere alle crisi. Sette lezioni di vita, Fazi, 2010 (2009).
Day G.S., Schoemaker P.J.H., Peripheral vision. Come prestare attenzione ai segnali deboli, Isedi, 2008 (2006).
Giust-Desprairies F., “Crisi”, nel Dizionario di psicosociologia, curato da J. Barus-Michel, E. Enriquez e A. Lévy, Cortina nel 2005 (2002), pp. 98-107.
Weick K. E., Sutcliffe K. M., Governare l’inatteso. Organizzazioni capaci di affrontare le crisi con successo, Cortina, 2010 (2007).

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One comment on “Crisi: come farvi fronte? #psicosociologia

  1. Giorgio Tarabra
    22 May 2014

    L’ha ribloggato su CreaResilienza.

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