Questo post riprende e sviluppa alcune questioni affrontate in Come scrivere un abstract, in particolare tratta come costruire i brevi testi richiesti per partecipare a bandi di finanziamento, utili per dar forma a report leggibili, fondamentali come base per costruire pagine web. L’idea è quella di dare indicazioni pratiche, seguendo due approcci operativi.
Questo primo approccio parte dall’essenziale, dal poco che abbiamo a disposizione: alcune intuizioni, alcune ipotesi ancora da precisare, qualche spunto da sviluppare. Il materiale si presenta scarno (cosa che potrebbe rivelarsi un vantaggio).
Accade che si presentino due ordini di difficoltà:
Questo secondo approccio parte dall’abbondanza: prefigurazioni che vanno ripresentandosi, intuizioni e appunti messi da parte, documenti raccolti in occasioni diverse o frutto di ricerche mirate. Di fatto ci si ritrova con cartelle che contengono materiali, con folder in cui si sono – di volta in volta – infilati file o annotati link. Le idee non mancano, ma sono eccedenti e affastellate.
Anche qui, di nuovo, il punto di innesco è identificare un titolo, non importa se provvisorio, abborracciato, irrisolto: un punto di partenza è essenziale. Poi, nel corso della scrittura, si ritornerà più volte sul titolo per precisarlo, aggiustarlo, limarlo, cambiare una o l’altra parola o l’ordine delle parole.
Trovato il titolo, si entra nella complessità dei materiali, e qui tre le azioni consigliate:
Quando si vuole sintetizzare, l’abbondanza ci è nemica. Accade che le ricerche producano ridondanza di informazioni. L’eccesso di materiali richiede che ci si orienti, che si faccia una cernita, che si decida cosa esaminare e cosa scartare. Una difficoltà insidiosa è dunque l’insicurezza che ci spinge ad accumulare.
L’eccesso non aiuta e non interrompere la ricerca affannosa di ulteriori e ultimativi spunti, è un ostacolo spesso sottovalutato: più si cerca, più si trova, più tempo è richiesto per valutare i materiali, per estrarre informazioni utili. Conviene stroncare sul nascere la ricerca compulsiva disordinata (e tenerne conto per i feedback che ci dà sulla percezione di scarso controllo). Semmai è saggio considerare la possibilità di un secondo round di ricerca, più mirato a raccogliere elementi nelle aree che risultano non sufficientemente articolate.
Non vorrei dare un’impressione sbagliata. Sintetizzare non è (soltanto) una questione di metodo. Certo, nei due approcci presentati lo sviluppo di processi ordinati è un modo concreto per padroneggiare un’attività elaborativa e compositiva complessa. Ma il lavoro di sintesi è possibile a condizione che vi sia fermento di esperienze e di intenzionalità. Scrivere è un lavoro (faticoso) di organizzazione, riorganizzazione e creazione.
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