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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Si può stare bene al lavoro?

Si può stare bene al lavoro?
Da quali prospettive si può porre la domanda?
Con quali attese?

Daniela Gatti documenta il confronto in un gruppo di formazione.
Ritroviamo spunti interessanti e la possibilità di interrogarci sui presupposti del benessere lavorativo.

Il benessere al lavoro dipende esclusivamente da quanto l’impresa, la cooperativa, l’ente, il datore di lavoro fa affinché l’ambiente sia confortevole, gli strumenti adeguati, le informazioni disponibili, le compentenze valorizzate, il lavoro riconosciuto e remunerato?

Dipende anche dalla qualità delle relazioni che si sviluppano tra le persone, dalla tolleranza e dal rispetto delle soggettività, dall’impegno a creare un ambiente sufficientemente buono, dalla capacità di sviluppare relazioni interpersonali e professionali positive, da quanto i gruppi di lavoro favoriscono il dialogo e non lo scontro?

Il benessere è pressoché esclusivamente una condizione dipendente da altri (di dipendenza) o anche una condizione instabile ma condizionabile, fragile ma costruibile per effetto di impegno e di accordi espliciti?

Per parte mia non riesco a pensare al benessere senza pormi la questione della convivenza e della consapevolezza di quanto le due prospettive siano intrecciate.
E non riesco ad immaginare il benessere come esclusivo effetto ascrivibile a comportamenti delle figure di autorità.
Ma forse è meglio che raccolga le idee e scriva un post (nel quale vorrei anche accennare a come le indagini sul benessere possano essere usate come ‘clave’…).
Intanto qui trovate la sintesi di Daniela Gatti che ringrazio:-)

Dai, lascia un commento ;-)

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This entry was posted on 2 March 2015 by in Generale.

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