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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Se il gruppo ci tiene sulle spine notte e giorno

Gruppo notte e giornoPsicosociologia 2015: welcome footnotes

Se si diffonde la sharing economy allora immagino che sia possibile praticare forme sharing knowledges che abbiano analoghi presupposti condivisivi e collaborativi, di ottimizzazione e di sostenibilità, e anche di innovazione tecnologica. [In effetti nel campo ‘sharing’ c’è molto lavoro diffusivo e potrebbero non guastare timide considerazioni critiche che rendano più salde le promesse di felicità].

Ecco allora alcune avvertenze introduttive (warnings?) al corso di Psicosociologia dei Gruppi e delle Organizzazioni, edizione 2015.

Focalizzati e fluttuanti

Potrebbe non bastare (e quasi ostacolare) un’attenzione eccessiva, concentrata, irrigidita. Questo almeno quello che ho osservato in questi anni, nella conduzione del corso. La ricerca esasperata della performance potrebbe essere un ostacolo micidiale all’apprendimento, al raggiungimento del risultato e al gustarsi il percorso. E perché? Perché si impiegano (ci si aggrappa) a schemi di apprendimento trasmissivi, perché le gerarchie pre-esistenti ostacolano l’apertura, la conoscenza di nuove persone, perché si finisce per utilizzare prassi conosciute in situazioni che richiedono almeno di vagliarne l’adeguatezza.

Ma non funziona neppure l’investimento intermittente, la non curanza del mordi e fuggi, l’apericorso. E come mai? Non è un fatto etico, è un problema pratico. Poiché si formeranno un certo numero di gruppi di ricerca ai quali verrà chiesto di sviluppare una serie di ricerche conoscitive sul campo, esserci/nonesserci è un problema non da poco, un ostacolo per sé e per gli altri. Naturalmente ciò non significa che ci saranno fisiologiche assenze e che si attiveranno i dispositivi utili a mantenere il gruppo connesso e operativo, ma – è chiaro – non è a questo tipo di problemi che mi riferisco.

Insomma, per dirla in 140 caratteri, al corso di Psicosociologia dei Gruppi e delle Organizzazioni è richiesta una partecipazione attiva, non una frequenza free-rider o da social loafer. Ed è richiesto di provare a sperimentare le tre forme di focalizzazione suggerite da Daniel Goleman:

  • Focalizzarsi su di sé.
  • Focalizzarsi sugli altri/e.
  • Focalizzarsi sull’ambiente.

Intanto in che senso viene usato il termine focalizzazione:

  • Focalizzarsi su di sé comporta puntare a rimanere connessi con le proprie emozioni e con le proprie cognizioni. E nel farsi del corso non mancheranno i campi emotivi e cognitivi da attraversare.
  • Focalizzarsi sugli altri/e, almeno con due attenzioni: verso le altre persone del proprio gruppo e verso l’insieme dell’organizzazione temporanea che è il corso.
  • Focalizzarsi sull’ambiente, verso l’organizzazione-temporanea-corso e verso la situazione organizzativa che costituirà il contesto di azione dell’attività di formazione e ricerca proposta dal corso.

E potremmo poi avvicinare la nostra attenzione al gruppo considerato come entità sociale nella quale le persone che ne fanno parte sono tra loro in relazione e si percepiscono all’interno di una totalità dinamica. In che modo un gruppo potrebbe rimanere focalizzato? Probabilmente prestando attenzione all’interdipendenza fra:

  • compiti e funzioni di operativi e di realizzazione degli obiettivi produttivi,
  • dimensioni emotive consapevoli e inconsapevoli,
  • attività di cura e messa a punto del funzionamento del gruppo stesso.

Riferimenti

  • Falla W., Sirota A., “Être et faire avec les autres”, in Nouvelle Revue de Psychosociologie, 14/2012, pp.173-189.
  • Fornari F., La lezione freudiana. Per una nuova psicoanalisi. Feltrinelli, 1983.
  • Goleman D., “Il leader focalizzato”, in Harvard Business Review, dicembre 2013, pp. 18-26.
  • Keneklin C., Il gruppo in teoria e in pratica. Uno strumento per il lavoro psicologico, clinico e sociale, Cortina, Milano, 1993.

 

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