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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Casellario giudiziale e carichi pendenti: proviamo a fare chiarezza

di Maria Giovanna Salaris e Graziano Maino

In questo post vogliamo chiarire che:

  • il datore di lavoro può chiedere il certificato del casellario giudiziale solo se ci sono motivate ragioni stabilite da norme specifiche o dal contratto collettivo di lavoro (e nel caso di servizi rivolti a minori le ragioni sono stabilite dal decreto legislativo 39/2014);
  • il datore di lavoro non può richiedere il certificato dei carichi pendenti in quanto contiene informazioni che non attestano una situazione giudiziaria definita;
  • un’organizzazione non è tenuta – ma può chiedere il certificato del casellario giudiziale a volontari che lavorano in servizi rivolti a minori (e noi lo suggeriamo con convinzione).

Queste puntualizzazioni nascono da domande recentemente posteci da organizzazioni che seguiamo in qualità di componenti di organismi di vigilanza.

Normativa di riferimento

La normativa di riferimento è il Decreto del Presidente della Repubblica 313/2002 – Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti.

Cos’è il certificato del casellario giudiziale

Il certificato del casellario giudiziale, attesta la presenza di provvedimenti penali di condanna definitivi o la presenza di provvedimenti in materia civile ed amministrativa a carico della persona nei cui confronti il certificato viene richiesto.
Il certificato del casellario giudiziale viene rilasciato dalla Procura della Repubblica su richiesta dell’interessato (o della persona delegata dallo stesso), ed ha una validità di sei mesi dalla data di rilascio.

Qualsiasi Ufficio del casellario presso la Procura della Repubblica, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza della persona interessata, quindi rilascia:

  • certificato penale (art. 25, t.u. 313/2002): che contiene unicamente i provvedimenti penali di condanna definitivi;
  • certificato civile (art. 26 t.u. 313/2002): che contiene unicamente i provvedimenti relativi alla capacità della persona (interdizione giudiziale, inabilitazione, interdizione legale, amministrazione di sostegno), i provvedimenti di espulsione e i ricorsi avverso questi;
  • certificato generale (art. 24 t.u. 313/2002): che contiene i provvedimenti definitivi in materia penale, civile e amministrativa; in sostanza ricomprende, in un unico certificato, i certificati penale e civile.

Cos’è il certificato dei carichi pendenti

Il certificato dei carichi pendenti (art. 27 t.u. 313/2002) si riferisce ai procedimenti giudiziari ancora in corso, quelli cioè che non sono stati decisi e sono in fase di indagini. La persona nei confronti della quale si chiede il certificato dei carichi pendenti è, in sostanza, “in attesa di giudizio”.

Se si lavora con minori (in qualità di dipendenti)

Particolare attenzione riveste in questo ambito il d.lgs. 39/2014, che nel recepire la direttiva europea 2011/93/UE (in vigore dal 6 aprile 2014) relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, ha aggiunto al D.P.R. 313/2002 313, il comma 25-bis, prevedendo l’obbligo per i datori di lavoro privati, di richiedere certificato penale dei lavoratori che svolgano attività a stretto contatto con i minori.

I chiarimenti del Ministero della Giustizia

Al fine di sciogliere alcuni dubbi interpretativi, il Ministero della Giustizia ha pubblicato alcune note esplicative.
Il Ministero ha chiarito che l’obbligo di richiesta del casellario giudiziale da parte del datore di lavoro sorge nel momento in cui questi intenda stipulare un nuovo contratto di lavoro che comporti contatti diretti e regolari con i minori, pertanto non vi è l’obbligo di richiedere il casellario giudiziale penale per i contratti di lavoro già esistenti al momento dell’entrata in vigore della norma. Va precisato, che ad ogni nuova stipula di contratto, il datore di lavoro dovrà procedere a una nuova acquisizione del certificato, anche se si dovesse trattare dello stesso lavoratore.

Il Ministero con riferimento alla validità del certificato del casellario specifica che: “non si ravvisano argomenti né testuali, né logici, né sistematici per ritenere che il datore di lavoro abbia l’obbligo di reiterare la richiesta di certificato ogni sei mesi, ovvero alla scadenza di validità del certificato”.

Secondo una interpretazione letterale del comma 2 dell’articolo 25-bis, poiché è il datore di lavoro ad essere sanzionato per il caso di mancato adempimento all’obbligo di richiedere il certificato penale, l’ambito di operatività della disposizione riguarderebbe unicamente l’ipotesi in cui si instauri un rapporto di lavoro subordinato, restando esclusi quindi i rapporti di volontariato o le semplici forme di collaborazione, infatti in questi casi il soggetto, che si avvale dell’opera di terzi, non assume la qualità di datore di lavoro. [Art.25-bis comma 2. Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di cui all’articolo 25-bis del DPR 313/2002, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 a 15.000 euro.]

Ai sensi dell’articolo 25 bis del t.u. 313/2002 il certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro dovrà quindi contiene (unicamente) le seguenti iscrizioni:

  • condanne per i reati previsti agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale;
  • sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, ovvero l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori e la misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori.

L’onere di richiedere il casellario giudiziale sorge in capo ai datori di lavoro i quali, previo consenso rilasciato dal lavoratore, dovranno presentare alla Procura della Repubblica la richiesta.
In attesa del rilascio del certificato penale il datore di lavoro può provvedere all’assunzione utilizzando dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.
Con riferimento alla richiesta al lavoratore della produzione del certificato dei carichi pendenti, proprio per le informazioni che lo stesso riporta, questapuò considerarsi una forma di controllo preventivo sul dipendente che lo Statuto dei lavoratori vieta. L’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori recita infatti: “È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi (…) su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”.
Il certificato dei carichi pendenti, come già detto, contiene informazioni relative a procedimenti penali ancora in corso, pertanto, la sua richiesta (secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione 19012/2018), è considerata una illecita forma di controllo preventiva all’assunzione, oltre che una violazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza (art. 27 Costituzione Italiana).
Pertanto, il datore di lavoro non può chiedere al lavoratore il certificato dei carichi pendenti.

Quello che pensiamo noi

  1. Se si svolge attività di volontariato in servizi rivolti a minori. La direttiva europea 2011/93/UE e il d.lgs.39/2014 che ha recepito la direttiva hanno come obiettivo fondamentale la tutela dei minori contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale. E queste azioni possono essere commesse sia da persone retribuite che da volontari. Pertanto nelle situazioni in cui operiamo in qualità di organismi di vigilanza sosteniamo con forza l’opportunità che i Modelli 231 prevedano la richiesta del casellario giudiziale penale anche per i volontari che operano nei servizi rivolti a minori e a contatto con i minori stessi.
  2. Quanto al rinnovo del casellario giudiziale penale. Il nostro orientamento è quello di rinnovare la richiesta del casellario giudiziale una volta l’anno.
  3. Naturalmente si tratta di misure che concorrono ad aumentare l’attenzione, ma non devono essere le sole in quanto da sole non sono sufficienti ad esplicare una piena azione di tutela verso i minori (come anche il d.lgs. 231/2001 suggerisce).

 

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