di Maria Giovanna Salaris e Graziano Maino
Queste puntualizzazioni nascono da domande recentemente posteci da organizzazioni che seguiamo in qualità di componenti di organismi di vigilanza.
La normativa di riferimento è il Decreto del Presidente della Repubblica 313/2002 – Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti.
Il certificato del casellario giudiziale, attesta la presenza di provvedimenti penali di condanna definitivi o la presenza di provvedimenti in materia civile ed amministrativa a carico della persona nei cui confronti il certificato viene richiesto.
Il certificato del casellario giudiziale viene rilasciato dalla Procura della Repubblica su richiesta dell’interessato (o della persona delegata dallo stesso), ed ha una validità di sei mesi dalla data di rilascio.
Qualsiasi Ufficio del casellario presso la Procura della Repubblica, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza della persona interessata, quindi rilascia:
Il certificato dei carichi pendenti (art. 27 t.u. 313/2002) si riferisce ai procedimenti giudiziari ancora in corso, quelli cioè che non sono stati decisi e sono in fase di indagini. La persona nei confronti della quale si chiede il certificato dei carichi pendenti è, in sostanza, “in attesa di giudizio”.
Particolare attenzione riveste in questo ambito il d.lgs. 39/2014, che nel recepire la direttiva europea 2011/93/UE (in vigore dal 6 aprile 2014) relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, ha aggiunto al D.P.R. 313/2002 313, il comma 25-bis, prevedendo l’obbligo per i datori di lavoro privati, di richiedere certificato penale dei lavoratori che svolgano attività a stretto contatto con i minori.
Al fine di sciogliere alcuni dubbi interpretativi, il Ministero della Giustizia ha pubblicato alcune note esplicative.
Il Ministero ha chiarito che l’obbligo di richiesta del casellario giudiziale da parte del datore di lavoro sorge nel momento in cui questi intenda stipulare un nuovo contratto di lavoro che comporti contatti diretti e regolari con i minori, pertanto non vi è l’obbligo di richiedere il casellario giudiziale penale per i contratti di lavoro già esistenti al momento dell’entrata in vigore della norma. Va precisato, che ad ogni nuova stipula di contratto, il datore di lavoro dovrà procedere a una nuova acquisizione del certificato, anche se si dovesse trattare dello stesso lavoratore.
Il Ministero con riferimento alla validità del certificato del casellario specifica che: “non si ravvisano argomenti né testuali, né logici, né sistematici per ritenere che il datore di lavoro abbia l’obbligo di reiterare la richiesta di certificato ogni sei mesi, ovvero alla scadenza di validità del certificato”.
Secondo una interpretazione letterale del comma 2 dell’articolo 25-bis, poiché è il datore di lavoro ad essere sanzionato per il caso di mancato adempimento all’obbligo di richiedere il certificato penale, l’ambito di operatività della disposizione riguarderebbe unicamente l’ipotesi in cui si instauri un rapporto di lavoro subordinato, restando esclusi quindi i rapporti di volontariato o le semplici forme di collaborazione, infatti in questi casi il soggetto, che si avvale dell’opera di terzi, non assume la qualità di datore di lavoro. [Art.25-bis comma 2. Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di cui all’articolo 25-bis del DPR 313/2002, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 a 15.000 euro.]
Ai sensi dell’articolo 25 bis del t.u. 313/2002 il certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro dovrà quindi contiene (unicamente) le seguenti iscrizioni:
L’onere di richiedere il casellario giudiziale sorge in capo ai datori di lavoro i quali, previo consenso rilasciato dal lavoratore, dovranno presentare alla Procura della Repubblica la richiesta.
In attesa del rilascio del certificato penale il datore di lavoro può provvedere all’assunzione utilizzando dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.
Con riferimento alla richiesta al lavoratore della produzione del certificato dei carichi pendenti, proprio per le informazioni che lo stesso riporta, questapuò considerarsi una forma di controllo preventivo sul dipendente che lo Statuto dei lavoratori vieta. L’art. 8 dello Statuto dei Lavoratori recita infatti: “È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi (…) su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”.
Il certificato dei carichi pendenti, come già detto, contiene informazioni relative a procedimenti penali ancora in corso, pertanto, la sua richiesta (secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione 19012/2018), è considerata una illecita forma di controllo preventiva all’assunzione, oltre che una violazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza (art. 27 Costituzione Italiana).
Pertanto, il datore di lavoro non può chiedere al lavoratore il certificato dei carichi pendenti.
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