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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Biblioteche: e se brillassero di luce propria?

Sono per qualche giorno in una città di mare che ha una magnifica biblioteca civica con interessanti orari di apertura, varietà di salette, sedie e tavoli comodi, una buona area ristoro, bagni in ordine, wifi prestante. Il corpo centrale della biblioteca occupa la navata ristrutturata di una chiesa della metà del settecento. L’edificio è parte del complesso universitario recentemente restaurato, circondato dai bastioni che per secoli hanno protetto la città dal mare. La sera, camminando sulle murate guardo la biblioteca silenziosa e buia. Perché non c’è una tenue luce ad illuminarla dall’interno, a renderla misteriosa e attraente? Si intende – una luce a basso consumo e a tempo. Il tempo giusto per affascinare chi passeggia dopo cena, emozionato dal mare e dalla città antica…

Lavorando spesso in biblioteca noto gli infiniti pregi di questo spazio pubblico, di queste piattaforme che rendono accessibile e promuovono la conoscenza, che producono e offrono cultura, luoghi fisici e virtuali a disposizione di persone e comunità per attività innovative e a un tempo antiche (leggere, banalmente), poli diffusi di aggregazione sociale, porte spalancate sulle ricombinazioni dei saperi.

Noto anche, però, la difficoltà della promozione della biblioteca in sé. Le biblioteche sono bacheche dinamiche che rilanciano attività, iniziative, eventi organizzati in proprio o che altri propongono… ma non promuovono la propria specificità, il loro essere biblioteche in quanto biblioteche. Sospetto un lapsus organizzativo, un po’ come se le biblioteche non esprimessero il desiderio di vedere crescere il loro pubblico – fatto di una varietà di sottoinsiemi di fruitori – e dessero per assodato qualcosa che assodato non è: infatti molte persone non conoscono le biblioteche, ne hanno un’idea semplificata, stereotipata, annoiata, superata.
Si potrebbe obiettare che se è relativamente agevole rilanciare proposte culturali o formative, è sfuggente l’oggetto di marketing biblioteca in sé. Per parte mia credo sia il contrario: la biblioteca può essere l’oggetto del desiderio, ed è l’oggetto da promuovere. Nei modi più diversi. A partire dalla facilità di reperimento degli orari, non quelli ufficiali, quelli effettivi, quelli di oggi che sono qui che cerco e fatico a trovarli sul sito, per poi provare a dare valore a tutte le comodità e le opportunità che la biblioteca offre, diverse per fruitori dalle caratteristiche diverse.

Non promuovere, non valorizzare fa pensare che non si sia fatta una ricognizione per rilevare quanto si è attraenti come servizio pubblico. E non si tratta di promettere quello che non si può mantenere, ma di fare rilevare quello che concretamente viene offerto: libri (tanti, per tutti i gusti, per grandi e per piccoli), spesso musica e film, spazi di studio (e di lavoro), la possibilità di leggere il giornale, l’accesso a internet e la possibilità di navigare (in genere un computer e una stampante sono disponibili), sedie comode, tavoli comodi, poltrone e riviste da sfogliare, silenzio e tranquillità, un tempo appena più lento, uno spazio per fare due parole, svagarsi e tirare il fiato. E una qualche specificità, propria della singola biblioteca, che rende quella biblioteca (questa biblioteca dove sono adesso) un posto unico, speciale.
E non è poco.

One comment on “Biblioteche: e se brillassero di luce propria?

  1. Anto
    16 August 2019

    Mitico Graz.

Dai, lascia un commento ;-)

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