A volte l’indicativo presente può essere percepito come impositivo o ultimativo. Nulla da dire sulla chiarezza (per quanto riguarda il contenuto). Da questo punto di vista è preferibile ai barocchismi, alle arrampicate, alle tarantolate, ai roveti da districare per cogliere il senso del messaggio (orale o scritto che sia). Meglio un piano e secco indicativo a qualsiasi e-voluta di fumo.
Eppure…
Considerate la seguente mail: scritta con cura, ma – a mio giudizio – perfezionabile nella scelta del modo verbale.
[ometto le righe di apertura della mail]
La informo che ho concluso la stesura della tesina concordata.
Allego i file che compongono l’elaborato: copertina, indice, introduzione, quattro brevi capitoli, conclusioni e sitografia.
Le chiedo una correzione definitiva in vista dell’esame di settembre.
Le chiedo inoltre un incontro preliminare la prossima settimana per discutere i contenuti della tesina.
La ringrazio per la sua gentile disponibilità e nell’attesa di un suo riscontro le porgo cordiali saluti.
[segue firma e allegati]
Torno a dire che il testo è più che adeguato (anche in una prospettiva comparata: alcune mail corrono sul crinale del rigetto…), tuttavia alcuni piccoli correttivi avrebbero potuto giovare alla fluidità (relazionale) della missiva elettronica.
Prima di proseguire sgombero il campo da una possibile obiezione: «Ma dai – penserà/dirà certamente qualcuno – perché perdere tempo su particolari insignificanti… Tanto il sugo si capisce, e poi ci sono cento altre cose a cui dare attenzione!».
Di seguito alcuni argomenti per me sufficientemente motivanti il resto del post:
1. Scrivere per scrivere, tanto vale dedicare un paio di minuti in più e scrivere in modo più efficace.
2. Scrivere in modo efficace (cioè con consapevolezza) alla lunga diventa un habitus, qualcosa tra il piacere e l’attrazione a cui si deve cedere.
3. C’è uno sparuto numero di lettori/trici del blog che apprezzano questi post, la metà di questi/e li trova utili, la metà della metà, ogni tanto, lo manifesta.
4. Scrivo in preparazione del microworkshop sull’email che terrò in settembre in università Bicocca.
5. Scrivo questi post per lanciare una provocazione, e confido che qualcuno risponderà;-)
E – seguendo le orme del mitico Alessandro Manzoni – ho fatto preventivamente piazza pulita delle critiche e vengo al kernel della questione: si può/conviene evitare l’indicativo presente e usare il condizionale di cortesia? Si a volte è saggio lasciarsi sedurre dal condizionale (almeno secondo me).
Nel testo della mail i verbi all’indicativo presente, in prima persona sono sei:
– La informo
– Allego
– Le chiedo
– Le chiedo
– La ringrazio
– Le porgo
‘La informo’ ha qui una funzione di introduzione al discorso, il tono è formale (e ci può stare), forse poteva essere omesso. ‘Allego’ serve a richiamare l’attenzione ai materiali che vengono inviati con la mail. Questi primi due verbi all’indicativo servono a spiegare cosa il mittente ha fatto e sta facendo.
E come gli ultimi due verbi ‘ringrazio’ e ‘porgo’ parlano di chi compie l’azione: chi scrive informa, allega… ringrazia e saluta. I verbi esprimono azioni che collocano l’iniziatore del discorso nella relazione con il ricevente, ci dicono la posizione che da questi viene assunta.
‘Le chiedo’ invece chiama in causa il ricevente, con un piglio deciso, forse leggermente intimativo. Giocano certo la brevità delle frasi e l’effetto a ripetizione: la informo, allego, le chiedo e la saluto. Si sarebbe potuto usare il condizionale per temperare il tono: ‘Le chiederei di…’
In fondo modo indicativo ‘indica’ cosa fare, mentre il modo condizionale porta con sé l’idea che debbano esserci le condizioni per poter agire: Le chiederei (se è possibile, se non ci sono ostacoli, se conviene con me…) di rivedere il lavoro prodotto e le chiederei (se le fosse possibile rimane sottinteso) di incontrarci per discuterne. Il condizionale introduce l’idea che l’azione dell’altro è condizionata: dalla sua volontà, dalla sua disponibilità o da eventuali fattori fuori dal controllo di chi parla e anche di chi risponde.
‘Le chiederei una revisione dei materiali e un incontro per discutere i contenuti’ è una frase dal tono più soft, più interlocutorio, che, senza collocare chi scrive in una posizione di subalternità, esprime la consapevolezza che si sta chiedendo disponibilità (e mostra una certa accortezza relazionale).
PS
Nello scrivere questo post ho tenuto presente il capitolo VII del testo di Harald Weinrich, La lingua bugiarda. Possono le parole nascondere i pensieri?, Il Mulino, 2007 (ed. or. 2000).
Quanto tempo dedicato a recuperare nel discorso scritto tutti quegli elementi non verbali che restituiscono la dimensione emotiva e relazionale, nonchè, a volte, la disposizione nei confronti del mondo in generale, di chi scrive. Ore spese a cercare il “modo” giusto per comunicare con decisione ma anche cortesia e riguardo qualcosa di importante e cogente. E poi, a volte, arrivano certe e-mail che ti sp(i)azzano via come un uragano. Benvengano i microworkshop sulle e-mail…..
tra sms e twitter si corre il rischio di immaginare che la comunicazione (ed il mondo) sia in formato analogico (0 o 1, bianco o nero) ? l’uso del condizionale parebbe (!) aprire ad una paletta di milioni di colori con la quale instillare il germe del dubbio, una pratica che forse produrrà persone meno sicure di sé ma certamente un pò più attente ai modi del comunicare tra le persone… o no?
intanto sì, non smettere di alimentar, Graziano, pensieri sulle parole -anzi, sulle parole da usare.
da giracollo quel riferimento all’habitus, ‘qualcosa tra il piacere e l’attrazione a cui si deve cedere’, perchè delinea quasi un conflitto soffice, una schermaglia amorosa, fra sè e sè nell’atto dello scrivere. Ed è proprio così. A volte il gioco è talmente paludoso (come sprofondare in sabbie mobili di cioccolata fusa, tiepida….) che senti quanto sgranocchia il tempo che passa! Così ti accorgi che sei lì da ore ed avanzi nel ‘giusto modo di dire’, ma il tuo tempo è quasi finito!! Mi succede a volte con i progetti per le gare d’appalto…o per alcune mail particolarlmente complesse.
Rispetto al condizionale (o ad altre locuzioni), credo che facilitino, in chi legge, una rappresentazione mentale di chi scrive. Rivelano un sorriso, magari, un tono di voce calmo, gesti di apertura…e se di mezzo c’è anche una scelta che l’altro dovrebbe fare in base a quello che scriviamo (incontrarci, aspettarci, rispettarci, crederci, fidarsi….) è fondamentale come si costruisce questa rappresentazione, che può utilizzare soltanto le parole ed i modididire per strutturarsi…
v
Io “chiederei” sempre, oppure “le chiedo se gentilmente”. E poi “grazie x l’attenzione” non guasta mai!
Nella pubblica amministrazione non siamo abituati a questi toni soft, di cortesia. Magari è arrivato il momento di iniziare, visto che i tempi sono cambiati.
Trovo questa rubrica estremamente interessante – il DUDEN tedesco lo fa da tempo – per non fare dimenticare specialmente ai giovani che tramite i social network e la fretta di scrivere dimenticano la dimestichezza con la lingua.