Mi capita di lavorare nella biblioteca: i libri sono acceleratori di produttività (incespica invece la connessione a internet, lasciandomi combattuto tra il disappunto dell’esclusione e il gusto della solitudine operosa). Il palazzo della biblioteca è sul lato, a nord della chiesa parrocchiale, quasi sotto il campanile. I rintocchi delle agonie attraversano saturanti le sale.
Da piccolo (il telefono è arrivato, in duplex, a metà degli anni ’70) mia nonna diceva: “Suona un’agonia. Chi sarà morto?”. Andava verso la strada per fermare un conoscente e chiedere: “È suonata un’agonia, chi è morto?”. “Non so, metteranno le carte…”.
Gli antropologi avranno certamente studiato l’annuncio della morte nelle comunità. Come si dà notizia della morte delle persone importanti? La tele, i giornali, internet. Il sito aziendale? (È da agosto che il sito dell’Ordine degli assistenti sociali della Lombardia ricorda la scomparsa della vicepresidente regionale). E chi non è abbastanza importante? Facebook e un sms a catena, come gli auguri di Natale?
Quando suona l’agonia? In estrema prossimità della morte (nel pieno dell’agone), per invitare alla preghiera che sorregge e accompagna. Esaurisce l’universo delle domande una spiegazione funzionale? Forse nella cultura contadina (quando? dove?) l’agonia, segnalando una morte precisa, invitava a sospendere il lavoro per pensare all’oltreumano. Forse la campana agonica è un promemoria per non dimenticare la presenza della morte…
In biblio, il venerdì alle tre si sente la campana che ricorda la morte in croce. Il tempo settimanale è scandito con precisione. Ogni venerdì. Le agonie no. Sono inserzioni casuali nel tempo quotidiano. Può essercene una la mattina e poi un’altra in tarda mattina (e sono morte due persone). Le agonie non rispettano le routine, non si curano del ritorno ciclico, non si preoccupano delle regolarità. Sono sorprendenti. Mentre attendi ai tuoi cartigli virtuali, dilagano gravissime e distinte. Inaspettate.
Brugherio, funerale in viale Rimebranze. Sullo sfondo la chiesa parrocchiale. La foto non è databile con precisione, può essere collocata dopo gli anni '20 e prima dell'ampliamento della parrocchiale del 1939. (Archivio fotografico della Sezione Storia locale - Biblioteca Civica).
Graziano, sei proprio sorprendente. Grazie.
Mi hai ricordato due momenti:
1. il funerale del nonno Giovanni (mio papa’) e viale S. Anna
e la mia partecipazione come se lo portassimo in Paradiso.
Quel cammino verso la chiesa di S. Albino. In questi giorni poi l’ho
come pensato vicino alla nonna Orsola vivi insieme.
2. sono stata in questi giorni a Fonte Avellana.
Un tuffo nel passato e un grande tuffo nel futuro.
P. Barban ha commentato il libro “Beata Semplicità”
di Raimon Panikkar scritto ormai da 30 anni ma per
certi versi ancora attuale ma P. Barban con acume
ci ha fatto intravedere anche cose nuove. Prospettive
nuove. Giorni molto belli.
Sono andata al piccolo cimitero dei monaci, ci sono ritornata
dopo molti anni. E’ stato bello vedere un fiore sulla
tomba di un monaco morto nel 1992.
http://www.fonteavellana.it il sito dei monaci camaldolesi.
Registreranno su un cd quanto abbiamo visto
in questi giorni veramente sorprendenti.
Tutto questo forse non c’entra con l’agonia ma mi
ha fatto pensare a questo.
Ciao Martina
la campana toglie il fiato alla scrittura…per poco….poi è un ritornarci dentro fissi nell’attesa che l’ultimo dondolare finisca, facendo finta di niente, sorridendo al vicino, tossendo piano, respirando forte.
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