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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Digital Heritage (bootleg)

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Venerdì 1 febbraio 2013, le cattedre di Teoria e tecnica dei Nuovi Media e Tecnologie Didattiche e di Filosofia del diritto e Informatica giuridica dell’Università Bicocca di Milano hanno organizzato il workshop:

“Digital heritage. L’evoluzione della memoria”

Luciano Barrilà per Fai un salto ha portato un contributo dal titolo: Anche i librai fanno surf. Esercizi preparatori per affrontare l’onda digitale.

Più che un workshop quella di venerdì mi è sembrata una jam session. Celebrazioni di cambiamenti in parte avvenuti, in parte prossimi venturi, in parte solo intensamente desiderati.
Provo a ricapitolare alcuni spunti (anche del pubblico), per non dimenticarmeli.

Scuola

A casa i bambini vivono nel presente (87% delle famiglie con figli ha la connessione digitale). Andando a scuola fanno un salto nel passato. In Inghilterra tutte le scuole hanno banda larga, in Italia il 7% delle classi ha la connessione wi-fi e il 20% delle scuole ha la LIM.
Le tecnologie digitali sono un’incredibile opportunità per la scuola e la formazione.  Nei manuali scolastici ancora prevale scrittura mentre potrebbe essere un sistema di contenuti digitali multicodicali: un ambiente virtuale di apprendimento frutto della sinergia fra editori, insegnanti e web. Ma nella scuola pubblica siamo decisamente in ritardo. Tutto sarebbe facile, se solo avessimo la banda larga e meno preoccupazioni.

I nativi digitali sono capaci hanno bisogno di conoscere, mentre a scuola si lavora con modelli superati. Mancano i codici di traduzione tra lo stile di insegnamento e lo stile di apprendimento. Se la scuola non opera la transizione dall’analogico al digitale, molte cose interessanti perdono di valore.

La tecnologia caratterizzante è il digitale. Il cambiamento antropologico è già avvenuto: i nostri figli pensano digitale (vedono e costruiscono il mondo in un modo diverso dal nostro). Ma studiano ancora in analogico.

«Questa è la direzione presa nel mondo. Il futuro è già presente. Mancano però i codici di traduzione da modelli di cultura analogica a cultura digitale (e viceversa)»

Ebook

L’avvento degli ebook è meno travolgente di quanto non si tema. Ereader o tablet sono strumenti utili ma non sempre comodissimi, e non è disponibile uno standard condiviso. Ereader o tablet funzionano per la lettura per romanzi, ma non sono così efficaci per studiare.

I libri vengono progressivamente digitalizzati e rilasciati nel doppio formato. Più cresce la scelta, maggiore è l’esigenza di avere orientamento (le stelline o le classifiche potrebbero non bastare). Ebook e libri di carta convivranno: il libro digitale per commercializzare i libri economici mentre i libri di pregio verranno stampati su carta. Per questo le librerie possono avere ancora un futuro.

«Chi non sta troppo bene invece è la lettura. In Italia meno del 50% degli italiani legge un libro all’anno»

Morte

Siamo già nel digitale, l’analogico è morto. Il presente è un treno in corsa, una rivoluzione inavvertita.

La tecnologia coevolve con l’uso, realise nuove, modelli di progettazione interattivi, molti componenti tecnologici sono già presenti e si possono ‘assiemare’. I comportamenti degli utilizzatori mutano in relazione alla tecnologia mutante, la tecnologia genera se stessa e non possiamo controllarla.

Twitter è invenzione paragonabile alla posta elettronica. Vine permette di girare video di 6 secondi, paragonabili a gif animate. Nel 2010 ISO ha standardizzato 722 Emoji. I codici di comunicazione cambiano. Si scrive molto di più. Si comunica più spesso, più brevemente, con molta più gente (cala la posta elettronica). Prevalgono media a forma breve. E ogni anno le persone condividono il doppio delle informazioni dell’anno prima.

«Nell’infosfera abbiamo più di un problema. Come si governa? Come funziona il mercato? Come ci si adatta? Come ci si fida? Servono i selezionatori…»

Vita

Ogni tecnologia della scrittura è una tecnologia della scrittura del sé individuale e del sé sociale. Viviamo in una realtà digitalmente aumentata.

Quanto consente il digitale? Possiamo vedere il mondo digitale come paradiso terrestre: ciascuno può avere spazio, memoria, durata, presenza, sopravvivenza. Possiamo digitalizzare la nostra vita, lasciare traccia, provare a elaborare l’angoscia delle morte, il senso della nostra scomparsa: il database individuale sarà un mausoleo personale.

«Noi saremo quello che avremo lasciato come impressione. Noi saremo la nostra ombra digitale»

Correre

Le tecnologie trasformano i frame in cui siamo inseriti, cambiano la società. Noi siamo già nella tecnologia e non pensiamo indipendentemente dalle macchine digitali. Siamo soggetti a un’accumulazione imponente di dati. La proliferazione delle informazioni è una tale una massa critica che mette in difficoltà.

E le tecnologie ridefiniscono il rapporto pubblico privato. Come ci strutturano le nuove tecnologie? Come ci rapporteremo tra noi attraverso i medium digitali? Con quali vantaggi e con quali effetti? E se ci si potesse confrontare sull’uso e sugli effetti delle tecnologie digitali?

Stiamo correndo.
Conviene correre senza gli auricolari del lettore MP3 per evitare di rinunciare a pensare…

«Ricorderò che quando i bambini si entusiasmano troppo per il loro giocattolo forse bisogna distrarli…»

Luciano Barrilà, Gianluca Nicoletti, Marco Polillo, Stefano Moriggi, Paolo Ferri, Roberto Polillo

Luciano Barrilà, Gianluca Nicoletti, Marco Polillo, Stefano Moriggi, Paolo Ferri, Roberto Polillo

7 comments on “Digital Heritage (bootleg)

  1. davidevassallo
    6 February 2013

    Evoluzione della memoria è anche, forse, evoluzione del modo di concepire la memoria. Dove stiano, esattamente, i ricordi i neuroscienziati non l’hanno ancora scoperto. Hanno però scoperto molto di come si apprende, e queste conoscenze non sono ancora patrimonio comune nelle aule professori.
    Ancora prevale una visione dell’apprendimento come prevalentemente cognitivo, sequenziale e astratto (mentre ormai sappiamo che esso è emotivo-relazionale, parallelo e prassico-concreto).
    L’altro pregiudizio forte riguarda l’utilizzo delle tecnologie nel processo di apprendimento: prevale negli insegnanti una visione mutuata dai comportamentisti (che furono i primi a pensare di usare il computer a scuola) che suscita giusti sospetti, non c’è sufficiente informazione su utilizzi di tipo costruttivista.
    Poi c’è la paura di cambiare il setting: se abbandono la tradizione lezione frontale (in cui i ruoli sono chiari a tutti) dovrò affrontare modalità di relazione nuove, e chi sa se sarò capace di gestire la classe, se perderò potere?
    La realtà digitalmente aumentata descritta nel post suscita inquetudine (a me molta, assieme a senso di inadeguatezza) ma, in quanto adulti con responsabilità educative (insegnanti, educatori, genitori, dirigenti), abbiamo il dovere di provare ad attribuirgli un senso e negoziarlo con la tribù dei nativi digitali.

    • mainograz
      7 February 2013

      Ciao Davide,
      un aspetto che colpisce (ad esempio considerando Moodle) è come la tecnologia tenda a riprodurre strutture e logiche a rischio di unidirezionalità, per quanto dotate di opportunità diversificate: il docente rimane saldamente al centro dei processi di trasmissione delle conoscenze. Questa almeno la mia prima impressione.
      Non è facile mediare esigenze (legittime credo) di regia dei processi, di pianificazione, con proposte più capaci di attivare e meno ordinate. Potrebbe dipendere dalla inesperienza o dal cedere alle consuetudini (un po’ come in classe si è incapaci di costruire setting meno uniformanti), e anche in parte dagli strumenti e dalla loro estetica (gli spazi di una biblioteca, per quanto povera, mi sembrano sempre più accattivanti di un’aula spoglia).
      C’è tanto da conoscere e da sperimentare…

  2. diegofasano
    6 February 2013

    tanti spunti per discutere e rflettere. Per ora due flash: il primo da genitore che frequenta la scuola. A non essere pronta al salto tecnologico è la scuola in quanto fatta di persone. I docenti spesso non hanno alcuna formazione sull’uso della LIM, se non quella effettuata dai loro colleghi più esperti. Il risultato è che la LIM si usa al 30% delle sue potenzialità. Le infrastrutture sono la base di cui non possiamo fare a meno, ma i nostri docenti continuano a soffrire troppo di digital divide. Il secondo, da maratoneta: conviene sempre correre senza gli auricolari MP3, perché ci si concentra sui pensieri ma si sentono anche le pulsazioni del cuore, il ritmo del respiro, la cadenza del passo. Musica biologica che influenza le idee.

    • mainograz
      6 February 2013

      Ciao Diego,
      tre cose al volo:
      – Vero sulla scuola: cosa possiamo fare?
      – Sì, a volte troppi stimoli insieme generano gli omogeneizzati (chi ha voglia di mangiarli?).
      – Rilanciaci su Fb.

      Ti aspetto come ospite su Mainograz;-)

      • diegofasano
        7 February 2013

        Possiamo tornare a concepire la scuola come un luogo dove investire e non dove risparmiare. Vale a poco il processo enorme di digitalizzazione iniziato dalla pubblica amministrazione se non corrisponde, in modo direttamente proporzionale, a una logica di investimento. Ne sto scrivendo un post con cui voglio tornare a giorni su questo blog (scusandomi per la troppo prolungata assenza da articoli e commenti). Un altro post è già in cantiere anche per Mainograz, ma riguarda un aspetto che forse non tutti conoscono delle operazioni elettorali. A presto :)

      • mainograz
        7 February 2013

        Sì, Diego, un conto sono i risparmi un conto gli investimenti. È l’intenzionalità nelle scelte conta.
        Aspettiamo i tuoi post;-)
        Graziano

  3. mainograz
    6 February 2013

    Reblogged this on Mainograz and commented:
    Rilancio un post uscito su Fai un salto.
    Si ragiona, in velocità di effetti digitali.

Dai, lascia un commento ;-)

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