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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Amministratore di sostegno: responsabilità individuale, lavoro collegiale?

La legge 06/2004 ha introdotto nel codice civile italiano l’istituto dell’amministrazione di sostegno. Ha identificando una nuova figura, che  – nominata dal giudice – ha il compito di tutelare le persone in parte o completamente prive di autonomia. Il legislatore ha inteso offrire un sostegno (temporaneo o permanente) alle persone che si trovano, per ragioni diverse, in condizione di fragilità, cercando di evitare il più possibile limitazioni e compressioni della libertà personale.

L’obiettivo di questo istituto è rispondere con flessibilità alle esigenze della persona in difficoltà, adattandosi alle sue condizioni per assicurarne la tutela, riconoscere le capacità e le sfere di indipendenza, salvaguardare le risorse e il patrimonio personale. La legge stabilisce che venga nominata una figura di sostegno (amministratore) che affianchi la persona in difficoltà (beneficiario). Tale nomina richiede l’intervento di un giudice tutelare. Egli deve stabilire le sfere di azione in cui l’amministratore deve operare,  interviene a definire un progetto personalizzato, e ne verifica periodicamente la realizzazione e la rispondenza. In questo modo la legge intende assicurare un supporto per conservare e prolungare le condizioni di autonomia – anche limitate – della persona in condizioni di fragilità, ed evitare di svalutare e deprimere le capacità di agire della persona.

Prima della legge 06/2004 l’ordinamento normativo non offriva strumenti adeguati, se non il ricorso agli istituti della interdizione o della inabilitazione. La figura dell’amministratore di sostegno è stata introdotta per aiutare le persone in condizioni di debole o fragile autonomia, parzialmente o totalmente incapaci di provvedere alle proprie esigenze e ai propri interessi. Dall’entrata in vigore, diverse le esperienze – articolate e situate – si sono sviluppate e consolidate. Stiamo progressivamente uscendo dalla fase sperimentale ed entrando in una fase di pieno recepimento, non senza travagli, difficoltà, discontinuità e differenti applicazioni.

Nell’attuale fase possiamo cominciare a valutare le soluzioni adottate e immaginare innovazioni che rispondano alle difficoltà incontrate.

      Fra le criticità rilevate, viene segnalato il rischio che le persone che intervengono in qualità di amministratori di sostegno volontari, siano esposte a condizioni di solitudine, prive di supporti e della possibilità di confrontarsi sul loro intervento, sulle fatiche e sulle complessità che sono chiamate ad affrontare. Un’ipotesi che alcune associazioni di volontariato stanno esplorando riguarda la possibilità di candidare il legale rappresentante come amministratore di sostegno che per la sua carica istituzionale viene incaricato formalmente dal giudice tutelare. Sul piano operativo poi, nell’ambito della associazione, si costituisce un gruppo di volontari preparati, con competenze ed esperienze diverse,  impegnati ad intervenire come amministratori di sostegno ‘operativi’ nelle concrete attività richieste. Una volta che il legale rappresentante della associazione venga nominato, provvede ad attivare uno o due volontari che affiancano la persone beneficiaria. Questa ipotesi, che mantiene in capo al legale rappresentante la responsabilità giuridica dell’amministrazione di sostegno, ricalca quanto accade negli enti pubblici. Il sindaco viene nominato amministratore. In genere negli enti di grandi dimensioni affida la responsabilità dell’amministrazione ad un ufficio di tutela giuridica, mentre nei piccoli comuni il compito può venire svolto da figure con professionalità del campo sociale.
      Se una configurazione di intervento analoga venisse adottata da organizzazioni di volontariato due potrebbero essere i vantaggi:
      > agli amministratori verrebbe assicurato il supporto di un gruppo composto da persone in grado di mettere in campo competenze differenti e fornirsi reciproco supporto;
      > per le persone beneficiarie dei provvedimenti si incrementerebbe la continuità nelle situazioni in cui, per ragioni diverse il volontario o i volontari che accompagnano dovessero interrompere temporaneamente o definitivamente il loro intervento.
      In questo assetto di intervento la responsabilità rimarrebbe in capo al legale rappresentante dell’associazione, che risponderebbe del progetto di amministrazione assegnato dal giudice. Secondo alcuni un vantaggio ulteriore di questo modo di operare consisterebbe nell’assicurare un controllo preventivo rispetto a possibili abusi che purtroppo possono verificarsi nei confronti delle persone fragili e dei loro patrimoni. Secondo altri, il vantaggio atteso in questa modalità operativa risiederebbe nel rendere più agevole e sostenibile l’intervento per le stesse organizzazioni di volontariato e di tutela.
      La costituzione di équipe di amministratori di sostegno sembrerebbe essere una concreta possibilità per intervenire nei confronti delle persone fragili, per assicurare ai famigliari, e in particolare ai genitori di persone con disabilità, una continuità di supporto nei confronti di persone in difficoltà, fragili, non in grado di provvedere in autonomia alle loro esigenze.

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      This entry was posted on 25 May 2010 by in Generale, Qualità, Quanto basta and tagged .

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