A volte il lavoro sociale lo si percepisce poco, lo si vede appena, lo si apprezza in modo intermittente.
Ma capita anche che qualcuno ponga la questione della produttività dei servizi sociali, di assistenza, educativi, socio-sanitari… A cosa servono? Ne vale davvero la pena? Non sarebbe meglio… forse…
E accade che dall’interno, chi opera nei servizi alla persona si interroghi a proposito di quale riconoscimento goda (e quale riconoscibilità raggiunga), chi ne apprezzi i risultati e promuova lo sviluppo del lavoro operativo di cura che, in modi diversi, viene svolto nei molti contesti dove la questione in gioco riguarda le condizioni di vita delle persone.
E può succedere di sentire che sfugge il senso e la rilevanza di quello che i servizi e gli operatori fanno, che non risuoni e non producano comprensione né consenso le scelte e gli investimenti, anche economici.
Può accadere che tutto appaia irrilevante, privo di un comune retroterra al riparo da discussioni sull’opportunità o meno…
Ragionare sull’esigenza di rendere visibili gli interventi sociali in campo assistenziale, socio-sanitario, terapeutico-riabilitativo significa domandarsi cosa si intende mettere in evidenza, rendere riconoscibile.
Cosa mostrare affinché ne derivino considerazioni, apprezzament e anche critiche, senza che esse siano accompagnate necessariamente da distruttività (e cosa tralasciare o sottacere, e perchè).
Il lavoro e le sue complessità?
I risultati che si ricercano e che motivano buona parte dell’investimento e della fatica?
I problemi e le difficoltà di tante persone, comprese le comunità professionali impegnate?
In effetti, non solo la ricerca di riconoscimento professionale, ma anche le questioni e le difficoltà che ogni giorno i servizi incontrano possono indurci a sollecitare attenzione e considerazioni meno distratte.
Forse è proprio segnalando, spiegando, provando a far comprendere i problemi che si dà valore al lavoro sociale e di cura, ricercando riconoscimento e valorizzazione per le professioni impegnate sul campo, per il loro lavoro e la loro fatica.
Ma indicare sfide e ostacoli, difficoltà e disfunzioni potrebbe non essere sufficiente per mobilitare attenzioni, energie, fiducia.
Insieme all’attenzione verso le criticità si avverte la domanda di comprendere la concreta efficacia del lavoro di cura, di riparazione, di riproduzione, e di leggere gli esiti (a volte impercettibili o temporanei), le trasformazioni anche parziali, o gli effetti (a volte ‘solo’) di sollievo.
Si avverte l’esigenza di cogliere gli interventi nella cornice non solo umana, solidale, ma anche sociale e politica. (O forse no… nessuna di queste prospettive davvero conta se non si collega alle dimensioni economiche e agli esiti che risorse comuni producono).
In ogni caso le intenzioni comunicative inducono a mettere in primo piano oggetti e aspetti diversi del lavoro, portano a rivolgerci a destinatari particolari, a utilizzare strategie e modalità differenti.
Quali forme, quali strumenti, quali accortezze per comunicare il lavoro di servizi di assistenza, di cura, di riabilitazione a partire dalle realtà organizzative piccole o di grandi dimensioni, che lavorano su questioni specifiche o articolate in operative e funzionali?
Quali opportunità per suscitare attenzioni non episodiche?
Quali concrete vie per consolidare il riconoscimento e la fiducia nell’intervento delle figure che si occupano delle molteplici attività di assistenza?
Forse per dire efficacemente cosa fanno i servizi di cura è necessario considerare l’immaginario collettivo culturale e le rappresentazioni sociali che circolano nelle (e intorno alle) organizzazioni che operano in questo segmento di servizi alla persona. Non si comunica, infatti, a interlocutori che non abbiano già una qualche idea, una qualche precomprensione (se non pregiudizio) sui compiti, sull’azione e sugli esiti dell’intervento sociale o sanitario.
Questi accenni vogliono segnalare la complessità del tema in generale: come dare visibilità al lavoro rivolto a persone in condizioni di fragilità, come mobilitare riconoscimento per il lavoro di costruzione del benessere e della salute?
Una questione complessa, che può essere esaminata osservando il contesto di azione, collocandosi nelle specifiche situazioni di lavoro, evitando generalizzazioni, identificando così non solo elementi di conoscenza e di comprensione, ma anche possibili azioni da intraprendere, azioni che possano essere efficaci nel comunicare impegno, risultati, difficoltà, possibili evoluzioni, questioni aperte, mete e priorità da considerare.
E forse storie, situazioni, episodi possono essere più efficaci se vengono collegati a letture più vaste, a quadri che agganciano vicende che ci riguardano (la paura di rimanere soli, di non farcela, di non essere curati, di non avere sostegno ed opportunità…).
Il lavoro di cura non riguarda solo altri: molto probabilmente riguarderà anche noi.
Il presente ha strettamente a che fare con il futuro.
Mi piace questa attenzione competente.
Grazie, accompagno con interesse.
Martina