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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Luciano Barrilà, ospite della settimana 13/2011

Luciano Barrilà

Se siete titolari di un indirizzo di posta elettronica, avrete sicuramente consuetudine con quel tipo messaggi catalogati sotto la voce “catene di sant’Antonio”. Si tratta quasi sempre di comunicazioni pubblicitarie o di messaggi dal sapore vagamente new age, magari ricevuti da un amico che, per non rompere la catena della presunta speranza, inoltra questo tipo di mail a tutta la sua rubrica. Indipendentemente dalla loro natura, questi testi imboccano la strada del cestino, spesso senza neanche essere letti da chi li riceve.

A volte, però,  in questa montagna di materiale dalla dubbia utilità, succede di pescare qualche gioiellino in grado di condensare in poche righe o in un paio di immagini un messaggio originale o, meglio ancora, di mettere in moto il pensiero, spostando la nostra riflessione qualche passo più avanti.

Per chi scrive, la sorpresa è arrivata da un link ricevuto qualche giorno fa (i curiosi possono dirigere il loro browser al seguente indirizzo: http://primaxstudio.com/stuff/scale_of_universe/).

Si tratta di un’animazione interattiva che consente, con l’aiuto di una levetta, di spostare il livello di zoom dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, viaggiando dalla “Costante di Planck” alla dimensione (stimata) dell’universo e sposta il nostro pensiero sul tema delle comparazioni. Un uomo appare enorme rispetto a una formica, minuscolo di fianco a un grattacielo, inesistente se rapportato all’universo. L’uomo non misura le cose in maniera assoluta, ma relativizza, paragona incessantemente cose, eventi, sentimenti e persone.

C’è un riferimento per ognuno dei giudizi che esprimiamo, qualcosa cui appoggiare le nostre valutazioni.

L’errore che a volte commettiamo è quello di restringere il campo dei nostri confronti, spesso in maniera estrema, finendo per assolutizzare il nostro punto di vista, che diventa l’unico riferimento possibile.

Una ricerca svolta recentemente da una dottoranda dell’università Bicocca ha mostrato come il solo fatto di osservare il proprio corpo durante un’esperienza dolorosa riduca la sensazione del dolore stesso. Il passaggio dalla percezione della ferita “immaginata” a quella “osservata” rappresenta un esempio di quello che stiamo dicendo. Si tratta di ampliare, sia pure non di molto, il proprio punto di vista portandolo appena “fuori” dalla nostra testa. Più riusciamo a estendere la nostra visione,  più i nostri giudizi si relativizzano, si attenuano, diventano più moderati e, spesso, sensati. In una vasca grande, il pesce rosso, che nella boccia appare enorme, assume una dimensione più modesta.

Una lezione importante, da tenere bene a mente ogni volta che qualche problema sembra sovrastarci in maniera insostenibile.
A volte basta spostare lo sguardo, anche impercettibilmente,  per trasformare la montagna in un topolino.

Luciano Barrilà
Ho 27 anni e studio psicologia (qualunque cosa questo significhi).
Nel frattempo lavoro a tempo pieno in una libreria e coltivo un po’ di sogni, tra cui quello di iscrivermi ad una seconda laurea in fisica.
Si, in fisica. :)

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