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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Sintesi: mettere insieme in un (nuovo) ordine?

Sintetizzare è ‘combinare alleggerendo’?

Perché essere sintetici?
Perché è difficile esserlo?

La sintesi aiuta…

  • … chi scrive ad identificare cosa davvero vale la pena segnalare e cosa (pure forse importante) può essere lasciato cadere;
  • chiamandoci al punto, isolando gli elementi fondamentali e portandoli in primo piano,
  • ma non omette le circostanze e le informazioni di contesto che aiutano a leggere e a interpretare il testo;
  • chiedendo poco tempo al lettore, risparmiando le sue energie e convogliadole verso i principali concetti.

Perché è difficile esserlo?

  • A volte non c’è dimestichezza con i trucchi e le tecniche: (di minima) si tratta di non eccedere in fase di stesura e di avere il coraggio e la forza di togliere in fase di revisione.
  • Essere sintetici è faticoso (ma conviene): richiede un certo lavoro di cura della produzione testuale (ma poi si viene ripagati con apprezzamenti).
  • Per alcuni essere sintetici significa comunicare che si è fatto poco, che si è lavorato poco. La sintesi (la scrittura) parla di noi, da un lato dice la nostra efficacia, dall’altro però può essere interpretata come scarso impegno (si veda ad esempio la differenza fra una relazione di due pagine e una di quattro, tra un tema corto e un tema lungo). Il senso della sintesi deve essere chiaro: se non viene percepita dai fruitori come un indicatore di cura e strumento di facilitazione, ma come scorciatoia, allora può essere controproducente.
  • Sintesi è una parola dalla radice greca. L’etimologia significa “mettere insieme”. La sintesi allora è una scelta, un’azione che l’autore o autrice compie rispetto all’esperienza: ricompone, mette insieme secondo la sua visione, interpreta, agisce e proferisce un’ipotesi sul mondo. A volte raccontare per filo e per segno, fornire una cronaca, dare un resoconto il più possibile puntuale è un modo per dire “vedi cosa succede, fatti la tua idea, non ti voglio influenzare”. Potrebbe anche essere che l’implicito che guida il resoconto è informare per decidere insieme. In questo caso se mando una sintesi e non un verbale anticipo le conclusioni.
  • Come si vede ci sono diverse ragioni alla base della difficoltà di produrre sintesi: è richiesto un certo lavoro compositivo, si va alle conclusioni, si espone il proprio punto di vista e ci si espone, si può pensare che non mettere a disposizione un resoconto analitico limiti la possibilità di giudizio dell’interlocutore…

Domande che (mi) aiutano costruire sintesi…

Abbiamo detto che una cronaca puntuale, una trascrizione di un colloquio o il verbale di una riunione rischiano il più delle volte di non essere utili: troppo lunghi per prestarsi ad una lettura attenta, troppo estesi per non essere percepiti (e finire per essere) dispersivi.

Le quattro domande che seguono, non esauriscono il punto, ma almeno mi aiutano ad avviare il lavoro, fornendomi materiali preliminari:

  • Chi stende la sintesi (testo, relazione, o documento che dir si voglia) e con quale intenzione?
  • A chi è diretta e con quali intenzioni? Detto altrimenti: perché è importante essere sintetici e non piuttosto analitici?
  • Che metafore hanno usato le persone di cui si prova a sintetizzare l’intervento? Le metafore sono grovigli di significato (a loro modo sintesi, meglio non lasciarsele sfuggire).
  • Quali brevi espressioni si possono citare, evidenziando così un passaggio pregnante, che esplicita, chiarisce, restituisce un modo di fare, di porsi, di pensare…? (A volte parlanti o scriventi, sentono nel procedere del loro discorso, l’esigenza di ricapitolare, ecco una sintesi generata dall’autore del discorso, utile e in certo modo pronta).

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