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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Emanuele Politi, ospite della settimana 45/2011

Dov’è il mondo in cui ho vissuto fino a oggi?
Tutto intorno a me sembra essere cambiato a tal punto da rendere ogni ricordo una memoria lontana. Eppure il mio aspetto è lo stesso di ieri, così come non è cambiato il panorama che vedo dai finestrini del treno, burbero compagno di viaggi che instancabilmente mi guida nelle trasferte quotidiane.
Mi accorgo allora che a essere cambiato non è il mondo, ma il modo in cui lo sto osservando, come se quei pochi passi che ho compiuto fossero bastati per spostare la visuale su un panorama del tutto diverso. E’ strano perché ciò che ora vedo non è qualcosa di sconosciuto e senza nome, eppure i miei occhi non ne avevano mai fatto esperienza. Tutti ne parlano da tempo, accompagnandovi una caleidoscopica gamma di emozioni che vanno dalla rabbia all’apatia di una chiacchierata dal barbiere. Eppure ora mi accorgo che le innumerevoli parole che ho speso sull’argomento erano vuoti gusci, riempiti solo da vuoti concetti imparati a memoria, utili solo per cercare di definirlo, ma drammaticamente inutili al fine di comprenderlo. Quello di cui sto parlando ha un nome: si chiama Carlo e ha 50 anni, una vita fatta di scelte difficili e sofferte, di lotte per rivendicare il diritto di amare senza essere giudicato, di gioia e dolore, di granitica fragilità. Carlo ha 50 anni e lavora insieme a me, condividendo un contratto a progetto rinnovato ogni 4 mesi e un compenso su base oraria che non supera i 4,5 €/h. Qui i cicli della vita durano una stagione. Si rinnovano senza fine, in costante, palpitante attesa dell’imprevisto. Le nostre vite si sono intrecciate, insieme a quelle degli altri colleghi, una sera a cena nel suo piccolo monolocale in periferia. Sulle pareti foto ed immagini di Che Guevara e di Cuba, luogo dove, un giorno, vuole andare a vivere per coltivare il sogno di una vita diversa; negli scaffali libri d’arte e di poesia; su di un mobile che ci prega di non urtare, il testo sacro del Corano, il libro che più di tutti gli altri gli ha insegnato cosa sia l’amore. Quella sera di qualche settimana fa si è riso e si è scherzato, danzato intorno al tavolo e brindato, ma in fondo al cuore, nel profondo dell’animo, una macchia scura rivendicava la sua presenza, pronta a bussare non appena si fosse posato il sole sull’orizzonte e ognuno fosse tornato a casa propria. Carlo ha 50 anni e la sue è una delle tante storie che ho avuto il privilegio di incrociare in questa breve avventura lavorativa. Mi presentò una realtà che, nell’ovatta di una adolescenza privilegiata, non potevo capire. Ed eccomi allora qui adesso, sul mio letto di sempre, con in grembo il libro del prossimo esame, che recita liturgicamente quegli stessi concetti che ieri affascinavano e conquistavano e oggi alimentano mille domande e dubbi infiniti. E’ sempre giusto, “attivare” quell’energia positiva dentro ognuno di noi, quelle risorse di senso che permettono di adattarsi funzionalmente ad uno stato di sfruttamento? Perché a volte questo è il suo vero nome. Qual è il limite che la dignità umana può sopportare? Siamo sicuri di non averlo già superato? E se così fosse, non è forse giusto il contrario, ovvero alimentarne la consapevolezza e fornire i mezzi per una nuova coscienza? Ma è proprio mentre vagheggio nella tranquillità della casa paterna che mi accorgo di quanto queste domande siano figlie di una giovinezza che seppur fugga, non mi ha ancora abbandonato. E di come stia nuovamente parlando con parole altrui.

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Emanuele Politi, 24 anni.
Laureando in Psicologia dei Processi Sociali, Decisionali e dei Comportamenti Economici presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Statale di Milano Bicocca.
Un cammino accademico giunto quasi al termine.
Un futuro ancora tutto da scrivere, insieme alla compagna della vita, Chiara.

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This entry was posted on 6 November 2011 by in Ospiti.

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