Parlando di recente con un mio amico, mi ha colpito la fermezza mista a rabbia e rancore di una sua affermazione: “Troppo spesso oggi le persone non sono coscienti delle opportunità che hanno a portata di mano”.
Ci ho riflettuto molto su questa foto istantanea della realtà.
Sono solita cercare nuove finestre alle quali affacciarmi nella vita, e quando le dinamiche, che mi tengono legata allo scorrere della mia strada, non mi permettono di potermi muovere, ricorro spesso ai libri e ai film, che riescono sorprendentemente a portarmi e a mostrarmi un altrove, è quasi come fare un viaggio senza esserti mosso. Questo non implica che ciò su cui si approda, sia “migliore” rispetto al nostro quotidiano, ma quantomeno ti offre quella Prospettiva, che, se non fai nulla per ampliare, resta come un obiettivo sempre fisso sui centimetri di strada che hai davanti. Credo sia fondamentale avere dei riscontri con quel reale che non hai a portata di mano, e che forse potrebbe fornire nuovi “strumenti” per meglio abitare i propri panni. Anche solo per poter fare una valutazioni della propria condizione e delle relative opportunità considerate “per scontato”, come un gadget dato in dotazione, e spesso bistrattato, o poco “sfruttato”.
Mi son poi tornati alla mente un libro e un film in cui mi son addentrata qualche mese fa, che mi avevano portato alla stessa conclusione.
L’amica geniale, romanzo di Elena Ferrante, che comincia seguendo le due protagoniste bambine, e poi adolescenti, tra le quinte di un rione miserabile della periferia napoletana, tra una folla di personaggi minori. L’autrice scava intanto nella natura complessa dell’amicizia tra due bambine, tra due ragazzine, tra due donne, seguendo passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i buoni e i cattivi sentimenti che nutrono nei decenni un rapporto vero, robusto. Narra poi gli effetti dei cambiamenti che investono il rione, Napoli, l’Italia, in più di un cinquantennio, trasformando le amiche e il loro legame. L’amica geniale appartiene a quel genere di libro che si vorrebbe non finisse mai.
E nel contempo ho visto l’ultimo film di Matteo Garrone, Reality, una sorta di favola cupa che racconta l’uomo medio occidentale e il suo vivere in un mondo di non luoghi. Il regista usa l’elemento nazionale per raccontare una realtà occidentale e sotto questo profilo la dimensione napoletana lo aiuta parecchio perché gli permette di ritrarre meglio, nel gioco dei contrasti, la grande mutazione sociale a petto dei residui passivi di una società tradizionale che pure permane, e a suo modo fa resistenza, se non argine. I palazzi settecenteschi sgarrupati e sovrappopolati, le piazze con le botteghe e la vita di quartiere e le periferie anonime popolate di centri commerciali, la stratificazione familiare (nonni, figli, zie e nipoti). Il genocidio di un popolo e di una cultura di cui parlava Pasolini si è ormai compiuto e Garrone ce lo presenta con questo suo film: intenso e dolente, dove non racconta soltanto l’involuzione paranoica di un pescivendolo convinto che qualcuno lo spii, ma soprattutto ci illustra il vuoto di valori e di senso della realtà di un popolo intero, quello che ha barattato la sua cultura e la sua morale per un’identità inconsistente e volatile, che promette successo e ricchezza e invece offre stanche maschere da marionette, quasi come fosse una parabola autodistruttiva, che arriva a un certo momento a liberarsi da ogni costrizione narrativa per preoccuparsi solo di pedinare lo smascheramento di un uomo – e di una nazione – che non sa più distinguere i reality dalla realtà. Senza cinismo, senza disprezzo ma con una coscienza del vuoto morale e culturale italiano degna di un grande antropologo.
Forse sono le critiche più aspre il vero terreno fertile… quello che consente di abbandonare ‘le guerre’ e dare il via alle ‘rivoluzioni’ a partire da quelle piccole, le più interiori.
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31 anni, sono nata e vivo a Milano.
Laurea in Scienze della Comunicazione politica e sociale presso l’Università degli Studi di Milano.
Da sei anni mi occupo di Formazione (residenziale, sul campo, e fad) per le professioni sanitarie (ECM) presso un provider.
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