Nel film Il signore degli anelli le vicende prendono avvio con un racconto che non solo viene narrato ma anche scritto da Bilbo Baggins.
Bilbo Baggins scrive… e come scrive? Ha un grande libro già rilegato (i fogli sono quindi in numero definito) e inizia dal titolo. Non solo scrive direttamente la storia, ma la scrive in bella copia, in bella calligrafia. Il vecchio hobbit apre dunque un gran libro (un diario?) e, a partire dalla prima pagina, avvia la scrittura della storia. Ciò che viene scritto accadrà e la scrittura fluisce come fluiscono gli eventi… apparentemente ordinati (nel loro intreccio), certamente irreversibili, certamente orientati al lieto fine (come si conviene ad una fiaba).
Ora questo esordio consente di sottolineare due elementi chiave della scrittura: la scrittura fa esistere la realtà, la scrittura è narrazione…Tuttavia l’idea mitica della scrittura che viene proposta contiene un inganno. Nella redazione di testi, la pratica scrittoria la concreta attività dello scrivere (writing) non è un azione lineare, che si dispiega naturalmente o spontaneamente, dall’inizio alla fine. Non si scrive una nuova storia a partire dalla prima pagina su un volume rilegato. Mentre è proprio questa l’immagine che viene proposta: la storia è complessa e quindi è necessario raccontarla e per lasciare traccia è sufficiente scriverla. Di contro si potrebbe piuttosto dire che la realtà è confusa e solo parzialmente conoscibile e che grazie a un’attività scomposta e incerta, fatta di un susseguirsi di scelte faticose, esito di un lavoro di composizione, scomposizione e ricomposizione, è possibile raccontarla cioè darne una rappresentazione.
La realtà ammette (o non ammette) appunti, brutte copie, materiali preparatori? Dal punto di vista della narrazione lineare certamente no.
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