Pensieri sparsi sull’orto.
L’orto è tante cose messe assieme, è un luogo semplice ma anche complesso. Nell’orto accanto al cetriolo c’è la filosofia, vicino all’insalata l’ecologia, presso il rapanello la psicologia e fra le erbe aromatiche la storia o la medicina e tanto altro. Basta saper vedere. L’orto è un concentrato di sociologia, ad esempio. Fior di cervelloni (non di zucchino) ci hanno spiegato che nell’esperienza contemporanea lo spazio è un continuo di Luoghi e Non-Luoghi che si incastrano e compenetrano. I primi sono spazi relazionali che danno identità in cui i soggetti possono riconoscersi in una storia comune, i secondi prescindono dalle relazioni, non creano identità, sono i luoghi della mobilità e del consumo, sono tanti e crescono. L’orto appartiene a pieno titolo ai Luoghi. Nell’orto è presente la relazione col passato, vive nel contatto di esperienze, nel passaggio di conoscenze. L’orto si “ fa” sapendo, ciò che io faccio me l’ha insegnato mia madre. L’orto è un travaso di esperienze generazionali. Nell’orto si impara con gli occhi, basta aver passione. L’orto è un luogo di incontro, ma non è per tutti. E’ un luogo sociale esclusivo e fra viventi allargato. Nell’orto ci puoi portare l’amico, egli può e deve svolgere le funzioni più semplici come raccogliere ma non può seminare o irrigare. Il profano, l’inetto può ritenere facile irrigare solo perché gli ortaggi non hanno voce per rimproverarti quando sbagli. Oppure può ammirare la melanzana come al museo un dipinto. L’ospite può coltivare… ma solo il suo senso estetico. Solo se guidato può agire. Nell’orto si incontrano viventi diversi. Sono incontri speciali, ravvicinati, con altri animali che ti accompagnano nella fatica, che percorrono con te un attimo di vita. Vanghi e trovi il lombrico, semini e arriva il passero, pianti o sarchi ed ecco l’afide, il riccio, il fagiano, il grillotalpa. Ognuno fa la sua parte, con alcuni lotti, altri rubano ma porti pazienza, altri li favorisci perché lavorano per te. La coccinella, l’ape, la lucertola sono cari amici. Nell’orto il Grande Ciclo si avvera: nulla si distrugge tutto si trasforma. Ciò che sta sopra va sotto, ciò che è sotto contribuisce al sopra. L’erba, le foglie, gli scarti diventano humus che fa crescere nuove verzure. L’orto è il luogo del riciclo. L’orto è come il maiale, non si butta via nulla. In Toscana si dice: chi un buon orto ha un buon porco. L’orto è un buon medico, non prescrive ricette, non formula diagnosi, propone un’unica terapia fatta di sudore, pazienza e soddisfazione diluiti. Non bisogna aver fretta di guarire, non è la “botta” – lana latte letto – che la nonna consigliava per la cura del raffreddore. Nell’orto la pazienza è d’obbligo, è cibo per la mente. Se hanno inventato l’ortoterapia un motivo ci sarà. Nell’orto si coltiva l’immaginario collettivo, frutto di pratiche collettive. Nell’orto nasce la vita: è risaputo che i bambini nascono sotto i cavoli. I contadini si sposavano nei mesi invernali, quando c’era meno lavoro, i figli si decidevano in primavera sulla base delle previsioni del raccolto. Anche i cavoli, le donne, li piantavano a marzo e li raccoglievano a novembre, cioè nove mesi dopo. L’orto ha un valore enorme per la storia dell’umanità. Da nomade e raccoglitore l’uomo è diventato stanziale e coltivatore. E’ con l’orto che nascono le civiltà. Cos’erano i Babilonesi senza l’orto? … dei pastori, e gli Egizi? …dei barcaioli appassionati di canne. L’orto si è evoluto ed oggi è diventato un fatto democratico, oggi si parla di diritto all’orto e nelle scuole si progettano orti didattici, se non altro per insegnare la versatilità, uno schema cognitivo contro le chiusure mentali. Ah… che antidoto l’orto. L’orto è il luogo delle geometrie e delle forme in trasformazione. Non è mai uguale a se stesso, anche se lo spazio a disposizione non cambia. Casomai è simile. La rotazione delle colture impone il cambiamento. Le piante sono tutt’altro che stupide. Durante la crescita sviluppano sostanze che inibiscono lo sviluppo delle concorrenti sullo stesso cibo. Per questo è utile cambiare: se semini patate poi ci metti ortaggi da foglia, poi legumi e infine ortaggi da radice… e poi ricominci. Questa storia del prima e del dopo, del dopo diverso dal prima, del dopo di un dopo induce a facili similitudini con lo scorrere della vita. L’orto è ordinato perché ha una sua viabilità, anche per la carriola. E’ fatto di strisce di terra, le porghe, cui si può arrivare tramite sentierini detti prode congiunti al sentiero principale, che porta all’immancabile capanno degli attrezzi. L’orto va progettato altrimenti il caos prende il sopravvento. Se all’entropia dell’universo si aggiunge il caos sotto casa allora le cose si mettono male. L’orto è un regno governato da un re, sovrano assoluto. Le leggi dell’orto sono rigide, inflessibili. Non sono dette ne scritte. La disubbidienza porta all’interdizione e nei casi gravi all’esilio. Nell’orto, ad esempio, occorre lavorare in religioso silenzio, forse per questo i monaci erano grandi ortolani o viceversa. L’orto è una pausa per ripensare e ripensarsi. Nell’orto si sta bene da soli. Mentre sei in ginocchio e “sgramigni” fai introspezione. Guai a violare una regola così profonda!
Daniele Bonato, classe ’52 scledense, insegna Economia aziendale in un professionale alberghiero di Firenze. Ha da sempre la passione per l’orto.
Bellissimo il testo di Daniele Bonato! Pieno di sapienza e di umore! Lucia Correia
Bellissimo esclamo con tutto il cuore.
Bravissimo cognato, mi hai insegnato
molte cose.
Viva la vita.
Martina