Provo a rispondere alla sua domanda: “Tre regole per una buona consulenza?”.
Non sono sicuro che le saranno davvero utili, ma se è per una ricerca esplorativa, ecco il mio contributo.
Intanto farei una ovvia premessa, non le chiamerei regole. Sono piuttosto tre indicazioni pratiche, valide non solo quando – per qualche ragione o per diverse ragioni – sono preoccupato, ma ancor più utili quando le cose sembrano mettersi bene e conviene invece essere prudenti.
Queste le tre indicazioni:
1. dormi
2. collegati
3. non eccedere
E come richiesto provo a commentarle brevemente.
Spesso rivolta a gruppi, la consulenza è una attività di facilitazione e conduzione piuttosto impegnativa; richiede attenzione, ascolto, presa di parola e non di rado scrittura in pubblico. Con una interazione intensa si combina anche un surplus di autoosservazione e autocontrollo. Nel tempo ho notato che il riposo è l’elemento che maggiormente influenza il lavoro di consulenza. Dovendo scegliere questa è la prima indicazione: meglio dormire un’ora in più e arrivare in forma.
Quando succede che interventi di consulenza (o di formazione) non funzionano o non funzionano come mi sarei aspettato cerco di capire cosa non ha funzionato. Può dipendere dalle conoscenze che si hanno o non si hanno sui clienti, dal proporre contenuti e attività che non rispondono alle attese, dai rapporti che si sviluppano nel gruppo… Ma a me sembra il più delle volte il problema stia altrove, e precisamente nel non essere entrati in contatto emotivo significativo con il senso dell’intervento – per chi lo richiede e per chi vi partecipa. E non si tratta solo di raccogliere informazioni sulle aspettative, ma piuttosto di darsi un tempo per considerare le domande del cliente – per ripensarle, per immaginare la conduzione, quello che potrà succedere, per visualizzarsi in situazione. Se è una consulenza che si sviluppa in più incontri è essenziale rileggere gli appunti, ma la rilettura non esaurisce il momento riflessivo (lo arricchisce e lo complica). Si tratta di entrare in risonanza con il compito e le richieste, ma non è un lavoro che si fa disciplinandosi, è piuttosto una specie di ‘concentrazione-distratta’… è un pensare alle molte cose che proporrò e che potranno accadere, in modo confuso, lasciando scivolare i pensieri, facendo spazio ad una specie di confusione, poi ad un certo punto le cose vanno a posto (forse un po’ magicamente). Di più, così al volo, non so spiegare. Ma se manca questa connessione rilassata, questa apparente distrazione, questo precontatto produttivo, di solito gli interventi di consulenza sono più faticosi da accompagnare.
Uno degli errori tipici, che mi è difficile eliminare e che credo abbia a che fare con una certa ansia performativa, è l’eccesso di preparazione. Recentemente sto riscoprendo le slides che per un certo periodo avevo abbandonato. C’è stata una fase in cui eccedevo con la produzione di schemi e spunti finendo per preparare molti più materiali di quelli che erano poi necessari. La sovraproduzione consuma tempo, richiede impegno, satura (in anticipo) il tempo della conduzione. Se ci si astiene dall’iperproduzione di fatto si crea spazio per le persone che parteciperanno. Ma non è facile regger l’idea che vi saranno spazi vuoti, a disposizione dei clienti, nei quali verrà loro chiesto cosa fare e come procedere. Consentirsi di lasciare spazi di ‘impreparazione’ è oneroso, scatta la preoccupazione di non essere pronti, di non avere dei prefabbricati per le diverse evenienze.
E naturalmente è più facile abbandonarsi all’incertezza, a quello che succederà (e a come succederà), se si è riposati – e quindi più in grado di utilizzare quel che i clienti porteranno e quello che succederà in gruppo – e se ci si è connessi con le domande dei committenti e ci si è lasciati trasportare dalla corrente ingovernabile delle proprie libere associazioni.
Questo è quanto ;-)
Adesso che rileggo le risposta alla sua mail mi accorgo che le indicazioni che ho fissato riguardano tutte il ‘prima’ della consulenza, e non sono spunti per il lavoro di conduzione vero e proprio. Provo a pensarci, per certo qualche indicazione parzialmente consapevole sulla conduzione vera e propria ci sarà. Noto anche che ho ragionato a partire dalla mia esperienza, rieccheggiando però letture e confronti con colleghi/e più esperti/e.
per l’esperinza fatta fin qui, sulle 3 indicazioni mi ritrovo complessivamente e nel dettaglio anche come spunti per la conduzione durante il percorso.
il punto 3 mi sembra quello più delicato ma potenzialmente più fertile per ogni formatore e consulente, può favorire un contatto coninuo tra queleo che vorrei e quello che riesco a mettere in gioco in quel momento con quelle persone.