Come cogliere e interrogare segnali di futuro? Come mettere in cantiere upgrade professionali pertinenti? Come aggiornare conoscenze e competenze utili nel proprio lavoro?
Di seguito il contributo che ho portato al primo incontro di #EserciziDiFuturologia (Sesto San Giovanni, venerdì 24 giugno 2016): per presentare le considerazioni che argomento qui, mi sono servito della traduzione/alterazione di una slide pubblicata da sul sito (ricco di spunti e riflessioni).
Quali i vantaggi dal partecipate/sostenere un raccordo professionale aperto che oscilla tra una comunità di pratica e un network cross-sector?
Ma questi momenti di contatto richiedono un certo investimento – personale e collettivo – per riuscire in modo soddisfacente. Per afferrare segnali di futuro, per coinvolgersi in innovazioni promettenti, per sviluppare apprendimenti e competenze nel proprio campo professionale sono necessari atteggiamenti (e comportamenti) proattivi.
Il titolo della slide è la sintesi tra due azioni/indicazioni simili: PLN e PKM. La prima – Personal Learning Network – fa riferimento a quell’insieme di attività individuali di costruzione di una rete di contatti per estendere le opportunità di apprendimento.
Anche la gestione delle conoscenze personali – Personal Knowledge Management – mette l’accento sul lavoro di consolidamento dei saperi e delle competenze professionali. I punti di contatto sono diversi: il lavoro intenzionale e progressivo che il soggetto deve fare per costruire la rete di apprendimento e gestire lo sviluppo dei saperi; la centralità dei contatti per incrementare conoscenze e competenze, contatti da individuare, selezionare, tenere a riferimento; l’utilizzo intrecciato di tecnologie digitali collaborative e di momenti in presenza.
Di qui l’avviluppo delle sigle a descrivere un approccio proattivo: PLN+PKM=PPLKM (Personal/Professional Learning Knowledge Management cioé Gestione Personale/Professionale dell’Apprendimento e della Conoscenza).
In primo luogo i crediti: la slide è una elaborazione di una slide pubblicata da Harold Jarche sul suo sito, ricchissimo di riflessioni, spunti, strumenti e servizi. Ho utilizzato la base che la slide offre per introdurre elaborazioni e deviazioni (non funziona così anche per la costruzione di conoscenze, non si procede per prestiti e alterazioni?). Ecco dunque i contenuti e gli sviluppi del ragionamento volto ad argomentare come possa venire gestito l’apprendimento e lo sviluppo di conoscenze personali e professionali.
Nello spazio che si crea mettendo in relazione l’intensità dei vincoli relazionali (da relazioni gerarchiche e strutturate, a relazioni informali e reticolari) e lo modalità di collaborazione (per obiettivi, fiduciarie, occasionali) possono venire collocate tre modalità di raccordo:
Comunità professionale sector versus network cross-sector? Perchè porre l’alternativa? Non possiamo godere (ma come?) di entrambe le opportunità? Sì, certo, potendo attivare una comunità aperta, insensibile agli steccati disciplinari o alle appartenenze forti, sarebbe interessante poter godere contemporaneamente dei benefici dell’una e dell’altra forma. Forse una community (anche sostenuta dalle connessioni che internet consente) potrebbe essere una buona opportunità: apporti diversi, ricchezza di relazioni e di condivizioni. Rimarrebbe da gestire una certa confusione, ma soprattutto la tenuta e la possibilità di determinare ritorni dipende anche (soprattutto) dal grado di investimento personale, dalla assunzione di responsabilità per i progetti che si sviluppano nella comunità e a questa contribuiscono a conferire senso.
Perché tenere insieme una comunità di pratiche e con network aperto ad attraversamenti multisettoriali è una impresa titanica? Le energie richieste per organizzare non sono trascurabili, così come le risorse, il tempo da investire è una variabile determinante, come il riconoscimento sociale. Se un sistema o un piccolo gruppo di lavoro sono requisiti essenziali allo stesso modo lo è il capitale sociale disponibile e attivabile. Non è agevole avere successo, facilitare il massimo della autodeterminazione in un quadro portante/strutturante. In alcuni casì l’intermittenza, la carsicità delle proposte, gli sfrangiamenti, le riconfigurazioni, le riprese, il mutare dei temi mainstream sono il segnale non tanto del fallimento quanto del successo e della tenuta.
Rielaboro alcuni (fra i molti) spunti che ci offrono Antonio Faccioli e Sonia Montegiove, “Tutto il bello e il buono delle community”, a proposito dei vantaggi del partecipare attivamente a community.
Se partecipare a una community offre opportunità di sviluppo professionale, contatti con esperienze, scambi evolutivi, reti aperte a nuove opportunità, allora perché non provare ad investire?
Sì, lo so che è tempo di provare a considerare gli elementi che minano i possibili ritorni che ho descritto. So bene che non è agevole costuire community, e so anche che non credo ai racconti (per me) semplicistici che raccontano di community che si autogenerano e si autoorganizzano. Alcune considerazioni scettiche sono state avanzate, altre seguiranno. Ciò nonostante, continuo a vedere le possibilità e godere dei vantaggi del partecipare/promuovere comunity.
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