Contenuti del post
- Misura, complessità, tecnologie digitali
- Costruire e (poi) far funzionare
- Tecnologie disponibili e approcci homemade
- Video Tutorial e Webinar
- Archivio documentale Web
- Blog 231 per un Modello 231 aggiornato e facilmente consultabile
- Survey online per promuovere flussi informativi costanti
- Se la tecnologia è una opzione
- Innovazione impercettibile, alfabetizzazione digitale e gestione delle conoscenze
- Riferimenti
- Dedica
Tempo di lettura 6 minuti
Ho in mente di intrecciare tre questioni.
Misura, complessità, tecnologie digitali: queste le tre questioni che vorrei far interagire.
Gli adempimenti richiesti dal decreto legislativo 231/2001 non sono agevoli da gestire. Sia che si tratti di dar forma al sistema, sia che si debba fare i conti con la complessità del mantenerlo in funzione (qui un post che presenta il processo di introduzione del Modello 231).
La fase costruttiva comporta un lavoro su diversi fronti: identificare i reati pertinenti nella vita dell’organizzazione, di analizzare i rischi di commettere reati, di introdurre e rendere operative misure generali di prevenzione e presidi specifici di contenimento del rischio reato, di attribuire responsabilità esplicite, o di introdurre soluzioni migliorative utili nel lavoro e contemporaneamente nel contrastare comportamenti approssimativi se non inadeguati, il lavoro da fare è impegnativo. Predisporre il Modello 231, il Codice di comportamento, il Regolamento disciplinare, le procedure da seguire.
Ma ciò che si rivela ancora più difficile che costruire è far funzionare, cioè mantenere attivo, condiviso, aggiornato il sistema di prevenzione e di contenimento del rischio di compiere reati: si tratta di rendere efficace il Modello 231. Il lavoro richiesto per assicurare una buona funzionalità del Modello 231 è impegnativo: il Modello deve aiutare le persone che dirigono, coordinano e lavorano nell’organizzazione o che con essa collaborano a rispettare le indicazioni e le disposizioni interne, deve assicurare un livello di attenzione costante per le conseguenze delle scelte e delle azioni. Vi sono poi un insieme di attività interne che vanno dall’integrazione fra sistemi che presidiano macroprocessi diversi (operatività, qualità, sicurezza, amministrazione, tutela dei dati e della privacy, innovazione, responsabilità, …), alla realizzazione di verifiche, supporti, modifiche per rendere più agevole ed efficace il lavoro di tutte le persone impegnate sul campo. E vi è anche un’attività di audit, di adeguamento e di miglioramento del Modello 231 supportato dall’intervento dell’Organismo di vigilanza. Insomma una volta adottato il Modello 231 si apre l’insieme di attività che ne fanno un supporto e scongiurano appesantimenti inutili.
La disponibilità di supporti digitali è davvero enorme. Si va da programmi costosi a approcci homemade messi a punto grazie alla accessibilità di programmi e supporti web. Provo a formulare quattro possibili applicazioni di tecnologie facilmente reperibili sul web in ambito legalità di impresa alla luce degli indirizzi del decreto legislativo 231/2001.
Insieme all’attività di vigilanza sull’osservanza, sul corretto funzionamento e sugli aggiornamenti, attività affidata all’Organismo di vigilanza (art. 6, comma 1, lettera b, D.Lgs. 231/2001), uno dei requisiti indispensabili affinché il Modello 231 sia efficace è l’attività di formazione calibrata sulle responsabilità dei diversi soggetti interessati, che fanno parte dell’organizzazione ma – se necessario – anche che con essa collaborano. Ora la formazione nelle organizzazioni determina costi diretti e di partecipazione, non sempre è calibrata sulle caratteristiche e sulle esigenze organizzative, a volte è noiosa, percepita come inutile e perciò stesso ancora più faticosa. La formazione e l’aggiornamento professionale sta cambiando anche grazie alle potenzialità messe a disposizione dalle nuove tecnologie: si può proporre formazione via web/smartphone, breve, in forma di tutorial, con approcci che miscelano formazione in presenza, webinar in diretta e in differita, clip brevi a cadenza periodica che affrontano specifici aspetti, che su questi aspetti richiedono una verifica di apprendimento immediata e che restituiscono feedback. Gli esiti della formazione (i feedback) abilitano a proseguire o, se non si raggiungono livelli di apprendimento più che sufficienti, chiedono di rifare la micro unità di apprendimento.
Si tratta di tutorial che possono venire prodotti con costi molto contenuti, a partire dal Modello 231 della singola organizzazioni, anche riprendendo, spezzettando e montando momenti formativi per trarne clip di apprendimento. Ciascuna clip può essere corredata da materiali, letture, e come accennavo questionari di valutazione dell’apprendimento che forniscono anche un resoconto attestativo della formazione effettuata e dei risultati raggiunti.
Naturalmente l’introduzione di tutorial e di webinar, la sperimentazione della formazione capovolta anche nei programmi di aggiornamento professionale non esclude modalità seminariali o laboratoriali. Si tratta di opportunità che estendono gli approcci, creano configurazioni variabili e integrate (blended learning)
Un’innovazione utile potrebbe essere quella di attivare una sezione riservata contenente i documenti istituzionali, di indirizzo, operativi e la relativa modulistica. Questa sezione potrebbe essere aperta a tutto il personale (con l’impegno ad un uso esclusivo nell’ambito delle attività dell’organizzazione) sia resa disponibile con permessi di accesso e di uso differenziati. Diversi template di siti offrono una funzionalità accessibile con password, ma è possibile costruire un sito di servizio con un comune template di WordPress o anche utilizzando GoogleDrive. Non si tratta solo di mettere a disposizione i documenti necessari nelle più svariate attività, offrire la visione d’insieme delle scritture che consentono all’organizzazione di produrre servizi, affrontare la complessità, mantenere in circolo le informazioni. Pensando al Modello 231 e alle parti che lo compongono, alla modulistica specifica da considerare e da scaricare, uno spazio documentale aggiornato costituirebbe una facilitazione nel lavoro quotidiano. Naturalmente è richiesto che il/la referente interna 231 mantenga documenti e modulistica aggiornata, ritiri le versioni superate e assicuri che a disposizione vi siano documenti approvati e vigenti.
Il Modello 231, in forma di documento unitario o suddiviso in capitoli, viene di norma reso disponibile come pdf. In attesa di un app specifica, il Modello 231 potrebbe venire messo a disposizione di amministratori, responsabili, figure amministrative e figure operative, professionisti e partner in forma di blog dedicato. I vantaggi di questa soluzione sono la facilità di navigabilità, di ricerca, di aggiornamento. Il blog potrebbe venire connesso sito nella parte riservata. Con questa soluzione sarebbero possibili link interni ed esterni, invii mirati, segnalazioni di integrazioni e aggiornamenti, la possibilità di raccogliere commenti. Si tratterebbe di passare da una modalità di diffusione a una modalità di condivisione, con l’obiettivo di mettere in circolo conoscenze tacite (non formalizzate), stimolare interazioni e apprendimenti esperienziali condivisi supportati dalle tecnologie (Hislop, 2009, pp. 124-129).
Weick (2012) ci ricorda che le organizzazioni altamente affidabili (HRO) sono quelle che prestano – intenzionalmente e con continuità – attenzione ai segnali deboli, potenziali sintomi di rischi che potrebbero scalare e manifestarsi in forma di eventi inattesi e controproducenti per l’organizzazione. Le organizzazioni consapevoli (capaci di affrontare crisi con successo) anticipano, non semplificano, sono attente a quel che accade sul campo, si fanno resilienti, rispettano le competenze e se ne avvalgono per prendere decisioni efficaci.
Anche la norma 231/2001 segnala la necessità di mantenere costante lo scambio bidirezionale di informazioni tra Organismo di vigilanza e Organo di governo sul funzionamento del Modello 231, su segnali e criticità che si manifestano, su esigenze di interventi di messa a punto, adattamento e revisione del sistema di prevenzione, controllo e gestione (Modello 231), prevedendo in particolare l’obbligo di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli (articolo 6, comma 2, lettera d, D. Lgs.231/2001). Per assicurare un flusso di informazioni con modalità sostenibili è possibile utilizzare un software per effettuare questionari on-line e rivolgere una serie di domande, a cadenza periodica alle figure di direzione e responsabili dell’organizzazione. L’indagine attraverso supporti web potrebbe venire curata dal/la referente interna 231 o dall’Organismo di vigilanza e avrebbe il triplice scopo di mantenere desta l’attenzione, di raccogliere in progress informazioni pertinenti alla sfera della responsabilità/legalità d’impresa, alleggerire il lavoro di acquisizione di informazioni mediante il supporto digitale.
Volendo essenzializzare le proposte operative potrebbero essere:
If change is viewed as the exception, the occasional episode in the organizational life, we understimate how pervasive change already is.
(Tsoukas H., Chia R., 2009, p. 568)
Le tre questioni che abbiamo segnalato possono essere riconsiderate alla luce delle riflessioni che Weick (2012) propone sulle organizzazioni viste come sistemi instabili e in evoluzione, esito di continui cambiamenti impercettibili e temporanei. Se le organizzazioni cambiano – più che richiudersi e resistere – e se lo fanno quasi senza rendersene conto, sottoposte a spinte molto diverse, interne ed esterne, allora si aprono spazi per intraprendere azioni di orientamento di quei microprocessi trasformativi che si offrono spazi di interazione. Ad esempio molte persone riescono ad investire sull’apprendimento se ne ricavano competenze spendibili nelle altre sfere della loro vita: nella famiglia, con i figli, per accedere a servizi, per svolgere attività di volontariato, per utilizzare con maggiore competenza i social. E ancora all’interno delle organizzazioni spesso vi sono competenze latenti, non intercettate e non valorizzate, non messe in circolo e condivise; si tratta a volte di competenze parziali, localizzate, specifiche, che se venissero connesse potrebbero costituire una base di partenza per upgrade finalizzati e abilità capaci di aiutare trasversalmente l’organizzazione a sviluppare evoluzioni utili. In un certo senso si potrebbe affermare seguendo le riflessioni di Rheingold (2010) che le persone stanno rapidamente acquisendo abilità tecniche (skills) di base in campo digitale – si pensi alla diffusione degli smartphone e dei social media -, ciò che difetta sono le competenze diffuse (social media literacies), competenze più riflesse ed estese che si formano a partire da cognizioni e abilità di base. In certo modo è come se le organizzazioni non fossero consapevoli del potenziale evolutivo posseduto dalle persone che vi operano e non fossero in grado di proporne valorizzazioni volte a creare condizioni di lavoro migliori e al tempo stesso capacità personali, relazionali e produttive più efficaci (Hislop, 2009).
Hislop D., Knowledge Management in Organizations, Oxford, 2009.
Maino G., 231: #231 > è possibile un percorso di formazione-intervento di gruppo?, Mainograz, 26 agosto 2016.
Rheingold H., “Attention and Other 21st-Century Social Media Literacy”, Educause Review, 2010-10-10.
Tsoukas H., Chia R., “On Organizational Becoming: Rethinking Organizational Change”, Organization Science, 13-5, 2002, pp. 567-599.
Weick K. E., Making Sense of the Organization, Volume 2: The Impermanent Organization, John Wiley & Sons, 2012.
Questo post è dedicato alla équipe amministrativa di una cooperativa sociale, équipe impegnata nella messa a punto dei propri processi operativi a supporto all’intera organizzazione.
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