Un post veloce per ringraziare i/le partecipanti al laboratorio di mercoledì.
Thanks a chi ha messo a disposizione le proprie produzioni – esaminate senza sconti -, a beneficio collettivo.
Un ringraziamento particolare a Lorenzo Cozzi e a Michele Invernizzi per la discreta – ma attiva – regia.
Diverse le questioni inevase.
Never mind, ci saranno altre occasioni.
Di persona e virtuali (risollecito qui contributi e domande:-).
Dubbio
Fra i punti che non hanno trovato attenzione, uno mi ha sollecitato.
Riguarda un problema di ‘aderenza alla realtà’: “gli esaminatori dei curricula saranno realmente attenti valutazione di documenti che ricevono quanto lo siamo stati nel laboratorio?”
Ripensandoci mi viene da rispondere così (al volo).
Quando ascoltiamo un’esecuzione musicale, un brano rock, jazz, un pezzo di classica o lirica, o altro, non ascoltiamo la singola micro azione (salvo essere virtuosi).
Non ascoltiamo (non è possibile) gli infiniti ed estenuanti aggiustamenti che musicisti e/o cantanti hanno attraversato (sono passati).
Non ascoltiamo il provare e il riprovare, e di nuovo riprovare (sono nell’opera).
Ascoltiamo l’esecuzione.
E a volte la performance è fantastica.
Allora (nell’era della tecnica) la ascoltiamo e la riascoltiamo.
O no?
Nessun esaminatore vede la virgola al posto giusto.
Certo nota quella al posto sbagliato.
Nessuno si mette a ragionare sullo stato emotivo o sulla perizia scrittoria di un candidato/a.
Ma si discriminano i curricula scritti bene da quelli scritti male.
E soprattutto, se si coglie l’informazione con semplicità, allora quei curricula vengono riletti (e conservati).
Fate una prova.
Guardate, con occhio critico i testi del catalogo Ikea o i manuali di istruzione dei prodotti Apple.
Confrontateli con gli infiniti cataloghi che ci arrivano a casa, con le istruzioni di tutti i nostri apparecchi elettro/elettronici.
E poi vediamo.
Vediamo dove tutto scorre e dove invece incespichiamo, non capiamo, dobbiamo tornare indietro, rileggere…
Naturalmente nessuno dice: “Grazie Ikea per come scrivi”, “Grazie Apple, per la chiarezza”, semplicemente si sente (si esperisce) la facilità d’uso.
Dietro alcune scritture c’è fluidità, semplicità, pertinenza, intenzionalità.
E lo si avverte.
A quel punto le scritture esplicano la loro azione e dicono qualcosa che ti fa dire: “ok, ci siamo!”
Perchè difficili (ma in due parole…)
“Ma.., in due parole, perché scrivere CVs è difficile?”
Mah, scrivere è difficile e faticoso.
Sempre.
Poi credo che i CVs siano nel gruppo di testa di quel genere di scritture identitarie che un po’ ci mettono a nudo…
Ma ci devo pensare…
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