Quando si afferma che le tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT) stanno introducendo profonde innovazioni e che le cose non saranno più come prima… è necessario portare evidenze.
Nella consulenza organizzativa [sì, lo sappiamo, la definizione è piuttosto vasta] lo scambio di email tende a passare inosservato.
[Come altri aspetti quali la progettazione, la preventivazione, le modalità di pagamento, l’accoglienza e le forme di ospitalità, le modalità di contatto telefonico, i gradi di confidenza, il mantenere o meno i rapporti una volta conclusosi l’intervento di consulenza e altro ancora].
Nella consulenza organizzativa in ogni caso le email sono un mezzo non secondario. Esse contribuiscono a sviluppare interventi con/per le organizzazioni: si tratti di consulenze per riprogettare i servizi, consulenze di supporto ai gruppi dirigenti, per riorganizzare le attività, mettere a punto le strategie e gli strumenti comunicativi e cosi via… Le email tessono una fitta trama di accordi, puntualizzazioni, rimandi, riconoscimenti, richieste, rilanci. E se anche spesso vengono accantonate come inerte prodotto comunicativo, oltre a rappresentare una parte non trascurabile di comunicazioni, possono essere trattate come memoria e giacimento di informazioni sull’andamento della consulenza, sul suo tortuoso farsi (e disfarsi).
E in senso tecnico-giuridico non si fa consulenza tramite email ma… si danno informazioni ai clienti, magari per un consulto in urgenza, per un primo scambio di informazioni, per inquadrare la situazione, richiedere maggiori informazioni, preparare un incontro.
Attraverso le prime email capita di definire la complessità e la rilevanza del problema, rimandando al cliente la responsabilità se – dal primo contatto esplorativo – passare ad un incontro che segni l’avvio di una consulenza legale.
Vi sono poi normali email di aggiornamento, di scambio di documenti. Nulla di che all’apparenza. Ma sottotraccia si colgono gli umori, le aspettative, le irritazioni, l’avvicinarsi di nuove complessità. Le email, se rilette danno il polso del rapporto e di come va sviluppandosi.
Vi sono anche email che fanno seguito ad incontri difficili, delicati, complessi. Queste hanno lo scopo di spostarsi dal piano delle spiegazioni verbali a quello delle spiegazioni scritte; ci si chiarisce (reciprocamente) a che punto del procedimento si è giunti, quali aspettative, quale strategia adottare, quale impulso e quali difficoltà si potrebbero presumibilmente incontrare.
Il cliente davanti allo scritto è costretto a fermarsi, a ragionare a volte a chiedere un nuovo incontro.
Accade che i clienti portino (in modo legittimo), mediante email scarne, telegrafiche (a volte perentorie) punti di vista scarsamente negoziabili, e – fatta salva l’inconsapevole impatto dello strumento sul versante relazionale -, quello che viene alla luce sono le aspettative unilaterali, le emozioni e le fatiche nel far fronte alla complessità dei problemi.
Riconsiderando le nostre pratiche professionali ci sembra di osservare diversi usi delle email nel campo della consulenza:
Al crescere della connettività cresce l’estensione della consulenza. Possiamo esserne consapevoli oppure no. Possiamo usare le opportunità e (provare a) minimizzare i rischi. Oppure no.
Le email che ci scambiamo con i nostri clienti non sono irrilevanti (anche quando apparentemente sono semplici auguri, contatti intermittenti, aggiornamenti o riprese di rapporti). Le email partecipano al processo di consulenza (quale che sia l’assetto che questo ha assunto). Di conseguenza iniziare, rispondere a uno scambio, inserirsi, dare un riscontro di ricevimento o di lettura di una mail o degli allegati trasmessi, attendere, sollecitare, lasciar passare qualche giorno o rilanciare senza curarsi dell’ora e del giorno, sono azioni che entrano e alimentano le attività di consulenza.
Non abbiamo schemi da seguire, né da proporre.
La circolarità nelle risposte (onerosa ma indicativa) o i silenzi (difficilmente interpretabili ma interessanti) fanno parte del sistema di relazioni che si creano, che esorbitano lo spazio/tempo fisico della consulenza. Ci rendiamo conto che la consulenza tracima il tempo della compresenza in gruppo, dei colloqui, delle attività in studio, delle telefonate. I clienti ci raggiungono al di fuori delle coordinate canoniche e noi – a nostra volta – possiamo attivarli, stare in contatto con loro, rassicurarli, sollecitarli o tenerli in sospeso attraverso le email.
Più o meno efficacemente.
Mi sono chiesto quanto uno strumento “quasi” obsoleto come la e mail possa riservarci delle sorprese… grazie ai due autori per averci dato questa opportunità di riflessione.
Aggiungo solo una segnalazione: cowbird (http://cowbird.com/) che segnala Fabio Brunazzi (http://leaderlessorg.wordpress.com/2012/03/17/cosi-vicino-cosi-lontano/): potrebbe essere una risposta ad alcune delle vostre ultime domande?
Grazie Stefano,
con Giovanna guardiamo i siti che segnali.
Mi sa che torneremo sul tema.
Anche perché le mail stanno davvero cambiando il nostro modo di lavorare.
La loro gestione richiede in media due ore al giorno.
E questo mi preoccupa e mi fa pensare.
Un pezzo del nostro lavoro si sta spostando in uno spazio, mediato da un mezzo, che come dici, consideriamo spesso molto noto, quasi superato (e in parte lo è: alcuni clienti ci cercano con i messaggi di Facebook…)
A presto
Graziano:-)
Bellissima foto!