Da alcuni mesi mi sono iscritto alla newsletter di Brain Pickings. Esce la domenica e la aspetto con piacere. Certo, quando ho voglia, faccio un giro direttamente sul blog, un flusso di creatività, scrittura e innovazione. Ma preferisco pregustarmi la sorpresa. Ho anche scambiato un paio di email con Maria Popova (animatrice di Brain Pinkings) a proposito della cura che richiede un blog. E mi piace pensare che ci possa essere una qualche minima affinità tra il suo e il mio lavoro.
Adesso rilancio (cioè traduco e commento) le Dieci regole di Zadie Smith sulla scrittura, che Brain Pickings ha pubblicato il 19 settembre 2012, riprendendole da un post uscito su The Guardian (dove troverete decine di regole, comandamenti, principi, indicazioni).
In inglese il titolo Zadie Smith’s 10 Rules of Writing è più icastico e intende qualcosa di leggermente più esteso della traduzione che ho proposto sopra. Ten rules of writing: si tratta di regole sullo scrivere e non solo sull’esito (la scrittura) di questo “lavoro da artigiani” (come Zadie Smith qualifica il lavoro di chi scrive in Perché scrivere, Minimum Fax, 2011, p. 36).
Zadie Smith’s 10 Rules of Writing | Traduco | Riscrivo |
1. When still a child, make sure you read a lot of books. Spend more time doing this than anything else. |
Da ragazzo fai di tutto per leggere un sacco di libri. Dedica più tempo alla lettura che a qualsiasi altra cosa.
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All’inizio fai di tutto per identificare testi di lavoro di buona qualità. Dedica tempo a comprendere cosa li rende efficaci. |
2. When an adult, try to read your own work as a stranger would read it, or even better, as an enemy would. |
Da grande, prova a leggere i i tuoi scritti come li leggerebbe un estraneo, o ancora meglio, come li leggerebbe un nemico.
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Benché travolto dal lavoro, (ri)leggi quello che scrivi come leggerebbe un estraneo, o ancora meglio, come leggerebbe una persona distratta, stanca o demotivata. |
3. Don’t romanticise your ‘vocation’. You can either write good sentences or you can’t. There is no ‘writer’s lifestyle’. All that matters is what you leave on the page. |
Non cedere al romanticismo della ‘vocazione’. Puoi scrivere buone frasi oppure no. Non c’è uno stile di vita da scrittori. Ciò che conta è solo quello che lasci sulla pagina. |
Non cedere al pensiero dell’inutilità delle tue scritture professionali. Puoi scrivere buone email, sintesi, relazioni, oppure no. Non ci sono scorciatoie. Ciò che conta è la leggibilità delle tue produzioni. |
4. Avoid your weaknesses. But do this without telling yourself that the things you can’t do aren’t worth doing. Don’t mask self-doubt with contempt. |
Scansa le tue debolezze. Ma fallo senza convincerti che le cose che non riesci a fare non valgano la pena. Non mascherare i dubbi su di te svalutandoti. |
Nella scrittura di tutti i giorni evita la scrittura scazzata, evita di convincerti che la fatica di scrivere con cura non valga l’impegno. Non ingannarti svalutandoti. |
5. Leave a decent space of time between writing something and editing it. |
Lascia un tempo sufficiente alla scrittura prima della pubblicazione. | Lascia un tempo sufficiente tra la stesura e l’invio o la consegna (se non puoi, rileggi con cura). |
6. Avoid cliques, gangs, groups. The presence of a crowd won’t make your writing any better than it is.
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Evita circoli, bande e gruppi. La presenza della folla non ti fa scrittore migliore di quanto non sei. |
Evita rassembramenti distraenti. Confusione, gente intorno (o la ricerca dell’effetto) non fa la tua scrittura da lavoro migliore. [Su questo punto non sono del tutto d’accordo]. |
7. Work on a computer that is disconnected from the internet. |
Lavora su un computer sconnesso da internet. | Lavora su un computer sconnesso da internet. [Indicazioni impraticabile]. |
8. Protect the time and space in which you write. Keep everybody away from it, even the people who are most important to you. |
Proteggi il tempo e lo spazio nei quali scrivi. Tieni lontano tutti, anche le persone che per te contano. | Proteggi il tempo e lo spazio della scrittura (se puoi rubalo). Non farti distrarre inutilmente, in particolare dalle persone hanno titolo per ottenere la tua attenzione. |
9. Don’t confuse honours with achievement. |
Non confondere gli onori con i risultati. | Non confondere i complimenti con l’effetto. |
10. Tell the truth through whichever veil comes to hand — but tell it. Resign yourself to the lifelong sadness that comes from never being satisfied. |
Dì la verità con qualsiasi velo ti capiti sottomano, ma dilla [non sono sicuro della traduzione]. Rassegnati a un disappunto permanente che viene dall’essere insoddisfatti. | Cerca la chiarezza del tuo punto di vista, ma esprimiti senza irritare. Rassegnati a un disappunto permanente che viene dall’essere insoddisfatti (della tua scrittura professionale). |
[Naturalmente ogni suggerimento che migliori la traduzione – o ogni correzione che emendi qualsiasi errore di traduzione o eccessi di interpretazione – è benvenuto (è ovvio)].
Se scrivere è collegare, commentare, trasformare, ricombinare, riscrivere, allora perché non mettere alla prova le regole di Zadie Smith trasformandole in suggerimenti per chi scrive per lavoro?
Adesso voglio vedere l’effetto che fa.
Ma prima provo a spiegare perché non sono del tutto d’accordo con l’affermazione 7 di Zadie Smith, e perché, pur essendo d’accordo con l’affermazione 8, di fatto la ritengo cassabile.
Quanto alla affermazione 7, personalmente credo nel valore della scrittura collettiva. So bene che scrivere (almeno una parte dell’attività scrittoria) deve essere individuale. Eppure ci sono lettere, email, relazioni, articoli, post, documenti che quando nascono dalla collaborazione sono più efficaci. Ci sono documenti organizzativi che hanno senso e forza solo se sono frutto di un lavoro a più mani (correndo e contenendo i rischi di dispersività).
Quanto alla affermazione 8, Zadie Smith ha ragione (e ci ritornerò prestissimo). Eppure è bellissimo scrivere e venire distratti da un’email. Non è funzionale, ma è fantastico (è come se qualcuno mi chiamasse per fare due tiri a pallone mentre sto facendo i compiti). Per questo mi rifiuto di sottoscriverla, anche se poi…
Foto da The Guardian.
Graz, sei sempre una fonte di notizie e spunti! Di solito leggo molto e commento poco, questo tema è irresistibile.
Per parte mia, la scrittura collettiva è la peggiore tortura che mi si possa infliggere. Il prima e il dopo li condivido volentieri, come anche vado forte nel collage e nei puzzle di testi diversi, anche a più mani. Ma il durante è tutto mio. Come una forma di meditazione: si può meditare in gruppo, ma l’esperienza del meditare è una faccenda personale, intima e indicibile, incondivisibile.
Se mi trovo a scrivere per lavoro un testo a più mani (le più mani tutte presenti) lo faccio (metti che sia proprio obbligatorio e inevitabile), ma devo operare su me stessa in modo coercitivo, e dopo sfogare lo stress con una lunga camminata.
Tempo fa partecipavo a un collettivo femminista dove tutti i documenti si scrivevano insieme. Io lo facevo per amore, ma era davvero una tortura tremenda cui mi sottoponevo Per La Causa.
Scrivere (dico di me) nasce come uno starnuto, un colpo di tosse, una scoreggia, una grattata. Poi vive nel lavoro fino del cesello, che si addestra come nel migliore artigianato.
Ciao Ele,
a proposito di scrittura a più mani, in coppia, in gruppo, partecipata, mi solleciti la rivisitazione e la pubblicazione di una cosa che ho scritto un po’ di tempo fa.
Così, al volo, prima di mettermi al lavoro (quello compulsory) mi viene da dire che la partecipazione è inversamente proporzionale alla lunghezza (e sono felice di aver detto questo perché ho collegato quantità e qualità).
Sulla scrittura supersofferta, aspettati un post a breve:-)
Graziano
una molto recente esperienza della scrittura (ma era ‘nella’ scrittura) mi ha turbato: in un paio di situazioni, il mio interlocutore istituzionale mi ha rimproverato (ed in un caso con modi tipo ‘..da te non me l’aspettavo…’, mentre nell’altro il tono è stato ‘..e se invece di scrivere pensassi a lavorare di più!’) il fatto di scrivere. Di appoggiare definitivamente su carta (o mail) valutazioni e decisioni. Meglio parlare. Meglio non ufficializzare. Meglio non fissare le cose, perchè poi diventa difficile aggiustare, negoziare, attuare. Questo mi ha spiazzato. Mi ha collocato in un punto (il tuo scrivere rende più difficile le cose) che era proprio il luogo opposto in cui volevo stare. Offrivo ragionamenti, fili di pensieri che portassero a comprendere le situazioni, richieste che avessero un fondamento -ed io cercavo di raccontare questo fondamento. Invece no. Proprio il contrario. Avessi evitato di scrivere sarebbe stato meglio. Regola 11 – la scrittura e le sue caratteristiche, che ne fanno uno strumento essenziale del pensare umano, e quindi del relazionarsi, va deposta con cura nei veicoli che la accolgono, secondo un principio direttamente proporzionale alla volatilità ed inconsistenza sociale dei veicoli stessi. Nel caso di una lettera, massima attenzione. Nel caso di un appunto scritto su un foglietto ed lasciato sul proprio tavolo, massima libertà.
Adesso mi devo impegnare e capire dove collocare le cose che mi scrivo sul dorso della mano (molto personali, ovviamente, ma anche facilmente leggibili da tutti), i foglietti in bacheca e tutti i miei pensieri, annotazioni, commenti e critiche, che mi sono stati sottratti insieme alla borsa, che a volte immagino scritture disperse in qualche angolo della città o fosso, ormai ammutolite, a colte invece penso appoggiati sulla scrivania di un misterioso signore cupo, che cerca di ricostruire la mia personalità dai miei scritti, fino ad apprendere i miei modi e le mie inflessioni, caratteristiche, desideri, tensioni…e diventando così un mio doppio. E non è poi questo l’obiettivo dello scrivere??
vittorio
Lo sapevo.
Lo sapevo che avresti scritto.
Per me te sei uno sciamano.
E se ci prendiamo un giorno di ferie e rileggiamo insieme il nostro dialogo post-commenti e vediamo cosa ne viene?
Qualche giorno fa ho letto che la scrittura è esercizio.
(Senza fine, penso).
A proposito del rileggere con l’occhio dell’estraneo, a volte capita che rileggendo qualche mio appunto o qualche mio post mi ritrovo. Spesso non capisco quello che c’è scritto (e si tratta di testi scritti da me;-/
Sulla scrittura collettiva… il tema è intricato.
Si è capito che non apprezzo l’individualismo di Zadie Smith, anche se ne sento le lusinghe.
Quando poi si ragione della scrittura nelle organizzazioni, della forza organizzante del pensare, dello scrivere, del leggere insieme, allora so che deve crescere la cura per ottenere processi e risultati efficaci.
A chi è richiesta la cura?
Mi sono sempre chiesta se la capacita’ di “scrivere” fosse un talento innato o se a tutti, o a chi vuole, nella vita e’ data la chance di imparare a farlo bene.
Mi ritrovo molto nell’affermazione n. due e spesso rileggo i miei scritti con l’occhio di un estraneo per i necessari aggiustamenti.
Ma, mi sarebbe veramente utile e ne sarei felice se potessi “incontrare” i vari destinatari dei miei scritti per guardali negli occhi, per capire cosa pensano, per capire se hanno ricevuto il messaggio che io volevo trasmettere, per capire cosa devo modificare e in cosa devo migliorare.
L’osservazione sulla scrittura collettiva mi ricollega ad una riflessione collettiva sul tema di qualche giorno fa e non fa altro che rafforzare in me l’idea che la riflessione, il confronto, la costruzione che ruota intorno a un documento organizzativo e’ fatica, messa in discussione, utilizzo di tempo prezioso ma se lo si fa, credendoci veramente, tutto cio’ puo’ tradursi in senso, senso di appartenenza, valore dell’altro, ricoscimento, creativita’ e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.