Ieri, giovedì 07 marzo 2013, alle 09:30 (aula U6/25) è iniziato il corso Psicosociologia dei gruppi e delle organizzazioni. Si tratta di uno degli insegnamenti attivati dalla Facoltà di Psicologia dell’Università di Milano Bicocca, nell’ambito dalla laurea magistrale in Psicologia dei Processi Sociali, Decisionali e dei Comportamenti Economici.
Questa è la settima edizione.
Dal 2008 – in qualità di docente a contratto – ho proseguito il lavoro avviato da Monica Colombo e da Marco Brunod (che ha tenuto il corso nel 2006 e nel 2007) conservando l’impostazione della proposta formativa che intreccia attività di ricerca sul campo, sintesi concettuali e riflessioni sull’esperienza che si sviluppa.
Oggi avverto l’esigenza di provare a riorganizzare gli spunti e i materiali che di anno in anno ho prodotto e accumulato. Riordinare [almeno un po’] slides e pensieri mi sembra un esercizio utile a prepararmi alle lezioni [che chiamerei – se dipendesse da me – incontri di formazione], e un tentativo di riconsiderare i contenuti concettuali che propongo a supporto delle attività di formazione e di ricerca in piccoli gruppi nell’ambito dell’insegnamento. [Sono curioso di vedere che effetto fa scrivere quello che in genere viene detto: mi sembrerà sensato? Cosa susciterà questo mio tentativo di sintesi?].
“La psicosociologia non rappresenta una vera e propria disciplina quanto piuttosto un punto di confluenza di esperienze sul campo e di orientamenti concettuali che hanno cercato di interpretare il rapporto fra teoria e prassi psicosociale.”
Colombo, Castellini, Senatore, 2008, p. 76.
Per questo non uso il termine ‘psicosociologia’ tout-court, vorrei infatti stressare l’idea di non collocarmi in un campo disciplinare (e disciplinante) ma piuttosto immagino di attraversare spazi interdisciplinari e a volte interstiziali (come suggerisce Franca Olivetti Manoukian, 2005, p. X).
Gli orientamenti che hanno influenzato lo sviluppo della prospettiva psicosociologica sono riconducibili alla psicologia, dalla psicanalisi, dalla pedagogia, dalla sociologia, dall’economia, dall’antropologia. A partire da questi riferimenti la prospettiva psicosociologica appare come movimento collettivo transdisciplinare aperto alla costruzione di ipotesi teoriche e operative, un insieme di idee e di pratiche in continua evoluzione piuttosto che un corpus di saperi definiti e istituzionalizzati, un’area di ricerche e di interventi frutto di approcci critici, un luogo di connessione fra esperienze di intervento e riflessioni concettuali.
Certo, nel linguaggio è più facile parlare di ‘psicosociologia’, ma vorrei farlo con l’accortezza di non cadere nella trappola della reificazione. Per questo vorrei usare il termine con prudenza, in modo accorto, come si conviene quando si avvicinano le organizzazioni. Termine che, per la pluralità di contributi, potrebbe valere la pena declinare al plurale: ‘approcci’, ‘orientamenti’, ‘prospettive’ nell’area della psicosociologia (etichette meno definite, quindi anche un po’ fastidiose da usare, per l’incertezza che veicolano).
L’approccio psicosociologico pone attenzione a diversi aspetti:
Le pratiche che si richiamano all’approccio psicosociologico esprimono attenzione per la riflessività, e puntano a collocarsi in una posizione ‘meta’ rispetto all’esperienza. Per questo pongono attenzione alle forme espressive e ai linguaggi. Intraprendendo uno forzo per stare in contatto con quanto accade e viene espresso, con l’impegno a rileggere e riconsiderare ciò che accade riguardo agli oggetti di lavoro, alle relazioni, ai soggetti, ai rapporti con i contesti.
“La psicosociologia accorda ai soggetti, ai loro immaginari, alle loro azioni, uno spazio privilegiato.”
(Amado, Enriquez, 2006, p. 8)
I soggetti sono individui sociali (impigliati nelle reti sociali e da queste condizionati); in relazione dinamica con i gruppi e le organizzazioni di cui fanno parte (soggetti che sperimentano multiappartenenze non sempre agevoli da gestire); inseriti in contesti socio-economici instabili e in trasformazione (con intensità maggiori di quanto a prima vista riescano essi stessi a cogliere); condizionati dalle pressioni storico-culturali (non solo individualmente artefici delle loro fortune); dalle identità difficilmente afferrabili, sempre altrimenti (stupiti dalla loro stessa alterità); attori di cambiamento e capaci di progettualità.
Nel primo capitolo di Conoscere l’organizzazione (1999) dal titolo “La conoscenza dell’organizzazione”, Franca Olivetti Manoukian fornisce una descrizione degli aspetti fondamentali che caratterizzano l’approccio psicosociologico e segnala l’organizzazione come campo di intervento d’elezione per chi si richiama agli orientamenti psicosociologici. Se per gli psicologi è centrale il rapporto con gli individui e per i sociologi l’organizzazione è un oggetto di studio distanziato, per chi si serve di approcci riconducibili alle confluenze della psicosociologia si tratta di avvicinare le organizzazioni sviluppando conoscenze parziali, progressive, legittimate, utilizzabili. L’approccio psicosociologico coinvolge continuamente il ricercatore-formatore-consulente nelle vicende organizzative in qualità di osservatore, attore, interprete, costruttore con altri di senso.
Collocarsi nella prospettiva psicosociologica significa quindi prestare attenzione ai soggetti, al contesto, ai problemi che nelle dimensioni di gruppo e nelle organizzazioni si sviluppano, alle proprie emozioni, avviando indagini su aspetti spesso trascurati, esplorando con curiosità per costruire significati con le persone e le organizzazioni che possano venire considerati.
Manoukian e Kaneklin, 1999, pp. 26-28.
Come funzionano e agiscono le organizzazioni in quanto sistemi sociali, composti da gruppi, condizionate dalle relazioni fra soggetti? Come considerare l’interazione di individui, gruppi, organizzazioni – attori sociali in un contesti socio-ecomici e storico-culturali più ampi. Quali pratiche di ricerca, di consulenza, di formazione, di intervento nelle organizzazioni e più in generale nella vita sociale?
L’approccio psicosociologico mira all’intervento (senza predefinire rigidamente il suo campo d’azione). Adotta quindi una prospettiva disponibile, in costruzione, che si pone sia la questione del soggetto che interviene [consulente (it), intervenant (fr), intervenient (en)], sia quella dei soggetti che chiedono gli interventi e che abitano i sistemi organizzativi o sociali nei quali si viene chiamati ad entrare. Due le richieste che in genere vengono espresse:
“Gli interventi nelle organizzazioni in crisi hanno spesso per oggetto, dopo un periodo di analisi, il facilitare decisioni difficili per gli attori.”
Bineau, 2007, p. 112.
“Ecco perché il ruolo dello psicosociologo è d’accompagnare queste persone, e di armarle quel tanto per aiutarle a far fronte alle loro nuove responsabilità.”
Bineau, 2007, p. 112.
Gli approcci psicosociologici assumono la complessità e la frammentazione come aspetti costitutivi della realtà, lavorano per il cambiamento, per ampliare le concrete possibilità di autonomia, partecipazione, confronto fra i soggetti interessati. Per questo viene riservata attenzione a fonti di informazione e a fenomeni diversi: dalle dimensioni comunitarie (la vita nei quartieri ad esempio) alle attività lavorative (l’analisi delle pratiche professionali è un altro esempio). Gli oggetti di studio non sono pre-definiti e circoscritti.
E le attività di ricerca non mirano alla esclusiva raccolta di dati e informazioni. Le ricerche sono piuttosto dispositivi utili ai soggetti e alle organizzazioni coinvolte. Ricercare è domandare, elaborare e progettare, connettere metodi e orientamenti. La ricerca – anche quando non ne ha l’intenzione – è intervento e produce spesso effetti inattesi. Ad esempio un questionario sui servizi alla prima infanzia, rivolto ai genitori, produce attivazione nelle équipe di lavoro impegnate nei servizi, o un questionario nelle mani di un capo dispotico diventa uno strumento di condizionamento e di pressione. La ricerca (e i suoi apparati) può essere utilizzata intenzionalmente come modalità di intervento.
Le attività di ricerca sono forme per conoscere attraverso l’azione. La ricerca è azione, indagine aperta, orientata e non rigidamente predeterminata. L’attività di riflessione che precede, accompagna e segue può consentire di cogliere le conoscenze contenute nelle pratiche e di orientarsi in vista di interventi che possano costituire miglioramenti per i soggetti, i gruppi e la stessa organizzazione.
Rispetto ad approcci guidati da prospettive sperimentali l’orientamento psicosociologico assume una prospettiva pratica (clinica). Clinica dal greco kline = letto, kliniké (téchne) = arte medica, prassi per curare (Telfner, 2003, p. 174-178). Sono approcci clinici le psicoterapie, e anche interventi di consulenza, di mediazione penale o familiare, di facilitazione, di supervisione… Interventi di riflessione (costruzione di conoscenza) e azione (prendersi cura), specifici in relazione a situazioni definite, nei quali la costruzione dei problemi, le relazioni con le persone, i gruppi, le organizzazioni sono aspetti essenziali. Non vengono utilizzati paradigmi lineari di prevenzione, cura, riabilitazione. Conta l’approccio e non primariamente le professioni di volta in volta coinvolte (si lavora in qualità di consulenti, non perché si è consulenti). Dimensioni e soggetti sono interazioni co-evolutive, comprese le figure che intervengono che assumono posizioni di ascolto, formulano ipotesi più che interpretazioni, collegano concetti e informazioni, prestano attenzione al rapporto fra contenuti e processi. Negli interventi si costituisce un sistema di relazioni (un’organizzazione temporanea): si lavora con soggetti coinvolti, si costruiscono conoscenze agendo e ricercando (le domande stesse sono azioni).
Traduco il paragrafo conclusivo dell’articolo di Annie Charlotte Giust-Ollivier, “Lo psicosociologo di fronte alle poste in gioco della responsabilità” pubblicato sulla Nouvelle Revue de Psychosociologie, 2/2006, pp. 47-58.
“Le domande dei professionisti rivolte allo psicosociologo sono sempre determinate contemporaneamente da poste in gioco sociali, politiche, cuturali, economiche, e dalle soggettività coinvolte. Benché, nell’attualità dei problemi posti, siamo indotti a privilegiare certi registri a scapito di altri, è allo stesso tempo necessario rinunciare alle abituali categorie dei discorsi, quelle della causalità lineare o determinista. L’avvenimento all’origine della domanda, al quale ci si riferisce è allo stesso tempo interno ed esterno. I significati sociali hanno le loro risonanze soggettive come i conflitti soggettivi e intersoggettivi producono effetti sociali. È a questa connessione che apre lo psicosociologo, in questo indecidibile dove i discorsi, le rappresentazioni, gli affetti, attualizzati nei dispositivi d’intervento, sono suscettibili di rivelare il senso che prendono gli avvenimenti per gli individui e i gruppi che li vivono. Alla questione di sapere se, così facendo, lo psicosociologo sta psicologizzando il sociale o sociologizza la dimensione psicologica, costretti a scegliere una lettura imperniata sui processi soggettivi o una lettura che privilegia i processi socioeconomici e politici, rispondiamo che la sua responsabilità è di essere sul fronte di questa complessità, che si lascia ascoltare nei discorsi che gli sono rivolti. La sua attenzione mira a questa negoziazione sempre ripresa, non risolta, che mostra all’opera questi dialoghi che si annodano nelle strutture, nelle significazioni, nelle logiche sociali, culturali, politiche e dei soggetti alle prese con conflitti che attestano la loro singolarità. Egli cerca, con gli attori che lo sollecitano di ‘sforzarsi di realizzare la possibilità di socialità’ (Arend, Teoria del giudizio politico).”
Giust-Ollivier, 2006, pp. 47-58.
Segnalo nuovamente che la professionalizzazione di un approccio, di un orientamento (dalla prospettiva psicosociologica allo ‘psicosociologo’) indica un processo di istituzionalizzazione in corso, la ricerca di riconoscimento e di legittimazione attraverso l’introduzione della nominazione di una professione definita. Tuttavia vi sono spunti per provare a chiarire quali aspetti caratterizzano, segnano, attivano questo orientamento che collega teorie e pratiche, problemi e azioni, ricerca e intervento.
Il dizionario di psicosociologia ha due introduzioni: una all’edizione italiana e quella originale all’edizione francese. Cosa segnalano [cosa dicono a me]? Nella duplice apertura mi sembra vi sia lo sforzo di collocare nel tempo e nello spazio il movimento della psicosociologia, di mostrarne radici, segnalare l’apertura di questo campo di esperienze. Storicizzare, collegare, contestualizzare, nominare riferimenti per fondare e legittimare le esperienze, le riflessioni, le concettualizzazioni che vengono proposte.
Il dizionario mira a restituire una sintesi del lavoro metodologico e di comprensione prodotto, a mettere a disposizione idee e esperienze, a indicare temi e questioni, approcci e metodi, a rendere disponibili riflessioni per fornire strumenti di intervento e alimentare il dibattito ed il confronto.
L’obiettivo dell’opera è di mettere a disposizione concetti, vocaboli, parole, spunti, ‘appoggi’. Ricordo che quando nel 2005 il Dizionario venne presentato in un saletta della Facoltà di sociologia in Università Bicocca, tra i relatori (Federico Butera, Romano Madera, Giuseppe Varchetta, Andre Lévy, Franca Olivetti Manoukian) si era aperto il dibattito sulla traduzione del titolo: in francese vocabolario diventato in italiano dizionario. Oggi ripensandoci mi sembra che anche vocabolario renderebbe bene l’idea di un insieme di termini (di parole, vocaboli) di riferimento.
Amado G., Enriquez E., “Éditorial”, in Perspectives en clinique du travail – Nouvelle Revue de Psychosociologie, 1/2006, pp. 7-8.
Amado G., Enriquez E., “Éditorial”, in L’angoisse du risque et le paradoxes de la responsabilité – Nouvelle Revue de Psychosociologie, 2/2007, pp. 7-8.
Bineau J., “Le psychosociologue e ses valeurs face à la décision”, in Le pratiques sociales au regard de l’éthique, Nouvelle Revue de Psychosociologie, 3/2007, pp. 109-119.
Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. “Introduzione”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002), pp. 1-14.
Colombo M., Castellini, F., Senatore A., “Sviluppi della ricerca intervento”, in Colucci P.F., Colombo M., Montali L., La ricerca-intervento, Il Mulino, 2008, pp. 61-94.
Giust-Ollivier A. C., ‘Le psychosociologue face aux enjeux de la responsabilité’, in L’angoisse du risque et le paradoxes de la responsabilité – Nouvelle Revue de Psychosociologie, 2/2006, pp. 47-58.
Kaneklin C., Olivetti Manoukian F., Conoscere l’organizzazione. Formazione e ricerca psicosociologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990.
Olivetti Manoukian F., “Prefazione all’edizione italiana”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002), pp. vii-xi.
Telfener U., “Clinica”, in Telfener U., Casadio L. (a cura di), Sistemica. Voci e percorsi nella complessità, Bollati Boringhieri, Torino, 2003, pp. 174-178.
Good way of describing, and nice piece of writing to take facts on the topic of my presentation subject, which i am going to
present in institution of higher education.
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Leggendo questo “breve”post i flash sul mio contesto lavorativo partono alla velocita’ della luce.
C’e’ dentro tutto, c’e’ la mia organizzazione.
Le emozioni, i soggetti, le attenzioni, la ricerca, le riflessioni, i cambiamenti, i formatori che vanno, vengono, cambiano…
E sorrido pensando a noi che, spesso, seduti intorno a un tavolo, durante la pausa pranzo, con tono di assoluta certezza e detentori della verita’ assoluta “diagnostichiamo” il posto in cui siamo, le persone (noi) e persino tutto cio’ che c’e’ di materiale intorno.
Caspita com’e’ complicata la questione!
Non sarebbe possibile disporre della consulenza permanente di uno psicosociologo? Ma anche in questo caso sai che sforzo disumano?
Complimenti per la sintesi e la tensione a dare organicità a saperi pratici e teorici per loro natura molto frammentati
luisa
E’ per andare sul sito.
Ok chiedo venia.
Zia Martina
Tutto molto interessante.
Ma che fatica leggere le righe così lunghe.
Sarà solo mia la fatica?
Forse non so usare compiutamente
il computer.
Mi insegni come fare?
Ciao
Zia Martina