La scrittura alimenta quel fitto discorso che costruisce senza posa le organizzazioni. Le scritture corrono nelle reti esterne e interne, le innervano, rendono visibili le relazioni tra gli attori e le organizzazioni nel loro farsi. È di queste scritture che vorrebbero collegare, far funzionare, rendere fluido il lavoro, segnalare, invitare, informare, a volte entusiasmare, altre volte indirizzare, altre ancora placare, che vorrei dire qualcosa. L’email è certamente uno strumento di lavoro, ma anche un ‘facile’ media relazionale: non è solo lettera elettronica, ma veicolo, connettore, medium latore di informazioni che contemporaneamente mette in contatto le persone, anche quelle che siedono a pochi metri di distanza, due scrivanie più in là, nella stanza più avanti nel corridoio, al quarto e al primo piano…
Ma, nel fare un ragionamento sulla scrittura delle email, mi chiedo sarà possibile tenere un registro che sia ad un tempo riflessivo e in grado di fornire una qualche indicazione pratica? Forse è impossibile. O forse – proprio perché si tratta di un tema così prossimo e quotidiano, riconducibile a esperienze comuni – i due aspetti finiscono con l’intrecciarsi.
«Urge riflessione aziendale sulla scrittura organizzativa e sull’uso delle e-mail». Questo il commento, che mi ha mandato il presidente di un’azienda provinciale dei servizi sociali, formativi e culturali, nell’inoltrarmi l’email che riporto qui sotto:
Gentili Colleghi,
considerato che, nonostante i solleciti scritti e i numerosi tentativi – anche telefonici – di metterci in contatto con il Vostro servizio, non abbiamo avuto fino a questo momento alcun riscontro, né un ordine del giorno relativamente all’incontro fissato per oggi pomeriggio;
considerato, inoltre, che gli operatori del servizio non hanno casi da sottoporre all’équipe né, in assenza di una Vostra lista, possono “prepararsi” in ordine a Vostre eventuali richieste;
considerato, infine, che lo scopo degli incontri, come comunemente concordato, è improntato alla costruttività e allo scambio di contenuti condivisi, ci troviamo nostro malgrado costretti a disdire l’incontro odierno e a rinviarlo ad altra data utile.
Cordiali saluti!
Dott. Salvo Montalbano
Coordinatore del Servizio Tutela Minori
Azienda provinciale dei servizi sociali, formativi e culturali di Vigata
Naturalmente l’email ha suscitato contrasti, telefonate piccate, proteste, altre email, incontri, qualche articolo sui giornali locali, richiami verbali, minacce di richiami scritti, riunioni politiche e tecniche, incontri, proposte e di nuovo conflitti. Da ultimo un’interpellanza al Consiglio Provinciale sull’uso del punto esclamativo e dei punti elenco (sic!).
L’e-mail è uno strumento così banale che quasi non merita attenzione. Ma è davvero così? Quante email scriviamo tutti i giorni? Quante ne riceviamo? In fondo l’email non è nulla più di un semplice dispositivo tecnologico che facilita il nostro lavoro. O forse è uno strumento che produce effetti inattesi e che – a ben guardare – contribuisce a costruire le organizzazioni nelle quali lavoriamo, attraverso le quali interveniamo?
Non si tratta ovviamente di avventurarci lungo la ‘dorsale retorico-stilistica’, anche se gli elementi comunicativi hanno un significato, e neppure di fornire una sorta di netiquette di secondo livello (consigli più sofisticati di un semplice galateo per naviganti virtuali). Semmai si tratta di provare a sviluppare qualche considerazione sull’e-mail e sul suo uso, sugli effetti di costruzione delle organizzazioni e di interazione con il mondo. Per ora, in attesa di riscontri e di raccogliere le idee sulla pragamatica della comunicazione via email, propongo qualche ipotesi, opinabilissima. Poi si vedrà.
Per ragioni tecniche e relazionali:
In generale è opportuno che argomenti diversi vengano trattati in mail diverse, o detto altrimenti per ogni argomento è bene scrivere un’email distinta. Perché? Intanto si può essere brevi e contenere il testo dell’email nella cornice dello schermo. Si tratta di una facilitazione per chi leggerà: il testo si apre e si chiude nell’unità spaziale, le cose importanti sono lì, e si possono abbracciare con lo sguardo, con un colpo d’occhio. Se gli argomenti da affrontare fossero più di uno, l’email richiederebbe dimensioni maggiori, considerando anche le formule di connessione necessarie per passare da un argomento all’altro.
E poi vi è anche una ragione di rintracciabilità che suggerisce di mantenere l’unità di contenuto. Sempre di più spesso, infatti, il programma di gestione della posta elettronica diventa un programma di archivio (quasi l’ambiente, il desktop): le mail possono essere conservate (non è necessario buttarle), possono essere facilmente ricollocate, è davvero semplice ricercarle e diverse sono le chiavi per rintracciare. Quindi una mail un argomento fa sì che con un buon ‘oggetto’ è più facile orientarsi e recuperare le informazioni.
Un titolo per essere efficace deve essere breve (non superare la riga, facile quindi da leggere a colpo d’occhio), chiaro (indicare ciò di cui si parlerà senza troppi di giri, cioè andare al punto), catturante (contenere alcune parole chiave e qualche aggancio che incuriosisca). Il titolo (la breve frase contenuta nel campo “oggetto” è di per sé un elemento che fa capire di cosa si parlerà nel testo dell’email e un aiuto nel ritrovare email importanti.
Per tornare un attimo al punto precedente, più contenuti quindi rendono difficile la formulazione dell’oggetto e indeboliscono la rintracciabilità della mail, che spesso porta con sé anche allegati che non vengono posizionati in qualche specifica cartella, ma archiviati insieme alla mail. Più contenuti sono una sfida a titoli appealing, complicano la ricerca di soluzioni efficaci.
Le email efficaci (come ogni altra scrittura del resto) richiedono un certo lavoro compositivo. Hanno bisogno di essere ben impostate, scritte e riscritte, tagliate e sistemate graficamente (anche quando lo stile è essenziale se non minimalista. Un’email semplice, asciutta, sobria, in genere è più efficace! Perché? Intanto ruba meno tempo a chi la deve leggere. Poi aiuta a focalizzare il punto. Due qualità non da poco (“avercele!” verrebbe da dire).
Le email arrabbiate, quelle che si scrivono di getto (se no che gusto c’è), con un nodo alla gola e le dita tremanti (sì, quelle) sono giocattoli insidiosi. Prima di inviarle conviene rileggerle. Non solo per evitare errori di grammatica, di sintassi o di battitura (che se non ci fossero bisognerebbe immetterli per rendere più credibile lo stato d’animo), ma per farci un pensiero: “che effetti produrrà premere il bottone?”. Se scrivere è un’azione di pensiero. Rileggere una meta-azione. Lasciar decantare una meta-meta-azione. Inviare è un’azione irreversibile: prima di agire conviene pensarci, almeno un attimo.
Attenzione alla connessione con l’esterno (riferimenti spaziali, temporali e personali, per dirla con voce tecnica ‘deissi’) e con l’interno del testo (coerenza interna). Diversi elementi grammaticali possono svolgere la funzione di connettivi: avverbi, locuzioni avverbiali, congiunzioni, verbi, preposizioni, circonlocuzioni. Non sempre il contesto precede il testo, non sempre il contesto è condiviso. Un’accortezza è scrivere costituendo con maggiore intenzionalità il contesto di comprensione (questo è un punto che merita un post dedicato, ci ritornerò, promesso).
Per assicurare una buona coerenza macrotestuale (fra frasi di un periodo o fra periodi che formano un testo) può valere la pena rileggere il testo cercando di:
In genere, con questi accorgimenti, le email risultano più chiare ed incisive.
No. Per fortuna non c’è nessuna autorità impositiva in questo campo, non c’è una legge, e neppure costumi così forti da non poter essere (in parte) infranti. Certo si ha la sensazione di dover seguire riferimenti, che però sono sfumati, mobili, non facili da precisare. Intanto ci sono email che servono a produrre effetti differenti, hanno funzioni specifiche: invitare, informare, promuovere, dare indicazioni, commentare, esprimere osservazioni, sostenere, sollecitare, ricordare, scusarsi, e… altre ancora. Quindi verrebbe da pensare che email diverse si scrivono in modi diversi.
Poi contano le relazioni che ci sono o che si vorrebbe ci fossero con i riceventi. Il tono, lo stile – formale o informale, iperformale iperinformale – dipendono da quale relazione si intende costruire, mantenere, far evolvere o modificare. E nelle relazioni la forma è sostanza.
Scrivere email è agire nel proprio ambiente o nella propria organizzazione (o per conto di essa). Scrivere email è organizzarsi, organizzare, produrre la propria organizzazione. Scrivere non è un’azione banale, nonostante la si pratichi con una certa nonchalance, più volte al giorno.
Recent Comments