Giovedì 13 ottobre 2011, la cooperativa sociale La Ringhiera ha organizzato a Bergamo il seminario Innovazione informatica nelle cooperative e nei servizi sociali. Quali prospettive?
Una mattina nel merito delle questioni:
– una ricerca (interviste, questionari e focus per cogliere difficoltà e disponibilità);
– cinque contributi (Giorgio Sordelli, Gianluca Gibilaro, Bruno Cantini, Flaviano Zandonai, Emidio Panna);
– un dibattito ricco di spunti e di proposte.
Di seguito trovate il resoconto della mattinata. Si tratta di appunti appena sistemati ma non approvati dai relatori. Un punto di vista quindi, non una sintesi ufficiale (un racconto piuttosto) delle riflessioni che sono state proposte dopo la presentazione del rapporto di ricerca (scaricabile qui) curato insieme ad Anna Omodei.
Mitizzare e demonizzare
Le tecnologie vengono mitizzate e contemporaneamente demonizzate. Ma le tecnologie non sono magiche. Le tecnologie funzionano se ci sono esseri umani e organizzazioni. Ma per ottenere buoni risultati dalle tecnologie, vecchie e nuove, è necessario ci sia un pensiero che ne indirizzi l’uso: prima vengono le strategie e poi le tecnologie.
Resistenze
“Abbiamo i postini, a cosa ci servono i telefoni?” questa l’espressione usata da un dirigente delle poste inglesi sul finire dell’800. Le grandi tecnologie sono quelle che cambiano radicalmente e permanentemente il nostro modo di vivere. Ma spesso non ci rendiamo conto dell’impatto delle nuove tecnologie (nel presente e nel futuro) perché guardiamo le tecnologie a partire dall’attualità e non dalle prospettive che possono aprire. Se ci pensiamo il fax è sembrata una tecnologia rivoluzionaria. In effetti lo è stata per una stagione brevissima, rivelandosi una tecnologia di transizione.
Boicottaggi
Le nuove tecnologie vengono spesso boicottate. In modi diversi. Direttamente, rigettando l’introduzione di nuovi strumenti: no al computer, no alla rete, e così via. Indirettamente, usando male le nuove opportunità o facendone un uso improprio, creando effetti negativi o controproducenti.
Formazione a distanza
La formazione è, tra gli altri, un campo di innovazione; la tecnologia incontra gli approcci alla formazione creando soluzioni inefficaci o moltiplicando le potenzialità. La formazione a distanza funziona a condizione che il docente sappia usare coerentemente la piattaforma, tecnologie, strumenti a disposizione, viceversa l’uso unidirezionale replica un modello formativo che nasce già desueto. La formazione a distanza apre all’apprendimento cooperativo, le relazioni sono al centro dell’apprendimento, i partecipanti sono chiamati a costruire conoscenze insieme, patendo dalle loro esperienze per creare conoscenze collettive. Si sviluppano così comunità di pratiche. La piattaforma diventa uno spazio di condivisione, di progettazione, di innovazione. Ma anche no.
Precomprensioni ostacolanti
Non abbiamo tempo da perdere, ci occupiamo di relazioni… questo a volte è l’atteggiamento di partenza. Il lavoro sociale viene contrapposto agli strumenti come se fossero già chiare le finalità del primo e gli obiettivi dell’introduzione dei secondi. La domanda chiave: “Tecnologia sì, ma per quali obiettivi?” viene bypassata. E con essa l’esplorazione dei processi di lavoro per verificare l’utilità di nuove tecnologie, di nuovi processi, di nuove conoscenze. Senza valutazioni prevalgono le precomprensioni che si impongono nella loro apparente autoevidenza. Chiedersi: come potremmo fare per introdurre nuove tecnologie? Quali inerzie incontreremo? Come accompagnare i cambiamenti? Possono essere domande inutili se non si esplorano pratiche e intenzioni del lavoro sociale.
Vantaggi tecnologici
In cosa le tecnologie possono aiutare? Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono intervenire per offrire informazioni a molti, rapidamente, promuovere la costruzione di conoscenza collettiva e rendere disponibili informazioni comunitarie; possono consentire di dare supporto e aiuto a distanza e favorire il miglioramento delle relazioni (si può stare in contatto, non perdersi di vista, interagire, progettare); con le tecnologie si può (in parte e a certe condizioni) lavorare da casa, ampliare le possibilità di conciliazione e liberare tempo per le relazioni.
Quali rischi?
Possiamo pensare a internet come a una infrastruttura in continua evoluzione e al web come a un mezzo, ambiente e strumento di lavoro e di comunicazione. Quello che spesso accade di incontrare è una difficoltà collettiva nel mettere a fuoco le esigenze e una certa propensione all’utilizzo per imitazione (debolmente critica). Si sa poco, ci si fida molto, si agisce in assenza di quadri di riferimento tecnologici e di senso. Ci si lascia trasportare, magari investendo anche molte risorse.
Cosa fare on-line?
A cosa ci può servire l’infrastruttura internet e il mezzo web? Come essere presenti? Oggi il sito non è la scelta obbligata: le possibilità si ampliano. Il web 2.0 è una realtà, fatta di luoghi e ambienti, in cui si possono avere interazioni con altri soggetti che accedono. E contemporaneamente si va verso l’utilizzo di applicazioni definite, rispondenti ad esigenze specifiche: il web collega e offre servizi.
Quali atteggiamenti?
Usando una categorizzazione dicotomica si potrebbe dire che internet è navigato da pochi tecno-entusiasti, early-user, ricercatori di opportunità, disponibili (ed esposti) al rischio di sopravvalutazione e… da molti tecno-scettici, resistenti e diffidenti, esposti all’inerzia (che tende a prevalere) o a introduzioni demotivate e superficiali che sovente si rivelano essere investimenti fallimentari.
Quali opportunità?
Sono disponibili moltissimi strumenti open-source, a costi contenuti. Richiedono però del lavoro di implementazione e di supporto per essere introdotti. Spesso è necessario avviare piccoli gruppi di lavoro che ne seguano l’introduzione. La tecnologia non si autoconfigura sulle esigenze dei clienti, ma può essere modellata per rispondere a molte delle domande espresse.
La svolta del web 2.0 ha rivalutato i contenuti e nei mondi della cooperazione sociale l’elaborazione di contenuti è piuttosto alta. Se si hanno cose da dire c’è spazio: sul web 2.0 c’è spazio per far fruttare i contenuti, le conoscenze, i saperi e la capacità di costruire relazioni.
Quali sensibilità?
Quali sensibilità personali ed organizzative possono favorire la diffusione delle innovazioni tecnologiche? Quattro disposizioni possono essere di molto aiuto:
Bruno Cantini ha presentato l’esperienza di introduzione del programma ClasseA per la rendicontazione dei servizi domiciliari, nella cooperativa sociale GenerAzioni (di cui è presidente). La cooperativa sociale GenerAzioni offre servizi a 1300 sistemi famigliari della Val Seriana (Bergamo): interventi domiciliari, consegna pasti, cure e servizi. Sono impegnate 60 operatrici, in prevalenza a part-time, con carichi di lavoro intensi, tante informazioni da raccogliere e gestire, molte relazioni da monitorare, con l’esigenza di mettere ordine, apprendere dall’esperienza, tenere insieme attività diverse, per generalizzare gli apprendimenti e riconfigurare i servizi. La concentrazione di scambi avviene a livello operativo (in un anno 450 riunioni di équipe) mentre le riunioni di vertice sono di gran lunga meno.
Raccogliere informazioni utili senza invadenza
La sensazione è quella di svolgere un lavoro di cura… sommersi di dati. La più parte delle volte leggermente diversi. Dati che se non generano informazioni, non aiutano a fare passi avanti. Carta o immaterialità non cambia, se i dati non vengono elaborati per diventare informazioni considerabili, leggibili, trattabili, hanno un valore scarso. E se non si raccoglie il dato con cura, non ci si può fare affidamento e utilizzarlo per ragionare.
Quindi una prima esigenza è stata condividere forme innovative di raccolta, archiviazione e recupero dei dati con l’obiettivo sia di integrare la raccolta nel lavoro sul campo, sia di sviluppare collaborazione e corresponsabilità.
Una seconda esigenza è stata quella di non confondere e svalorizzare le famiglie e le persone che ricevono le cure: per una persona fragile la firma è un esercizio di “potere” e di democrazia. La persona anziana e la sua famiglia non devono vivere l’innovazione come un’invadenza strumentale. Si è dunque trattato di tenere a freno la fretta di raggiungere risultati eclatanti, anche per evitare il rischio di generare la percezione di disservizi e forme di resistenza.
Classe A: un software che migliora con l’uso
Classe A è un software costruito facendo interagire il know-how nel campo degli interventi domiciliari (cooperativa sociale GenerAzioni) e le competenze tecniche in ambito informatico (cooperativa sociale La Ringhiera).
Alcuni elementi di criticità. Una difficoltà (che è anche un’esigenza a cui non è facile sfuggire) è il vincolo di introdurre innovazioni mentre i servizi continuano ad operare: in che modo i software possono tenere conto di queste difficoltà/esigenza? Inoltre le personalizzazioni sono essenziali, ma spesso i costi sono alti. Le innovazioni accompagnano e codeterminano i cambiamenti organizzativi, non è pensabile introdurre nuovi dispositivi senza curare l’impatto e la riorganizzazione dei processi di lavoro, e al tempo stesso la modifica dei processi di lavoro retroagisce sulle funzionalità del software. Sono da mettere in conto fatiche esplorative, fatiche nell’abbandonare alcune certezze e alcune prassi consolidate. Conferire informazioni in un software viene percepito come una perdita di controllo (le info vengono caricate sul server, si può avere la percezione che non siano immediatamente a disposizione, quasi fuori dalla portata di chi ha prodotto quei dati). Non è semplice poi far convivere il nuovo con il vecchio, le fatiche implementative richiedono di essere accompagnate e i desideri di cambiare sostenuti: non si riesce a fare tutto in un istante.
Diversi punti di forza. Classe A si presta a molteplici utilizzi: non solo permette di raccogliere dati per rendicontazioni economiche e operative, ma anche dati da usare per produrre rendicontazioni sociali. L’innovazione deve produrre ritorni per i diversi utilizzatori e non solo per alcuni: vantaggi molteplici e apprezzabili sono certamente un incentivo all’utilizzo.
Il programma Classe A, messo a punto dalla cooperativa sociale La Ringhiera, ha diversi punti forti. Dai racconti che ne fanno gli utilizzatori finali possiamo sintetizzare che è agevole raccogliere i dati, riorganizzarli, esportarli in Excel, fare estrazioni, rendere automatiche alcune procedure, connettere fra sistemi informativi diversi, e – non ultimo – introdurre ulteriori innovazioni (proprio considerando l’impatto su utenti e committenti).
La ricerca ha colto una tema interessante, andate avanti!
Publish or perish: o si pubblica o si muore. La ricerca-azione che è stata presentata arriva al momento giusto. È tempestiva: non arriva troppo presto, arriva al momento giusto. Si tratta di andare avanti e di lavorare su case history per approfondire l’innovazione ICT e più in generale sulle innovazioni, servizi territoriali sociali, servono casi, là dove ci sono innovazioni tecnologiche. La ricerca merita di essere divulgata.
Cooperative sociali, avanti da sole?
Come costruire reti che promuovono innovazione? Nella storia della cooperazione sociale ci sono traumi da rielaborare e successi da studiare. Oggi, rispetto a processi collettivi del passato, le singole imprese sociali sembrano impegnate nell’autopromuovere esigenze e risposte. Come portare a patrimonio comune, come federare le esperienze e sviluppare conoscenza condivisa? Quali reti sostenere?
Innovazione è cambiamento organizzativo
Le innovazioni cambiano le organizzazioni. La prima tappa che è stata quella dell’innovazione sotto la spinta della qualità… La qualità (la customizzazione e l’adattamento) sono stati il primo passo. La qualità sembrava dover produrre isomorfismo, colonizzazione, annessione culturale. Ma l’ondata della qualità ha prodotto cambiamenti, autonomie, usi strategici, imprese sociali più organizzate. Oggi siamo di fronte all’ondata dell’innovazione: paure e opportunità. Certamente cambiamenti!
Evoluzione del modello dell’impresa sociale
L’innovazione informatica non è un gadget organizzativo e non è una condanna. Dentro l’innovazione e dentro il web le cooperative sociali possono agire. Quali nuovi modelli di impresa sociale web-based, che non considerino le tecnologie come accessori invadenti? Abbiamo diversi esempi.
Nel campo dell’architettura ci si chiede come rigenerare spazi pubblici, come costruire e abitare in case che costino meno. Gli architetti ripresentano questioni di fondo sul vivere sociale, questioni che hanno interrogato e prodotto il movimento della cooperazione sociale. Il tema dell’abitare si appoggia oggi su tecnologie web-based di analisi georeferenziate… Potremmo pensare di costruire mappe georeferenziate di centri di aggregazioni gli adolescenti. Potremmo pensare di promuovere letture del territorio attraverso internet. Potremmo pensare di leggere la realtà e le tensioni abitative anche grazie alle tecnologie.
Possiamo pensare a servizi sociali resi attraverso tecnologie web. Come sarà la produzione culturale via internet? Come saranno i servizi via web? Cambieranno le persone, le loro competenze, le loro aspettative? Possiamo pensare di lavorare sulle dimensioni e sui problemi sociali che si sviluppano nei territori virtuali?
Emidio Panna, presidente della cooperativa sociale La Ringhiera che ha promosso la ricerca e il seminario, ha provato a raccogliere i diversi spunti emersi dal dibattito.
Come fare sperimentazione? Come proseguire? Tra le persone intervenute nella discussione qualcuno ha proposto di mettersi insieme, di assumere collettivamente i rischi di una seconda ricerca. Un altro intervento ha suggerito di cercare partner profit per fare passi in avanti, per sviluppare business, per generare contaminazioni e fertilizzazioni incrociate… Un’altra idea è quella di fare un blog (magari a più mani).
Forse si sta parlando di qualcosa che c’è già. Per costruire polivisioni, contatti fra persone e fra esperienze servono luoghi per parlarsi, evitando chiusure su saperi stretti e protetti. Si potrebbe immaginare una seconda ‘Bergamo conference’ in tema di innovazione informatica in ambito sociale, avendo cura di mantenere un respiro nazionale. Si potrebbe immaginare di coinvolgere i consorzi e le associazioni di rappresentanza, le reti già attive, chiedendo loro un ingaggio realistico: riconoscere e sostenere l’iniziativa, darle visibilità, appoggiandola con alcune – definite – risorse. Servirebbero infatti legittimazione, aiuto e rilancio delle iniziative che, come questa, prendono le mosse dalle cooperative sociali.
Per costruire nuove conoscenze e condividerle è necessario mettere insieme energie e idee, aver cura di non entrare in collisione, provare a collaborare e a scambiare conoscenze tecniche e tacite, promuoversi e facendo circolare informazioni. Forse è saggio darsi un triennio, darsi una prospettiva, costruire, non da soli, un progetto e ricercare risorse per dare continuità a un’esperienza che sembra promettere buoni risultati.
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