“Non che non ci si pensasse, ma è successo un fenomeno curioso che non avevo previsto, ma che dopo il fatto mi spiego molto bene: la collaborazione e il lungo ripensamento hanno prodotto una lettera che pur essendo assolutamente opera di questi ragazzi, e nemmeno più dei maggiori che dei minori, è risultata alla fine d’una maturità che è molto superiore a quella di ognuno dei singoli autori.”
Don Lorenzo Milani, lettera a Mario Lodi del 2 novembre 1963
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Cosa significa scrivere a più mani?
Cosa comporta?
La scrittura è davvero un’attività prevalentemente individuale?
A quali condizioni un processo a due, in piccolo gruppo, collettivo, diventa efficace e produttivo?
Il presente contributo è composto da due parti.
Il primo post propone una classificazione di forme di scrittura collaborativa per evidenziare come le possibilità praticate e praticabili siano più d’una.
Nel secondo post si considerano le processualità e i concreti modi di scrivere a più mani.
Scrittura collettiva ad una voce, a più voci, diverse le possibilità… Chi parla? Chi è autore della scrittura collettiva? Chi dice ‘io’?
Vi sono poi molteplici sfumature tra questi due poli, molteplici esiti di scrittura. Considerando l’esito della produzione: nel primo caso il materiale è fruibile come un testo unitario, nel secondo caso invece come una raccolta, un insieme di parti giustapposte, e – più o meno intensamente – unificate. Se ci troviamo di fronte ad testo che ci parla con voce sola l’apporto individuale dei diversi autori si è amalgamato. Se invece sono plurali le prese di parola, il testo è attribuibile ad autori diversi e l’effetto d’insieme conserva visibili le tracce di molteplici contributi.
Sulla scorta di una indagine sulle forme di collaborazione fra chi scrive per professione, Brien D.L., Brady T., in Collaborative Practice: Categorising forms of collaboration for practitioners (TEXT, 2/2003) hanno proposto una possibile classificazione. Si tratta, come sottolineano le ricercatrici di forme non esclusive, che possono anche essere viste come stadi attraverso i quali passa la cooperazione fra autori. [La sintesi che presento andrebbe arricchita con esempi concreti: indicazioni, link, suggerimenti sono benvenuti:-]
Gli autori cooperano nello sviluppare idee ma mantengono posizioni individuali e possono riconoscersi o essere riconosciuti in un gruppo o in un movimento culturale. Si potrebbero citare collaborazioni fra raccordi di colleghi, produzioni in associazioni professionali che editano ad esempio una rivista, curano un blog, o promuovono un’attività culturale.
Molteplici contributi, anche da versanti professionali diversi, si collegano in vista di un compito, di un progetto unitario. A ciascun soggetto che fornisce un contributo, indipendentemente dall’intensità, viene riconosciuto lo status di co-autore. È una forma di collaborazione che si ritrova frequentemente nelle attività di ricerca o di documentazione di servizi.
Contributi diversi vengono raccolti in un comune disegno e sotto la responsabilità di curatori (collazione di testi). Se il tema è il dispositivo unificante, stili e metodi di lavoro possono differire fra loro. “Ciascun autore conserva lo status di autore per il contributo fornito, ma non per l’intera opera”. La posizione preminente viene assegnata ai curatori.
Collaborazione nascosta, silente e non riconosciuta. Di tale modalità nel fornire apporti viene rimarcato dalle autrici il fatto che sia misconosciuta ma rilevante, scoperta e attribuita tardivamente [aiutatemi con link ad esempi concreti].
Si tratta di una collaborazione di supporto che può intervenire in svariate fasi del processo di scrittura. Eventualmente anche in posizioni di revisione o di supervisione della redazione testuale. Un autore si pone in posizione di assistente, ma gli apporti non vengono esplicitati e quindi non possono essere riconosciuti pubblicamente. Ed è forse questo l’aspetto che la differenzia dalla collaborazione partecipata [aiutatemi con link ad esempi concreti].
Le situazioni, a cui si riferiscono Brien e Brady, riguardano scritture in cui l’autore e il soggetto di cui si racconta lavorano insieme alla stesura del testo: scritture biografiche ad esempio, racconti di casi (nei servizi sociali vengono stese relazioni sui casi) o testi etnografici. Se dovessi riferirmi al mio lavoro di consulente, spesso la scrittura di documenti organizzativi può rientrare in questa tipologia: la redazione di dichiarazioni di missione, di carte dei servizi o linee guida, di rapporti o bilanci sociale è frutto di interazioni di volta in volta definite tra consulente e cliente: non scrive solo il gruppo di lavoro, non scrive solo il consulente. E spesso lo status di autori è riconosciuto a entrambi quando nel colophon si attribuiscono i crediti.
Si tratta di produrre testi succedendosi nella produzione di periodi, parti o capitoli fino a formare un documento frutto di avvicendamenti combinati. Diversi scrittori, coinvolti in una sorta di esperimento, attraverso il loro contributi individuali, danno vita ad uno scritto unitario, spesso firmato con un unico nome. Secondo le autrici da cui stiamo attingendo la classificazione, è forse una delle forme di collaborazione meno efficace (anche se Wu Ming non sarebbe d’accordo). In alcune esperienze di redazione di documenti organizzativi, in particolare nella fase di elaborazione finale e di revisione, può accadere che intervengano diverse figure, contribuendo con interpolazioni, aggiunte, correzioni, espansioni, e che questo processo venga ripetuto più volte, con l’effetto di vedere crescere il testo per effetto di apporti che si susseguono.
Diversa dalla precedente è la scrittura sequenziale. In questo caso non si tratta di alternarsi nella produzione, quanto di assegnarne le diverse fasi realizzative a soggetti diversi. In pratica può accadere che in un gruppo di lavoro un soggetto predispone un primo indice (anche sulla base di apporti ideativi dell’intero gruppo), un secondo componente proceda a stendere una versione base del testo, mentre altri intervengano per elaborare ed approfondire quanto abbozzato, ed altri colleghi ancora, curino figure e tabelle, didascalie, grafici e bibliografia.
Uscendo dai casi letterari in cui un autore viene incaricato di concludere un’opera lasciata incompiuta, ed entrando in situazioni operative possiamo segnalare a titolo di esempio interventi a chiusura di relazioni, documentazioni, rapporti che per ragioni le più varie vengono interrotti e ripresi da autori diversi, incaricati di completare il lavoro di elaborazione e redazione.
Se non vogliamo riferirci alla scrittura delle trame di film (si pensi per tutti a Star Trek o a Guerre Stellari) e volendo sintetizzare l’asse temporale costituisce il fattore connettivo. Considerando scritture professionali, la scrittura di prequel o sequel riguarda la produzione di documenti logicamente antecedenti o successivi: scritta la carta dei servizi si avverte l’esigenza di redigere un rendiconto sociale. Elaborato un piano di lavoro si stabilisce di stendere una linea guida su come collaborare su diversi fronti (logicamente precedente rispetto un singolo piano di lavoro). In questo caso la collaborazione è mediata dalla struttura e dai contenuti del testo che sembrano indurre attenzioni e spingere verso produzioni che completino la costellazione di documenti (precedenza logica e non tanto temporale).
Una figura più esperta prende sotto l’ala un/a collega più giovane, un/a allievo/a e ne accompagna il lavoro di costruzione di testi. È il caso di supporti in ingresso che figure competenti danno ai nuovi entrati, contribuendo, a consolidare competenze professionali e a sviluppare esperienze comuni.
Si tratta di una collaborazione molto stretta fra diversi autori che porta a prodotti unitari, nei quali non sono più riconoscibili i diversi apporti. Non si tratta semplicemente di una collaborazione sequenziale o che sottolinea posizioni, esperienze, competenze diverse, ma piuttosto di un processo che dà l’impressione di fluidità (benché in genere non vengano portate alla luce le tortuose vie o i ripensamenti attraverso i quali si giunge ad una produzione unitaria). La responsabilità autoriale viene assunta congiuntamente e collettivamente, anche attraverso l’uso di pseudonimi.
Riguardando la sequenza proposta da Brien e Brady osservo che forse manca il lavoro che viene svolto dagli editor, un lavoro di supervisione del testo e di sostegno al lavoro di scrittura, un lavoro composto da lettura critica e da interazioni dialettiche anche conflittuali. Per tutti si veda il brevissimo testo di Claire DeLannoy, Lettera a un giovane scrittore, Ponte alle Grazie, 2006, nel quale viene raccontato il lavoro di editor. O anche il romanzo di Kasja Ingermarsson, È la vita, Stella!, Mondadori, 2011 che introduce il ruolo, a volte invadente e non sintonico degli editor delle case editrici.
Questa collaborazione è forse una specifica di altre descritte sopra. Può accadere che due o più autori collaborino dividendosi alcune attività di scrittura. Dopo un’ideazione comune, c’è chi stende una prima versione, chi rivede e sistema, chi cesella e mette a punto il testo. In particolare avverto l’esigenza di un supporto tra l’editor che mi sorregge e mi supervisiona e un intervento redazionale, di rilettura, di sistemazione di ciò che (inevitabilmente) mi sfugge. [Ma non sempre i desideri si avverano…]
Sin qui, in sintesi, l’articolazione che le autrici hanno proposto, collegate a esperienze in campo sociale.
Ma cosa ci dicono le varie forme di collaborazione sugli autori?
Quali altre domande ci autorizzano a fare?
Be’, a queste domande cercherò di rispondere nel prossimo post;-)
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