L’affermazione che “scrivere è organizzare” merita di essere accompagnata oltre lo stadio dell’intuizione (retoricamente utile) e di essere messa alla prova. “Se scrivere è organizzare” in che modo ciò avviene, per quali meccanismi, con che effetti, e perché? Collego a questa area di ricerca (che diventa immediatamente intervento) una seconda affermazione, ancora più audace: “le organizzazioni sono fatte (anche) di scritture”. Di nuovo, anche questa seconda affermazione è banalmente vera: le organizzazioni vengono fondate con atti scritti, tenute insieme e rese operative da incessanti scambi di scritture (lettere, email, sms, messaggi istantanei), modificate da azioni scrittorie (piani strategici), visibilizzate da documenti scritti (brochure, siti web, altro), rappresentate o orientate da testi scritti (per tutti pensiamo alle scritture contabili). Se, come dicevo, per un verso le due affermazioni sono prosaicamente vere, per un altro verso però le due costatazioni vanno indagate. Ed è quello che mi ripropongo di fare in stile blog, asistematicamente, procedendo da turista curioso. E non entro nell’edificio più importante della città, scelgo una strada secondaria e lungo quella mi incammino, verso una piccola facciata, che a stento riceve attenzione: i ringraziamenti.
Comincio dunque da una scrittura apparentemente minore, ma presente (e insistente): i ringraziamenti nei libri. I ringraziamenti sono un paratesto comune nei libri e a volte si trovano anche nei documenti interni prodotti dalle o per le organizzazioni (spesso introdotti dalla formula “Credits” che tradurrei come riconoscimenti, incastonati in un altro paratesto che li può veicolare, i credits o riconoscimenti appunto). I ringraziamenti vengono spesso ricompresi nelle introduzione o assorbiti nelle parti finali del testo, ma non di rado si ritrovano come porzioni testuali a sé stanti all’inizio o alla fine di un libro.
Tra gli otto libri che ho considerato nello scrivere il post – libri scelti intenzionalmente perché contengono qualche aspetto che intendevo evidenziare – ritrovo:
La collocazione già ci dice qualcosa? Mah, il ringraziamento incorporato nell’introduzione è oggettivamente brevissimo, quasi segnato dalla discrezione; i ringraziamenti antemposti sembrano voler aprire, collocando e indirizzando così la lettura del testo che segue; i ringraziamenti posposti quasi mirano a chiudere sugellando o precisando il senso complessivo del contenuto, e forse si tratta di ringraziamenti di saluto e di commiato. La collocazione è davvero importante o è frutto di ‘casuali’ scelte editoriali?
I ringraziamenti sono scritture pubbliche (non di rado esibite) che mirano a produrre effetti relazionali nelle sfere private lavorative, nelle comunità di pratiche, nella comunità scientifica, accademica, professionale più ampia di cui un autore o una autrice fa parte. I ringraziamenti, nella logica del dono appaiono come scritture di restituzione e di riconoscimento per l’aiuto ricevuto e per i prestiti di conoscenze concessi. Scritture che mirano a colmare disequilibri di scambi in relazione al testo al quale si accompagnano (e in relazione ai rapporti che lo hanno reso possibile e che lo accreditano).
Cosa organizzano i ringraziamenti? A me pare che i ringraziamenti – nella loro non commensurabilità quantitativa con il resto del testo (pochi o pochissimi caratteri) – abbiano una funzione di comunicare qualcosa sull’identità e sulle relazioni di chi ha la responsabilità autoriale del testo e di regolare i rapporti fra l’autore (autrici, autori o autrici) con le rete di suoi contatti. Il libro è un prodotto frutto di un lavoro individuale a forte influenza e dipendenza collettiva. E i ringraziamenti ricollocano il singolo dentro una comunità.
Come i ringraziamenti organizzano? Per rispondere alla domanda direi che i ringraziamenti organizzano in modi diversi. A me sembra di avere rintracciato le seguenti azioni assegnate ai ringraziamenti:
Ringraziamenti: si tratta di azioni sociali, rivolte in direzioni diverse e non necessariamente compresenti. Azioni pragmatiche che creano un contesto di comprensione e di ricevibilità del testo e delle argomentazioni da esso proposte.
Volendo ci si potrebbe fermare qui. Nel paragrafo successivo provo a presentare alcune risposte alle due domande d’esordio del post, entrando nel vivo dei ringraziamenti degli otto testi sopra fugacemente richiamati.
Adesso è il momento di avvicinare i ringraziamenti che ho considerato per costruire questo post. Come detto il lavoro sui ringraziamenti meriterebbe una ricerca approfondita e un lavoro comparativo sistematico (ogni segnalazione di testi o articoli, ogni traccia di riflessioni che i lettori vorranno condividere sarà preziosa), qui una rapsodica rassegna
I ringraziamenti di Goody si aprono riconoscendo un debito intellettuale impossibile da colmare. Troppe sarebbero le persone da includere nell’elenco: amici, conoscenti e colleghi (avvicinati attraverso le mediazioni di libri). Circoscrivendo quindi il campo Goody ringrazia per l’aiuto ricevuto nella costruzione di specifici capitoli, nell’affrontare specifici temi. E in questo modo non solo esplicita i supporti ricevuti ma rende visibili i sodalizi intellettuali che garantiscono la tessitura argomentativa di questo saggio. Saggio che ha passato il vaglio dei redattori della casa editrice che ha pubblicato il testo: in questo modo entrano in scena anche due anonimi valutatori che con le loro osservazioni hanno controllato la bontà dei contenuti, contribuendo alla qualità del libro. I ringraziamenti si chiudono poi segnalando come alcune parti del libro siano reimpieghi di precedenti performance. Per questo ho segnalato nel titolo del paragrafo “ringraziamenti al pubblico”: non è raro che un libro si componga di rielaborazioni di interventi presentati a convegni o a conferenze e quindi si formi anche mediante il riuso di materiali attinti da contesti originali. In fondo si tratta di pensieri che appartengono anche un poco all’occasione, alle persone che erano presenti, che acconsentono a questa riappropriazione da parte dell’autore (quali che siano i ‘contenitori culturali’: riviste o istituzioni) vanno i ringraziamenti, colmando allo stesso tempo un obbligo di trasparenza verso i lettori.
I ringraziamenti sono un modo per mettere le mani avanti, come se l’autore dicesse: “Guardate con chi e come ho lavorato. Leggete (e valutate) le mie riflessioni a partire da questo contesto ambientale, da chi mi ha ospitato, da quanto ho già detto e discusso”. I ringraziamenti sono un modo diretto per rivolgersi al proprio pubblico, scavalcando l’opera, per consolidare la propria presenza scenica?
I ringraziamenti di Kunda si muovono su quattro livelli.
Sembrano segnare il passaggio da una collocazione marginale ad una di maggiore riconoscimento professionale, e il libro è il prodotto di un’accoglienza e di un supporto accademico di alto livello: si tratta di ringraziamenti che disegnano una rete identitaria professionale che ha accolto e consentito all’autore un’evoluzione significativa.
Riconoscono un debito formativo verso un’istituzione di provenienza, nella quale l’autore ha condotto e consolidato la sua formazione.
Riconoscono un aiuto verso colleghi che hanno contribuito a promuovere il libro attraverso una traduzione.
Riconoscono i supporto di molti amici/colleghi/famigliare a segnalare rapporti personali stretti e strettissimi dai quali è dipesa la possibilità di sviluppare il proprio lavoro intellettuale e di ricevere sostegno personale.
I ringraziamenti di Claudio Neri sono sobri. Sembrano proprio essere quello che affermano di essere: un grazie sincero e caloroso a persone che costituiscono la rete professionale dell’autore. Non a caso sono collocati in apertura del libro (e ne sono la vera premessa). Esplicitano in quale milieu si siano sviluppate le riflessioni contenute nel testo, e puntano a rinsaldare legali duraturi che alimentano il lavoro e le riflessioni dell’autore.
I ringraziamenti di Marta Mainieri sono più cose insieme. Ne riporto l’esordio perché mi sembrano esemplificare bene l’esigenza che emerga l’autrice messa in luce dalla sua stessa produzione.
Leggo sempre con piacere la pagina dei ringraziamenti presente in un libro perché mi sembra dia una dimensione più intima dell’autore anche rispetto a quello che solitamente emerge dalla biografia. Attraverso i ringraziamenti si scorgono le amicizie dell’autore, spesso la sua sensibilità e anche il percorso che ha portato alla nascita del libro.
p. xii
Mainieri M., Collaboriamo! Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere bene in tempo di crisi, Hoepli, 2013.
Vi sono altri due aspetti che mi pare sia possibile cogliere dai ringraziamenti di questa cybericercatrice: essi si configurano, se non come una nota di metodo, almeno come appunti di metodo, una voce sul lavoro, una voce fuori campo che prende parola per contestualizzare il lavoro. Il secondo aspetto che noto riguarda l’attenzione nel ringraziare i soggetti che con il racconto delle loro esperienze hanno aiutato la ricercatrice a ordinare conoscenze, prima disperse o non disponibili. I detentori di conoscenze (knowledge keepers) sono una altro gruppo di soggetti che popola la rete in cui un autore/trice si muove.
Quaglino e colleghi procedono veloci, forse anche perché la ‘moda’ dei ringraziamenti non si era ancora diffusa (il testo è del 1992) o forse perché l’oggetto di lavoro aveva assoluta primazia sulle relazioni, peraltro anticipate dal sodalizio fra gli autori che firmano il testo. Queste le parole con le quali chiudono l’introduzione:
Ci auguriamo di aver contribuito in qualche misura a questa riflessione [un testo sistematico sui gruppi di lavoro]. Ringraziamo tutti coloro che abbiamo incontrato “nei gruppi” in questi anni. Questo libro è dedicato, per molte ragioni, a Nando e Guido, e a tutti gli amici di Schema.
p. 9
Si tratta di ringraziamenti personali resi pubblicamente. Non tutto si può dire. Ma questo non dire in pubblico è un dire privato dalla risonanza amplificata. Accade, in particolare nelle dediche, che chi scrive – utilizzando il solo nome proprio – indirizzi un saluto di ringraziamento ad una persona non conoscibile dai lettori, o solo nota ad una cerchia ristretta. Cosa può significare questo annuncio pubblico solo parzialmente afferrabile? Cosa produce questa scrittura che svela e non svela?
I ringraziamenti di Roubini e Mihm meriterebbero un post analitico a parte.
I due coautori nei loro non brevi ringraziamenti, dapprima ringraziano congiuntamente, poi ringraziano individualmente. Anche i ringraziamenti conservano la relazione asimmetrica tra i due autori: Roubini precede Mihm sovvertendo l’ordine alfabetico, anche se la lunghezza dei due sottotesi è pressoché identica. Nel ringraziamento congiunto ringraziano l’editor, lo staff della casa editrice, le persone che sono intervenute in sede redazionali e la persona che ha proposto e promosso il progetto del libro.
Roubini ringrazi il suo staff, diversi colleghi/e di istituzioni accademiche e di ricerca, gli interlocutori con i quali ha intrattenuto conversazioni, dai quali ha tratto spunti e idee, blogger, giornalisti, studiosi, funzionari. Ringrazia poi il suo mentore George Soros e – in perfetto stile USA il suo agente. Un dato e una considerazione: il dato è che Roubini ringrazia in totale 117 persone (la più parte famose); la considerazione è che Roubini sembra ad un tempo accreditarsi, mettere in mostra la sua rete di rapporti, promuovere il suo lavoro di ricerca esplicitando la rete di rapporti e il lavoro minuzioso di ricerca e di contatti che hanno consentito la produzione del testo.
So di essere sbrigativo: Roubini meriterebbe maggiore attenzione, almeno quanta egli dà a se stesso.
Quanto al gregario Mihm, il primo ringraziamento garbatamente implicito va proprio a Roubini. Seguono poi il ringraziamento a 9 giornalisti, a 27 universitari, 10 economisti, 11 famigliari, a cui si aggiungono con perfetto sound americano il ringraziamento la moglie e i tre figli.
Non da ultimo, desidero ringraziare la mia famiglia. Mia moglie, Akela Reason, è stata fonte di incrollabile sostegno durante tutta la stesura del libro: la sua pazienza, i suoi consigli e il suo amore mi hanno aiutato ad andare avanti nell’anno appena trascorso. Un grazie speciale ai miei tre figli, Silas, Asher, e Linus. Mi hanno regalato momenti di comico solleivo e mi hanno ricordato costantemente che per quanto il crollo del sistema finanziario globale possa esigere la mia attenzione, non potrà mai competere con le crisi più banali – ma più facilmente rimediabili – causate da pannolini sporchi, biberon vuoti, e brutti sogni.
p. 396
Roubini R., Mihm S., La crisi non è finita, Feltrinelli, 2010 (2010)
In questi ringraziamenti si coglie la coralità e la complessità della produzione di questo libro, che nel suo genere sembra essere un instant book di alto livello, un prodotto editoriale ancor prima che un prodotto intellettuale, insomma… “grazie agli eroi che (ci) fecero (fare) l’impresa” sembrano dire i due autori, anche a ra/assicurare rispetto alla qualità della ricerca. Aggiungo un’impressione e una considerazione. L’impressione è che i ringraziamenti abbiamo un qualche scopo che mi sfugge; li leggo e li rileggo e c’è qualcosa nel testo che non colgo; un plus, un eccesso, una intenzionalità celata. La considerazione: mi ha colpito scoprire che Roubini non è (solo) un autore è una società: la Roubini Global Economics; chi l’avrebbe mai detto?
Alain Touraine:
I ringraziamenti sono collocati proprio al termine del testo, dopo la bibliografia (e forse sono la vera conclusione del libro). A me pare siano una postilla di commiato, quasi un micro testamento intellettuale.
E cosa più di un testamento organizza, o almeno prova a vincolare, il futuro?
Forse i ringraziamenti sono anche ‘confessioni pubbliche’ che dicono (e non dicono) tutta la verità. Dicono – lasciano sfuggire – molto degli autori, a volte temperano i toni altisonanti dei titoli, a volte illuminano sui tratti degli autori, a volte enfatizzano l’eccentricità, a volte dichiarano la fatica, lo stato di novizi/e della scrittura. In ogni caso i ringraziamenti riconoscono che il libro (la produzione scrittoria) non è un fatto individuale, ma una tessitura sociale complessa, fatta di scambi, di prestiti, di riusi. I ringraziamenti sono restituzioni e richieste di accoglienza, rituali di richiesta di venire accolti. I ringraziamenti bilanciano forse un’azione trasformativa (la produzione di un libro) con una azione confermativa (lo status delle cose non verrà sovvertito). Si tratta di rituali di riequilibrio?
I ringraziamenti sono un messa in scena sociale, una fotografia di gruppo, i ringraziamenti sono ‘ingraziamenti’?
Come scrivere ringraziamenti? Diverse le vie percorribili:
Goody J., Capitalismo e modernità. Il grande dibattito, Cortina 2005 (2004).
Kunda G., L’ingegneria della cultura,. Controllo, appartenenza e impegno in un’impresa ad alta tecnologia, Edizioni di Comunità, 2000 (1992).
Mainieri M., Collaboriamo! Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere bene in tempo di crisi, Hoepli, 2013.
Roubini R., Mihm S., La crisi non è finita, Feltrinelli, 2010 (2010).
Neri C., Gruppo, Borla, 2004.
Quaglino, G.P., Casagrande, S. e Castellano, A., Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Milano, Cortina., 1992.
Spradley J. P., Mann B. J., The Cocktail Waitress. Woman’s Work in a Man’s World, Waveland, 1975.
Touraine A., Dopo la crisi. Una nuova società possibile, Armando, 2012 (2010).
Questo post è dedicato a tutte le persone che hanno fatto(!) il corso di Psicosociologia dei gruppi e delle organizzazioni 2013 (#psunimib13).
Grazie ;-)
Caro Graziano, mi è piaciuto leggere il tuo post. Mi ha fatto venire in mente i credits che a volte i programmatori di software amano inserire, nascosti, nei meandri delle istruzioni macchina. Anni fa me ne era capitato sotto gli occhi uno, digitando per caso una combinazione di tasti, mentre stavo cimentandomi al pc con un videogioco. Appariva brutalmente, dallo schermo nero, e produceva un testo scorrevole verso l’alto, mimando i titoli di testa di Guerre Stellari. Ora che si è aperto il mercato degli e-book, possiamo attenderci nuove e gradite sorprese?
Ciao Claudio,
geniale questa cosa dei ringraziamenti intrufolanti.
Magari in un una nota nel mezzo del libro, o a metà di un articolo (una specie di pausa).
Ci penso!
Certo poi con gli ebook, se ne possono fare di tutti i colori (ad azioni… reazioni imprevedibili).
Quanto ai crédits, secondo me sono una forma particolare di ringraziamento: meritano un post…
Ci lavoro!
A presto,
Graziano :-)