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FAQs: domande e risposte sul 231/2001 per le cooperative sociali

Diverse le richieste di chiarimenti sul decreto legislativo 231/2001.  Ecco una rapida scheda introduttiva con alcune domande e qualche risposta.

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Perché rispettare il decreto legislativo 231/2001?

Mi vengono in mente diverse ragioni per adottare il Modello Organizzativo di prevenzione e gestione dei reati richiesto dal decreto legislativo 231/2001:

  • verificare il rispetto di norme importanti,
  • strutturare (o mettere a punto) processi di governo e di amministrazione interni,
  • stabilire in modo concreto e trasparente quali responsabilità assume l’organizzazione, chi la amministra, chi la gestisce e chi vi lavora,
  • tutelare la propria organizzazione nel caso venissero tentati o commessi i reati che il decreto richiama,
  • promuovere regole interne volontarie che orientino l’agire organizzativo e i comportamenti di chi fa parte dell’organizzazione.

In sintesi: rispettare le prescrizioni del decreto legislativo 231/2001 per le cooperative sociali significa agire ed essere riconosciute come organizzazioni corrette, affidabili e responsabili.

Decreto legislativo 231/2001: cioè?

Il decreto legislativo 231/2001 ha introdotto la responsabilità amministrativa in sede penale per imprese, cooperative e associazioni, enti commerciali. Ciò significa che se un dirigente, un responsabile o un dipendente commettesse un reato nell’interesse o a vantaggio dell’organizzazione, quest’ultima può andare incontro a pesanti sanzioni.

Il decreto legislativo 231/2001 prevede che l’organizzazione possa minimizzare tale rischio, introducendo un Modello organizzativo interno di prevenzione e gestione incentrato su:

  • un Codice di comportamento per chiarire le sfere di responsabilità e fornire indicazioni di comportamento;
  • un Modello Organizzativo – cioè un sistema di presidi generali e specifici – che definisca disposizioni e procedure di prevenzione dei reati, e indichi inoltre le corrette prassi da seguire nei processi di governo, di amministrazione, di gestione e operativi che vengono svolti in ambito organizzativo;
  • un Sistema disciplinare per sanzionare il mancato rispetto delle disposizioni stabilite dal Modello Organizzativo e dal Codice di comportamento;
  • un Organismo di vigilanza dedicato, autonomo e indipendente, che svolga un’azione di controllo e aggiornamento costante delle disposizioni e dei presidi interni.

Ottemperare alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 231/2001 significa introdurre comportamenti concreti nel perseguire la legalità, ricercare la correttezza, promuovere la serietà nei comportamenti organizzativi.

L’adozione del decreto legislativo 231/2001 è obbligatoria?

No, ma non rispettando le indicazioni del decreto legislativo 231/2001 – nel caso venisse commesso un reato e l’impresa venisse chiamata a risponderne – non disporrebbe di una ‘protezione giuridica’. Se l’introduzione del Modello Organizzativo previsto dal decreto legislativo 231/2001 non è obbligatoria (le imprese che non adottano il modello non infrangono la legge), dal punto di vista della tutela dell’impresa è saggio adottare le disposizioni del 231/2001 in quanto ciò costituisce non solo una azione preventiva ma anche di tutela: chiamata in giudizio l’impresa potrebbe dimostrare di avere agito per prevenire i reati e quindi sollevata dal provare la propria estraneità (efficacia esimente).
Il  decreto legislativo 231/2001 prevede infatti per l’organizzazione l’esonero dalla responsabilità amministrativa se è in grado di dimostrare l’adozione di Modelli Organizzativi di gestione e controllo operativi ed efficaci.

Cos’è il Modello Organizzativo (il sistema di responsabilità)?

Il Modello Organizzativo è il sistema, il complesso di azioni, di prescrizioni e di controlli che l’organizzazione definisce e adotta per assicurare comportamenti responsabili e rispettosi delle norme attinenti alla responsabilità d’impresa indicate dal decreto legislativo 231/2001 e dalle norme successive che lo integrano. Il Modello ha una funzione di indirizzo, di prevenzione, di gestione, di verifica e di miglioramento.

A quali norme deve riferirsi il Modello Organizzativo?

Il Modello organizzativo deve  riferirsi alle norme indicate dal 231/2001 e alle successive leggi che richiamano il decreto 231/2001. Può però anche riferirsi a più ampi comportamenti che riguardino la responsabilità dell’impresa (nulla vieta che il Modello sia estensivo e prevenga comportamenti indesiderati in contrasto con gli indirizzi organizzativi).

Ci sono linee guida per impostare il Modello Organizzativo 231?

Il Modello Organizzativo (sistema di responsabilità) dipende dalle caratteristiche dell’impresa, dalle attività che svolge, dai suoi processi produttivi, dai contesti in cui opera, dagli interlocutori con cui interagisce.
La norma stabilisce una sorta di architettura generale. Gli elementi principali sono: individuazione delle aree di rischio, principi e procedure di controllo, adozione di un documento che disciplini i comportamenti, istituzione di un organismo di vigilanza, adozione di un sistema disciplinare e sanzionatorio. Poi le diverse organizzazioni di rappresentanza definiscono linee guida attuative. Segnaliamo qui le linee guida 231 di Confindustria (2008), le linee guida 231 di Legacoop (2013), le linee guida 231 di Confcooperative (2010), le linee guida 231 dell’Ordine dei Dottori Commercialisti (2012), a cui aggiungiamo le recentissime procedure semplificate per l’adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese introdotte dal Decreto Ministeriale del 13 febbraio 2014 (MOG 231 PMI Decreto (2014), MOG 231 PMI Procedure PMI (2014)MOG 231 PMI Modulistica (2014).

Come si articola il Modello Organizzativo?

Il Modello Organizzativo, di gestione e controllo deve presentare l’impresa, introdurre il decreto legislativo 231/2001, descrivere articolazione e logica del modello stesso, individuare principi di controllo e il sistema di procedure, descrivere la governance di impresa, adottare un codice di comportamento, definire il ruolo l’organismo di vigilanza e le relazioni con l’impresa, esplicitare il sistema disciplinare, indicare la formazione e l’aggiornamento per il personale.

Che carico di lavoro comporta adottare un modello 231/2001?

L’introduzione del Modello Organizzativo 231/2001 comporta un certo impegno nella fase di implementazione e richiede verifiche e aggiornamenti periodici. Non si tratta di un lavoro eccessivo se il Modello Organizzativo viene calibrato sulle caratteristiche dell’organizzazione. Il Modello 231/2001 deve essere collegato poi al sistema per la prevenzione e la tutela della sicurezza al lavoro, come previsto dall’articolo 30 del decreto legislativo 81/2008 e può essere connesso con gli adempimenti previsti dalla certificazione ISO9001.
L’impegno richiesto per costruire il Modello Organizzativo 231/2001 dipende dalla complessità dell’organizzazione. Per questo – che si decida di procedere per gradi o di affrontare complessivamente l’insieme degli adempimenti – conviene individuare un referente interno.

Il Modello 231/2001 è adattabile al funzionamento dell’organizzazione?

Il Modello Organizzativo previsto dal 231/2001 può essere considerato uno scudo per prevenire la commissione di reati e rendersi meno vulnerabili in caso di controversie giudiziarie. Ma è soprattutto un’opportunità per riprendere il filo della responsabilità sociale, mappare le aree critiche che – nell’operatività – dirigenze e figure di coordinamento sono chiamate ad affrontare, definire o aggiornare i processi amministrativi e gestionali, stabilire un codice di comportamento per chi lavora o collabora. E anche un’opportunità per stabilire indicazioni in aree che si percepiscono scoperte. Dotarsi del Modello Organizzativo 231/2001 non significa indossare un’armatura di ostacolo anche i movimenti più semplici, bensì costruire un sistema di prevenzione su misura per l’organizzazione, che ne sostenga il funzionamento e contribuisca a ridurre rischi e dispersività. Introdurre il Modello Organizzativo significa proprio progettare un sistema di prevenzione e gestione su misura per l’organizzazione che ne potenzi il funzionamento.

Il Codice etico è previsto dal decreto legislativo 231/2001?

Il decreto legislativo 231/2001 non parla di ‘Codice etico’. Codice etico è il termine che identifica il documento che l’informa diffusamente gli interlocutori su impegni e disposizioni, comportamenti ammessi e vietati che l’organizzazione stabilisce per ottemperare alle disposizioni del decreto legislativo 231/2001. In effetti si dovrebbe parlare di Codice di comportamento.

C’è differenza tra Codice etico e Codice di comportamento?

Il Modello Organizzativo prevede un documento informativo che espliciti i comportamenti da tenere e i comportamenti non ammessi. Questo documento viene per lo più chiamato Codice etico. Tuttavia l’uso del termine ‘Codice etico’ rimanda anche a un documento che fissa i valori generali di una organizzazione. Per questo proponiamo di utilizzare l’espressione Codice di comportamento che esprime con maggiore chiarezza la finalità del documento: informare, fornire indicazioni concrete, orientare i comportamenti affinché rispettino le coordinate di responsabilità amministrativa introdotte dall’organizzazione.

Quando rivedere Modello Organizzativo e Codice di comportamento?

Periodicamente è opportuno verificare il Modello Organizzativo per adeguarlo, introducendo le necessarie revisioni. Le ragioni che richiedono un aggiornamento dipendono dall’inserimento di nuovi reati che il Legislatore integra nel perimetro di attenzione stabilito dal decreto legislativo 231/2001 e dalle trasformazioni di una qualche rilevanza che investono la vita dell’impresa. Modificare il sistema di responsabilità comporta che venga aggiornato il Codice di comportamento e venga diffusa la nuova edizione.

Il 231/01 obbliga ad introdurre un Organismo di Vigilanza autonomo e indipendente. Da chi dovrebbe essere composto?

L’Organismo di Vigilanza può essere costituito con formule diverse. Si può avere un organismo formato da una persona (meglio se esterna) o formato da più persone (qualcuno interno e qualcuno esterno).
 Ciò che conta è la continuità di sorveglianza che l’OdV deve assicurare: nelle piccole organizzazioni possono essere sufficienti due-tre visite l’anno da parte di una figura esterna con cui fare il punto della situazione (verifiche). Il lavoro dell’OdV è un modo per tenere viva l’attenzione a tutto campo e anche l’occasione per un confronto esterno che il CdA può decidere di far fruttare. Il costo dovrebbe essere tutto sommato sostenibile.

Il 231/2001 è carta da produrre o ne vale davvero la pena?

Si può adottare il Modello Organizzativo 231/2001 seguendo logiche formali, adempitive, difensive. Logiche che non sono necessariamente sbagliate, ma che finiscono per rispondere in modo parziale alle esigenze organizzative e cogliere solo in parte l’intenzione profonda del Legislatore. Ma si può anche lavorare per introdurre il 231 con l’obiettivo di:

  • precisare, rendere trasparenti e controllabili i processi amministrativi, prevenendo così possibili reati (responsabilità amministrativa);
  • favorire la governance interna, il confronto e la collaborazione i diversi ruoli, evitando sconnessioni fra l’azione dei vertici, l’attribuzione di compiti e la delega di poteri (responsabilità organizzativa);
  • connettere l’attenzione a diritti e valori promossi dalle cooperative e dalle imprese sociali con le concrete prassi operative e le pratiche di intervento (responsabilità sociale).

Quanto costa adottare il 231/2001?

Dipende da diversi fattori.
 Dal costo dell’eventuale consulenza di accompagnamento: sul mercato ci sono società di consulenza, competenze, impostazioni e sensibilità diverse, e ogni organizzazione sceglie ciò che più gli corrisponde. Ma per quanto ci si avvalga di un supporto esterno, l’introduzione del Modello Organizzativo 231/2001 non può essere completamente esternalizzata. Vanno quindi considerati i costi interni legati all’impegno delle persone che fanno parte dell’organizzazione e che si assumono l’impegno di mettere a punto il sistema di documenti e procedure richiesto dal decreto 231/2001. Le giornate saranno poche o molte, in relazione al Modello Organizzativo che si decide di adottare, alla sua estensione e al grado di connessione con altri sistemi di controllo e gestione interni. Se l’organizzazione utilizza con sagacia l’occasione, sono soldi ben spesi. Sono invece soldi sprecati se si cede al formalismo senza esserne consapevoli, se si pretende che un sistema gracile risponda a problemi complessi, se si introduce un sistema sproporzionato. In sintesi: al supporto esterno variabile in ragione dell’articolazione dell’impresa va aggiunto una quota di lavoro interno essenziale affinché il sistema risulti efficace e in armonia con il funzionamento organizzativo.

5 comments on “FAQs: domande e risposte sul 231/2001 per le cooperative sociali

  1. Pingback: Alleluia! Riforma del Terzo Settore | Lavoro Bene Comune

  2. Pingback: Codice dei comportamenti 231 (per cooperative e consorzi sociali) | Mainograz

  3. Anonymous
    26 September 2014

    ottimo chiarimento

  4. marco tirabosco
    16 March 2014

    Limpido e cristallino !!!

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