Il Distretto famiglia è un circuito economico, culturale, educativo, a base locale, all’interno del quale attori diversi – per natura, funzioni, ambiti di attività e finalità – operano insieme con l’obiettivo di promuovere e valorizzare la famiglia con figli (Malfer, 2017).
I Distretti famiglia sono stati istituiti dalla legge 1/2011 della Provincia autonoma di Trento “Sistema integrato delle politiche strutturali per la promozione del benessere familiare e della natalità” (legge provinciale sul benessere familiare). Il Trentino si vuole qualificare come territorio attento ai bisogni della famiglia e delle nuove generazioni, e la legge classifica tutto il territorio trentino come Distretto per la famiglia.
I Distretti famiglia si configurano come associazioni volontarie di organizzazioni pubbliche e private, dislocate sul territorio e con lo scopo di sostenere il benessere della famiglia.
I Distretti, in quanto rete territoriale per la famiglia, sono riconducibili al Progetto Famiglia promosso in Trentino (Nicoletto e Sartori, 2016). Vi aderiscono quasi il 70% dei comuni del Trentino, e vengono individuati come comuni “Family in Trentino”. Essi sono riconoscibili in veste di organizzazioni certificate in quanto utilizzano, nelle loro comunicazioni, il Marchio Family, che viene gestito dall’Agenzia per la Famiglia, che si occupa della valutazione e della verifica periodica del rispetto dei requisiti.
In questi anni il lavoro di tessitura della rete dei Distretti Famiglia si è ampliato intensificando la propria complessità, aumentando di conseguenza il proprio impatto sulle realtà che ruotano intorno ad essi.
Si possono individuare due tipi di Distretti (Nicoletto e Sartori, 2016):
I Distretti famiglia rispondono ad una nuova architettura tesa a promuovere un insieme di servizi per “favorire l’assolvimento delle responsabilità nei confronti della famiglia, a sostenere la genitorialità e la nascita, a rafforzare i legami familiari e i legami tra le famiglie, a creare reti di solidarietà locali, a individuare precocemente le situazioni di disagio dei nuclei familiari, a coinvolgere attivamente le organizzazioni pubbliche e private secondo logiche distrettuali” (Malfer, 2017).
La logica di base è strategica, dal momento che l’innesco proviene dal rafforzamento delle politiche familiari per costruire una società locale che abbia in sé le condizioni per generare capitale, inclusione, benessere sociale. L’obiettivo finale è pertanto quello di rafforzare il tessuto sociale, costruendo e rigenerando legami, promuovendo cooperazione e coesione, instaurando rapporti di fiducia, affidabilità e partecipazione, elementi capaci di produrre a loro volta forme di convivenza più accoglienti.
Ogni distretto è quindi impegnato a promuovere e a realizzare azioni concrete a sostegno del benessere familiare (Fraccaro, 2015).
L’obiettivo di fondo della legge è la promozione della famiglia riconoscendola come soggetto attivo e propositivo, superando una logica assistenziale e favorendo invece un nuovo approccio nelle politiche pubbliche strutturali. I settori di intervento sono molteplici (casa, lavoro, trasporti, servizi, tempo libero, orari, assistenza, cultura, ecc.) e richiedono di essere coordinati e integrati fra loro.
I soggetti promotori o aderenti possono avere differenti forme giuridiche: possono essere imprese, associazioni di volontariato, esercizi commerciali, enti pubblici, cooperative, e altri che possano avere un interesse a partecipare direttamente. Si tratta quindi di un intervento che ha una vocazione e una composizione mista: vengono coinvolti e stimolati attori diversi, individuali e collettivi, civici, comunitari e istituzionali. Bisogni, potenzialità e benefici vengono intrecciati e resi complementari tra le diverse dimensioni che compongono il tessuto sociale locale.
In particolare (Dellai, 2017) la Provincia e gli enti locali promuovono azioni volte a sviluppare linee di intervento articolate.
Una prima linea di azione mira a sostenere economicamente le famiglie sul piano economico:
Valorizzare associazionismo e partecipazione attiva dei cittadini secondo logiche di solidarietà:
Si tratta di agire sulle distanze percepito o agite, sugli stereotipi, sugli ostacoli a relazioni intergenerazionali costruttive:
Le legge ha tra i suoi obiettivo quello di promuovere, sperimentare e diffondere forme di conciliazione tra i tempi familiari e i tempi di lavoro. In particolare:
Le azioni di co-promozione della famiglia, i cambiamenti sociali, le difficoltà incontrate e i risultati raggiunti devono essere indagati, compresi, diventare esperienze dalle quali trarre apprendimenti socializzabili. Per questo le politiche per la famiglia attraverso i Distretti famiglia sono accompagnate da ricerche e da attività di formazione:
Il Family Audit è uno strumento manageriale adottato volontariamente da organizzazioni pubbliche o private, imprese profit o non-profit, di piccole, medie e grandi dimensioni interessate a certificare il proprio impegno nel bilanciare gli interessi dell’impresa con il miglioramento delle condizioni lavorative e familiari dei propri collaboratori e delle proprie collaboratrici (politiche di conciliazione vita-lavoro). Intraprendere il percorso per ottenere il marchio Family Audit porta a mettere in atto misure concrete, appropriate e sostenibili, spesso non particolarmente costose ma portatrici di ritorno economico nel medio e lungo termine (Macchioni, 2017).
L’origine dell’Audit Family & Work si inserisce nel contesto delle democrazie più avanzate dei Paesi occidentali. Francoforte è infatti titolare del marchio berufundfamilie, riconosciuto a livello europeo, avendo sviluppato verso la metà degli anni novanta per la Germania, sull’esempio dell’index americano family-friendly, questo modello di certificazione. In Italia, la Provincia Autonoma di Bolzano, di Trento e la Regione Veneto hanno già introdotto sul proprio territorio questa certificazione, incentivando i datori di lavoro a iniziare questo percorso. Le agevolazioni messe in campo riguardano contributi per coprire i costi dell’audit stesso, e la concessione di maggiori punteggi alle aziende certificate nei bandi dei vari settori dell’economia.
Il processo dell’audit si avvale dell’accompagnamento di una persona esperta, formata e iscritta in un apposito registro presso l’ente territoriale: l’auditore. Viene nominato dalla direzione aziendale un gruppo guida rappresentativo delle diverse costituenti aziendali, con il compito di individuare in maniera critica obiettivi di miglioramento.
Tra gli strumenti, anche un questionario europeo che indaga 8 aree, cuore della vita in azienda: orario di lavoro, organizzazione del lavoro, luogo di lavoro, informazione e comunicazione, management, sviluppo del personale, retribuzioni e prestazioni economiche aggiuntive, servizi per la famiglia. Ne deriva un pacchetto di proposte interconnesse tra loro, che viene poi trasmesso per la valutazione del progetto – e l’assegnazione della certificazione – all’ente territoriale, che si occupa di verificare annualmente lo stato dell’arte (Ghedina, 2013).
Per le molteplici funzioni da essa svolte la famiglia si configura come un soggetto a valenza pubblica, capace di produrre risorse vitali economiche, psicologiche, relazionali e sociali.
Il bene raggiunto è dunque pubblico, e l’ottica è win-win-win:
La forma del Distretto è capace di valorizzare questo duplice aspetto di bene e risorsa, veicolando sia la fiducia verso le istituzioni, sia la fiducia verso l’altro, trasformando, in ultimo, la partecipazione dei e tra i cittadini in capitale sociale comunitario (Fraccaro 2015).
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